di Fabio Migneco
Da quando è tornato a recitare, dopo una pausa di otto lunghi anni (durante i quali lo si era visto solo in qualche comparsata tra cinema e tv e nella promozione delle sua terza e quarta regia, La Passione di Cristo e Apocalypto) Mel Gibson ha regalato le due belle prove del thriller Fuori Controllo, da una miniserie tv inglese cult a fine anni ’80, e Mr. Beaver, racconto sui generis di un male oscuro come la depressione, diretto dall’amica Jodie Foster. Ben venga. Ma ai fan della vecchia guardia mancava un ritorno col botto, qualcosa di più movimentato che ricordasse i vari Mad Max o Martin Riggs. Be’, finalmente l’attesa è finita. Da un mese circa è uscito in tutto il mondo il nuovo film di Gibson, lanciato negli States direttamente on-ine secondo la pratica del video-on-demand. Solo poche sale selezionate lo hanno ospitato in America, per una strategia di lancio che punta tutto sul dvd, mentre nel resto del mondo arriva nelle sale (in Inghilterra ha persino mantenuto il vecchio titolo di lavorazione, How I Spent My Summer Vacation, poi cambiato in Get the Gringo). Qui in Italia arriva con un titolo che non c’entra poi molto e con Insegno a doppiare Mel invece dell’abituale voce di Claudio Sorrentino, un passaggio questo che all’inizio stona, ma poi man mano scivola quasi indolore. Che l’occasione fosse ghiotta lo si poteva evincere dal fatto che Gibson ha investito in prima persona nel progetto, producendolo con la sua Icon, scrivendolo insieme al regista e a Stacy Perskie, affidando la regia al sodale Adrian Grünberg, suo aiuto in Apocalypto e primo assistente alla regia per Fuori Controllo. Il trailer poi fugava ogni dubbio: i toni sembravano quelli di Payback, l’ironia e la voce narrante anche. Inoltre l’assunto era accattivante: un ladro finisce a El Pueblito, prigione-città nel Messico più corrotto e torrido e oltre a guardarsi le spalle e cercare di recuperare il bottino rubato, dovrà impedire che a un ragazzino fin troppo sveglio con cui ha fatto amicizia venga esportato il fegato, compatibile con il boss locale in fin di vita ma comunque regnante tra le mura della prigione. Se guardando il trailer avete pensato che gli ingredienti c’erano tutti, sappiate che non vi sbagliavate. Viaggio in Paradiso non vi deluderà e anzi vi divertirà come si deve. Perché ha quel sapore da action vecchia scuola, mescola il noir con il grottesco, mette in scena qualcosa che al cinema non si era visto finora, è davvero ben girato e fotografato e avvincente nella sua semplicità e intrattiene come piace a noi, fregandosene delle futili regole del politicamente corretto a tutti i costi. Soprattutto, ha come protagonista un attore che nella vita avrà anche i suoi bei problemi, ma che sullo schermo dimostra di non aver perso neanche un grammo di quel carisma che lo ha sempre contraddistinto e reso una star. Mel Gibson è magnifico nel ruolo del ladro senza nome che manipola tutti a suo piacimento salvando la situazione, fumando come una ciminiera (in barba a quelle cazzate ipocrite hollywoodiane sul buon esempio e sui personaggi dei film tutti non fumatori) e mantenendo un sangue freddo, un’ironia e una coolness che non hanno eguali nel cinema contemporaneo. Mancava il vecchio Mel in un ruolo del genere. Da tanto, troppo tempo. Ed è grandioso ritrovarlo in forma eccellente e senza mascherare gli anni che passano. Una battuta del suo personaggio suona così: “se volevo sopravvivere dovevo fare quello in cui ero bravo”. Fate un parallelo con la sua carriera e con lo star system che in parte lo ostracizza e auguratevi che anche come attore Gibson continui a fare quello che sa fare. Perché ruoli del genere credetemi gli riescono dannatamente bene.
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