di Claudio Consoli
Johnny Depp ha una fascinazione per i Nativi Americani e questo è risaputo. Non è altrettanto noto il suo primo film da regista nel quale, appunto, interpreta Raphael: un odierno Nativo che vive un’esistenza di espedienti all’interno di un insediamento ai margini di una discarica simile, per chi ricorda “Into the wild”, a Slab City e a tutte le altre “enclavi” di reietti, disperati, freaks, ex veterani e seguaci di stili di vita alternativi sparse nei luoghi più isolati e spesso inospitali dell’enorme territorio statunitense. Si tratta di aree tollerate e felicemente ignorate dalle autorità e dai cittadini comuni proprio perché remoti “non-luoghi”.
Depp oltre a dirigere la pellicola e interpretarne il protagonista si è occupato, insieme al fratello, anche della sceneggiatura, ispirata da un romanzo di Gregory Mcdonald avvalendosi per la colonna sonora dell’opera di Iggy Pop, che appare anche in un cameo. Per la recitazione invece si contorna di un cast di solidi caratteristi come Luis Guzman che ovviamente, visto il volto che madre natura gli ha donato, interpreta il villain di turno. Elpidia Carrillo nel ruolo della moglie e ancora il mirabilmente sgradevole e surreale Marshall Bell che nel film interpreta Larry, ossia il tramite fra Raphael ed il signor McCarty: oscuro latore di un’opportunità di riscatto che il nostro accetterà nonostante il terribile prezzo da pagare.
L’impavidità che il titolo attribuisce al protagonista è da estendersi però, a nostro parere, anche all’autore che si è cimentato in una storia rischiosa e difficile incentrata su di un tema quasi tabù per il mondo cinematografico come è quello dei cosiddetti “snuff movies”. È proprio questa infatti la proposta che McCarty, interpretato da un gigante come Marlon Brando, farà a Raphael: partecipare ad una pellicola nella quale verrà torturato ed infine ucciso davanti alle telecamere in cambio di una somma di denaro che potrà donare un possibile futuro migliore alla sua famiglia, in cambio del suo.
“The Brave” racconta l’ultima settimana di vita del protagonista al quale la cifra verrà consegnata in anticipo insieme al “regalo” di 7 giorni da passare con i suoi cari durante i quali, complice la nefasta ed incombente fine, Raphael avrà l’occasione di porre rimedio alle sue mancanze di marito e di padre. Cercherà quindi di ricostruire un rapporto con il figlio Frankie mai realmente iniziato a causa della vita di disperazione ed abuso di alcool condotta fino a quel momento nonché sistemare qualche conto in sospeso.
Il film, presentato alla cinquantesima edizione del Festival di Cannes nel 1997, ha ricevuto critiche contrastanti durante la rassegna e più in generale anche nel resto d’Europa. In patria invece, nel migliore dei casi, è stato snobbato se non addirittura stroncato, al punto da spingere il suscettibile autore a non distribuirlo affatto mentre il DVD è stato venduto solo al di fuori degli Stati Uniti.
La pellicola infatti è stata accusata di lentezza e tediosità. Al suo autore invece è stato imputato un eccesso di narcisismo che avrebbe spinto Depp ad insistere troppo, in alcune scene, sul suo volto o sul suo corpo seminudo. Altrove si è lamentata una mancanza di verosimiglianza o ancora un’eccessiva prevedibilità nella caratterizzazione dei personaggi.
A nostro avviso invece il film rappresenta un’allegoria di un tema eterno sempre affascinante ma non semplice da trattare come la morte. Una sua analisi in termini “didascalici” sembra assolutamente fuori luogo.
Spesso altre pellicole sulla medesima materia indulgono in un pietismo di maniera o insistono nel voler toccare a tutti i costi le corde della commozione o ancora, per altro verso, si concentrano esclusivamente sugli aspetti tragici o magari cruenti della morte nonché su un’ambigua attrazione verso la stessa. “The Brave” invece pone l’accento su come la prospettiva di una decesso sicuro ed imminente possa permettere anche ad uomo sciatto e irresponsabile come Rapahel di cambiare drasticamente prospettiva riguardo la sua esistenza.
E’ proprio nella sua nichilistica determinazione all’autodistruzione che egli dimostra quel narcisismo di cui è stato accusato Depp in ambito registico ma si tratta di un narcisismo ben diverso dal mito greco, ossia quello riferibile all’indulgenza e l’indifferenza tipica di chi non vede il dolore e le difficoltà altrui ma solo la propria sofferenza.
Durante la sua ultima settimana di vita Raphael scoprirà come in fondo la vita fosse migliore di come l’avesse sempre percepita: maturerà dubbi, cercherà una via di fuga dalla terribile fine a cui si è condannato ma realizzerà che non può cambiare in dirittura d’arrivo il finale che lui stesso, con le proprie azioni e le scelte fino a quel momento prese, ha già scritto. Forse quella macabra occasione che gli è stata offerta rappresenta l’unica maniera di far fruttare il suo “talento” autodistruttivo per un fine giusto, nonché l’opportunità di espiare le sue colpe e lavarle con il proprio folle ma coraggioso sacrificio.
Nel corso delle riprese il regista ha chiesto ad un suo amico Sioux di officiare un rito in onore del sole nascente che è stato anche inserito nel film e ne rappresenta una delle parti più liriche e riuscite. Il cerimoniale sembra altresì suggerire come nella veglia del suo ultimo giorno di vita Raphael riesca a riconquistare il suo orgoglio di Nativo Americano e riconciliarsi così con il passato di questo popolo fatto anche da prodi guerrieri pronti a immani sacrifici e sciamani dalla grande saggezza.
In definitiva ci sembra che “The Brave” sia un film meritevole di recupero e che valga sicuramente la visione nonostante non rappresenti una pellicola facile sia per i temi trattati che per lo stile e la lunghezza.
Menzione finale per il cameo di Marlon Brando che sebbene forse si compiaccia in alcuni gesti troppo carichi di prammatica ed in generale forse appaia più ingombrante delle dimensioni effettivamente previste dalla sceneggiatura per il suo McCarty, ci regala un personaggio controverso e affascinante che nel breve incontro con il protagonista evoca una visione al negativo dell’incontro fra Faust e Mefistofele. Come Faust, Raphael accetta infatti una fine certa e orribile ma a differenza del dottore narrato da Marlowe egli non lo fa per un superbo desiderio di suprema conoscenza e temporaneo potere ma per un eterno riscatto da una temporale esistenza di miseria. Quanto al rovescio della medaglia McCarty, come Mefistofele, descrive dettagliatamente al suo interlocutore ciò a cui andrà incontro ma mentre nella storia di Faust il diavolo sembra quasi voler far desistere il contraente, nel film Marlon Brando non sembra così interessato alla sorte dell’altro e anzi quasi come un burocrate, appare annoiato dalla figura della controparte ma ben concentrato esclusivamente sul risultato finale del loro contratto.
Link alla scheda del film su InternetMovieDataBase http://www.imdb.com/title/tt0118768/
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