Wild Town

di Roberto Ceci

(© tutti i diritti riservati)

 

 

(immagine da http://it.davidlynch.wikia.com/wiki/Twin_Peaks_(citt%C3%A0) )Wild Town è una piccola città che si trova nel centro degli Stati Uniti, conta solo cinquecento abitanti più altri duecentocinquanta dei due paesi confinanti Hellbuck e Porrown. A Wild Town si vive come in un paese, ci si conosce tutti per nome e nessuno sembra avere un solo segreto. A Wild Town vive un uomo,Winston Smeeth, il becchino del paese che, oltre ad avere l’unico ufficio di onoranze funebri è anche proprietario dell’unico ufficio investigativo di zona, un ufficio però che è quasi sempre chiuso. Fino ad ora…

 

Capitolo 1 – Benvenuti a Wild Town

 

Winston venne svegliato dal canto di un gallo quella mattina, la luce del giorno iniziava a filtrare attraverso la tenda che la sera prima, evidentemente, non aveva chiuso bene. Si alzò controvoglia e capì subito che doveva fare presto, quella mattina doveva lavorare. Si fece velocemente una doccia e indossò il solito vestito nero. Quindici anni fa aveva comprato, con l’aiuto del padre, un intero edificio ed ora, per andare a lavorare, doveva solamente scendere le scale della propria abitazione. Quando fu dentro il negozio andò ad aprire la porta che dava all’esterno. L’aria fresca del mattino lo investì completamente dandogli carica e svegliandolo definitivamente. Accese le luci e prese le chiavi della stanza nel sottosuolo. La polizia locale non era molto attrezzata così per tenere gli eventuali cadaveri usavano la sua stanza che in poco tempo era diventata anche l’obitorio di zona. Di solito quella stanza rimaneva vuota, non c’era molto lavoro, salvo di tanto in tanto qualche morte naturale. Quella mattina però Winston aveva un funerale e il corpo, quello di Jackson Crew, lo stava aspettando proprio li sotto. Crew era un banchiere di quarantacinque anni che era stato colto da un infarto fulminante. L’intera città era in lutto. Accese le luci della stanza e andò a scoprire il cadavere che si trovava sotto un lenzuolo. Ammirò per qualche istante la sua opera. Il giorno prima, insieme al suo assistente Christian, aveva vestito e truccato il cadavere per la cerimonia. Avevano fatto un ottimo lavoro. Un rumore dietro di lui lo fece sobbalzare. Si voltò e vide Christian entrare nella stanza, aveva un aspetto orribile, probabilmente aveva bevuto fino a tardi. “Santo cielo, ma cosa diavolo hai bevuto?” Christian aggrottò le sopracciglia e alzò le spalle. “Nulla, solo birra.” “Ma sai che oggi dobbiamo lavorare?”

“Certo…”. Christian Nicolea, un ragazzo sulla trentina, veniva dalla Romania e non aveva idea di come era finito in quella città. Winston lo aveva trovato un giorno di fronte al suo negozio, sdraiato sul marciapiede con una bottiglia di birra vuota in mano. Non ricordava assolutamente il suo passato anche se, di tanto in tanto, cercava di scoprire qualcosa. Il suo arrivo, rimaneva un mistero. Con il tempo era diventato il suo assistente e aveva aperto un officina meccanica proprio di fianco a lui. Riparare le auto sembrava essere la sua più grande aspirazione.

“Hai preso la Mercedes?”

“Certamente e l’ho anche lucidata.”

“Bene, forza, dammi una mano a mettere il corpo nella bara…”

“Quale?”

“Quella di mogano, al tre solleviamo il corpo okay? Uno, due, tre…” Il signor Crew aveva una statura fuori dal normale, superava i due metri di altezza e quando lo misero nella bara si accorsero che i piedi ne restavano fuori.

“Oh cazzo”

“E adesso?”

“Okay, okay fammi pensare…non so…” Winston si sentì gelare, avevano poco tempo prima dell’inizio della cerimonia e dovevano portare il cadavere al suo funerale. Era Un tipo ansioso e prese a sudare.

“Un’altra bara?” Chiese Christian placido.

“No…cazzo sono tutte della stessa lunghezza, una più lunga dovrei ordinarla…”

“Ordiniamola.”

“Christian, fra meno di un ora dobbiamo essere in chiesa.” Restarono lì a guardarsi per alcuni minuti, Winston stava sudando sempre di più. Dopo qualche altro minuto di silenzio iniziò ad armeggiare cercando di piegare le gambe del cadavere, era troppo alto e rigido per riuscire nel suo intento. Improvvisamente Christian risalì le scale lasciando da solo Winston. Ridiscese pochi minuti più tardi con una birra in mano e nell’altra una sega.

“E quella?”

“La soluzione ai nostri problemi.”

“Okay smettila, forza metti via quell’arnese.” Christian aveva qualche problema di autocontrollo e più di una volta Winston si era ritrovato a doverlo calmare, ma ora stava esagerando. Beveva birra come se fosse acqua e aveva uno sguardo teso e serio che gli fece capire che non aveva intenzione di ascoltarlo. Winston diede un’occhiata all’orologio, mancava solo mezz’ora all’inizio della messa funebre.

“Spostati.” Christian posò la birra sul tavolo dietro di loro e si fece avanti con la sega.

“Tieni fermo il piede io penso a segarlo.”

“No…no aspetta.” Il cuore gli stava esplodendo.

