di Fabio Migneco
Questo è uno di quei film che probabilmente non arriveranno mai qui da noi, se non direttamente in DVD, oppure d’estate in una sola sala e per pochi giorni. Ma non perché non valga, anzi. E’ il solito problema di una distribuzione sempre più scriteriata.
Smashed è un piccolo film indipendente, visto ai festival di Toronto, Deauville e al Sundance dove ha vinto il premio speciale della giuria, che va dritto al punto e racconta la sua storia con grazia e calore umano, attento alle sfumature dei suoi personaggi e alle pieghe della narrazione. Completamente retto dalla bravissima Mary Elizabeth Winstead, a suo agio tanto in un Final Destination (il terzo) che in un Die Hard (il quarto e anche il quinto, in arrivo), in un film di Tarantino (Death Proof) che in un dramma come questo. La sua Kate è la metà di una coppia (l’altro è Aaron Paul, eccellente in Breaking Bad nei panni di Jesse e ottimo anche qui, capace di rendere simpatico il suo Charlie nonostante sia fondamentalmente uno egoista ed immaturo) dedita all’alcool in maniera abituale e piuttosto allegra. Tutto sembra ok, finché un bel giorno lei inizia a svegliarsi nei posti più assurdi e a vomitare davanti alla classe delle elementari dove insegna e capisce che è ora di cambiare drasticamente, minando la serenità del suo menage.
Il dramma è ben dosato, non è mai forzato né stucchevole e la durata breve di un’ottantina di minuti aiuta a far scorrere l’insieme, diretto con mano sicura da Ponsoldt, anche co-sceneggiatore insieme a Susan Burke, che ha il pregio (oltre a far brillare i suoi comprimari, Nick Offerman e Octavia Spencer soprattutto, nei panni rispettivamente del vicepreside e di una degli alcolisti anonimi) di non eccedere mai e non cadere nella trappola della retorica, lasciando che sia l’autenticità delle emozioni dette e mostrate a parlare.
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