“Cosa?”Chiese Christian scocciato.

“Se gli seghiamo i piedi sporcheremo il vestito e non posso andare dalla moglie chiedendogli un altro vestito, -Scusi signora ma abbiamo sporcato l’altro vestito staccando i piedi a suo marito.”

“Okay, spogliamolo e rimettiamolo sul tavolo.” Gli tolsero rapidamente i vestiti e quando rimase solamente con la biancheria intima, Christian riprese in mano la sega.

“Forza, ora tieni i piedi.” Anche Winston si tolse giacca e la camicia, prese i piedi con le mani tremanti e voltò la faccia. Si maledisse per aver dato retta a quello psicopatico di un rumeno. Quando sentì la sega entrare nella carne sentì una specie di vuoto allo stomaco. Impiegarono circa venticinque minuti per staccare entrambi i piedi.

“Merda…” Disse Christian.

“Cosa?” Quando Winston si voltò la testa prese a girargli, Crew non aveva più i piedi. Un po’ di sangue era uscito dal cadavere che ormai non ne aveva quasi più. Ripulirono tavolo e quel che restava del signor Crew.

“Okay rivestiamolo e allacciamogli le scarpe alle caviglie, nessuno si accorgerà di nulla.” Christian era sicuro di sé, o forse era solamente la birra che lo faceva apparire così. Finirono il lavoro e portarono l’auto li sotto. Una rampa collegava il garage con la sala-obitorio. Caricarono la bara facendola scivolare dal tavolo fino al carrello dell’auto e partirono velocemente verso la chiesa St. Baptism, ovviamente, l’unica chiesa del paese. Non era una chiesa molto grande e spesso, quando c’era un matrimonio o , come in quel caso, un funerale, la gente era costretta ad aspettare fuori. Quel giorno le persone sembravano anche più nervose. Il cadavere arrivava con venti minuti di ritardo. Appena furono arrivati si fece loro incontro lo sceriffo Smeeth. Un uomo grasso e con un eccessiva sudorazione anche in inverno.

“Ma dove cazzo eravate finiti?”

“Un piccolo contrattempo, forza dateci una mano.” Altri tre uomini arrivarono per prendere la bara, e portarla all’interno della chiesa. La messa iniziò con ritardo ma alla fine tutto sembrava essere andato per il verso giusto. Mentre il parroco, padre Luis, ricordava Crew, Winston cercava in tutti i modi di concentrarsi sulle sue parole e non far caso ai numerosi dipinti che la chiesa mostrava ai propri fedeli. Proprio alla sua sinistra però c’era una raffigurazione del Cristo sulla croce che lo aveva sempre affascinato, si voltò ad osservarla e sentì quasi all’istante la testa leggera e il sudore scendergli dalle tempie, improvvisamente l’intera chiesa sembrò girare e in un attimo si ritrovò a guardare il mosaico che ricopriva la cappella. Poi il buio. L’intera chiesa si fermò per qualche secondo, voltandosi ad osservarlo.

Lo sceriffo e Christian presero rapidamente Winston e lo portarono fuori dalla chiesa. Lo fecero respirare ed egli riprese lentamente colore in volto.

“Cosa è successo?” Chiese quando si fu ripreso.

“Hai guardato di nuovo quel dannato quadro.” Winston soffriva da anni, da quando era stato a Parigi a visitare il Louvre, della sindrome di Stendhal. Le opere d’arte lo affascinavano a tal punto che ogni volta che vi si trovava di fronte sveniva o vomitava.

“Mio Dio, perché non mi sono fatto castrare quarant’anni fa…?” Commentò amaramente lo sceriffo.

“Papà per favore…”

“Forza, tirati su.” Lo sceriffo Smeeth lo aiutò a mettersi in piedi. Christian andò nella Mercedes, aprì il cassettino davanti al posto del passeggero e ne prese una bottiglia di birra. Poi la portò a Winston.

“Tieni.”

“Cosa? Nascondi la birra anche nella macchina?”

“Non si sa mai.”

“Beh, non la voglio. Grazie.” Christian alzò le spalle e aprì la bottiglia con i denti. Era una pratica che svolgeva abitualmente e Winston si chiedeva se un giorno o l’altro uno di quei canini che sembravano fossero d’acciaio, gli sarebbe caduto come ad una persona normale.

“Scusate…” Si voltarono di scatto. Un omino piccolo e preoccupato stava davanti a loro. Gli occhiali poggiati sulla punta del naso e i capelli, pochi e solo a ricoprire la nuca. Era il braccio destro di Crew alla banca. Il vicedirettore.

“Signor Smithelson, posso esserle utile?” Chiese lo sceriffo ansimando, non si era ancora ripreso dalla fatica di aver dovuto tirare su dal suolo il figlio.

“Veramente sì…ma non so se…” Disse osservando gli altri due. Christian aveva ormai finito la sua birra calda e aveva uno sguardo poco vigile.

“Parli pure, sono persone fidate.” –Fidate- Pensò Winston, -certe volte dimentica che sono il figlio.

“Ecco signori…credo che Jackson…il signor Crew sia stato ucciso.” Un momento di silenzio seguì a quelle parole. Wild Town era un posto tranquillo, l’ultimo omicidio risaliva a tanti anni prima, Winston era ancora un bambino. Si guardarono negli occhi e capirono che la pace che avevano avuto fino a quel momento stava per finire…

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