di Francesco Bordi & Antonella Narciso
Chiudete gli occhi. Avete otto anni ed all’eccitazione per la prima escursione con la maestra ed i compagni di classe si è sostituito un sentimento nuovo: sarà che quelle teche piene di vasi apparentemente tutti uguali vi sovrastano, sarà che vi è stato detto di non arrampicarvi sulle statue antiche, ma proprio non riuscite a capire perché vi tengano chiusi lì, senza nemmeno un pallone con cui giocare né un gelato per premiarvi della fatica. Non lo sapete ancora, ma è in questo preciso momento che si pongono le premesse di un rapporto che rischia di rimanere difficile per il resto degli anni a venire.
Eppure le storie che ci vengono presentate da statue, utensili, monili e simili sono particolarmente evocative grazie alla doppia natura intrinseca legata a quegli stessi oggetti che sono da un lato molto lontani da noi, perché la distanza temporale si percepisce notevolemente, ma dall’altro sono assai vicini, perché realizzati da essere umani come noi in un mondo sicuramente più ostile. Quante volte guardando un utensile oppure un coltello risalente a centinaia di anni prima di Cristo ci siamo immaginati come avremmo vissuto noi stessi nell’epoca rappresentata al di là di quella vetrina? Ma allora perché c’è diffidenza verso la categoria museale archeologica? Si tratta comunque e a buon diritto di beni culturali, anzi sono i nostri beni culturali per eccellenza. Probabilmente è la staticità delle esposizioni a rendere più ostico l’approccio a queste belle realtà. La lettura è movimentata, mentre vengono sfogliate le pagine la trama si dipana nella nostra mente. Quanto alla musica è essa stessa un movimento di note che corrono per comunicarci qualcosa. Nel gustare un quadro invece a muoversi è quello che ci mettiamo noi: interpretazioni, punti di vista differenti, la ricerca di un qualcosa da parte del visitatore che forse l’autore del dipinto non aveva mai preso in considerazione nell’arco di tutta la sua esistenza. Per i manufatti archeologici solitamente deve esser fatto uno sforzo in più. Bene! Il Museo Civico Arechelogico Lavinium ha saputo supplire a questo sforzo profondendosi esso stesso in molteplici slanci di comunicazione impiegando, per farsi meglio intendere dal suo pubblico, tecnologie multimediali innovative prese in prestito anche dal mondo del cinema con risultati eccellenti.
Il Museo Lavinium “parla” realmente ai visitatori: fin dal momento in cui ci si avvicina all’entrata della struttura, sita nei pressi del borgo medioevale di Pratica di Mare (Pomezia), si avverte una voce intenta a raccontare la storia di un uomo e del suo pergrinare alla ricerca di una terra promessagli dal Fato… Si tratta della lettura di passi dell’Eneide che studiati e nascosti altoparlanti portano alle orecchie dei visitatori sul viale d’ingresso. Enea ed il suo viaggio sono il leit motiv dell’esposizione permanente, ma in realtà tutta l’area dell’antica Lavinium tra il X secolo e l’età romana è al centro dell’indagine storico-archeologica dei fondatori del museo che molto deve alle ricerche portate avanti dalla cattedra di topografia antica della Sapienza a metà degli anni ’50. Ognuna delle cinque maxi-sale che compongono la struttura espositiva è in grado di trasmettere il fascino di questa area geografica legata a doppio filo ad una Roma non ancora capitale dell’impero e riesce nell’intento di coinvolgere tutti i sensi di chi vi si avventura grazie anche alle realizzazioni video di aziende di settore come ad esempio la MAGNOLIA. Ed è così che al principio del viaggio la statua di culto di Minerva Tritonia, quasi esotica nella sua peculiarità iconografica, si accende di luce mentre la porta di ingresso si chiude inesorabile alle nostre spalle, lasciandoci nel buio alla mercè di questa divinità del V secolo a.C., maestosa e terribile come si conviene ad una dea colta nell’intimità della sua cella. In questa sorta di evocazione della divinità dovuta ai video di supporto in sala non sfugge il fatto che questa dea riprodotta in terracotta si discosta notevolmente dalle fattezze della Minerva Classica soprattutto grazie alla presenza del Tritone accanto a lei: omaggio ad una leggenda poco nota della Beozia che narra la nascita della dea vicino al fiume Tritone. Una dea intimorente che però mostra il suo lato benevolo nella sala successiva, dove le statue recuperate dalla fossa votiva pertinente al santuario acquistano consistenza e rivelano le accorate preghiere formulate per ottenere la protezione di un neonato, esaudire il desiderio di una gravidanza o accompagnare un giovane dal passaggio all’età adulta fino alla carriera politica. Anche qui il coinvolgimento sensoriale è ottenuto attraverso una garbata tecnologia che permette di comprendere gli stati d’animo degli offerenti presso il santuario della dea. Un filmato accompagna l’esposizione delle statue votive che raccontano in forma di dialogo diretto le richieste accorate alla dea mentre di volta in volta un piccolo occhio di bue focalizza la statua rappresentate il richiedente che spiega “di voce propria” il suo desiderio.
Nella sala 3 gli allestitori hanno dato prova della loro abilità attraverso un importante lavoro scenografico che va ad unirsi con i filmati ed i pannelli che supportano l’intera fruizione. Lo spazio in questione infatti è strutturato come l’interno di una nave la cui tipologia è la medesima a cui apparteneva l’imbarcazione di Enea. Al centro della sala una vela svolge la funzione di schermo su cui viene proiettata la rotta seguita dall’eroe troiano (che per lo più si rifaceva a tracciati risalenti all’età del bronzo) e sul quale ancora viene illustrato in modo molto puntuale e coivolgente la struttura dell’imbarcazione partendo dallo scafo fino alla vela come se si dovesse assemblare tutto il materiale nautico dall’inizio.
Ma è nella sala 4 che la tecnologia raggiunge il suo livello più alto. Dopo aver usufrito di una ricostruzione grafica computerizzata dell’intera area sacrale posta a sud di Lavinio lungo la via principale che collegava il porto alla città, proprio in questo spazio museale dedicato alla “civitas religiosa”, un ologramma di un antico sacerdote compare sullo sfondo centrale della sala e racconta i riti praticati presso il santuario delle tredici are: uno dei luoghi sacri più importanti del Lazio arcaico. L’effetto è suggestivo ed anche la storia della fondazione della città ed il messaggio circa il grande valore che di conseguenza riveste tutto il territorio laziale assume una sfumatura più profonda ed incisiva nelle parole dell’attore di questo teatro ottico.
Nelle parole del teatrante ritroviamo il medesimo orgoglio presente nell’amabile chiacchierata con la direttrice della struttura, la dottoressa Gloria Galante, che ci rivela che uno degli scopi della nascita del Civico Lavinium è legato alla volontà di “dotare i cittadini di Pomezia (ossia il territorio recente su cui insisteva la città antica) di uno strumento culturale che permetesse di riconosce le radici e le origini del loro territorio”. Il museo è piuttosto recente essendo stato inaugurato nel 2005, ma le opere presenti al suo interno sono state esposte negli anni passati in l’Italia e all’estero nell’ambito di varie mostre temporanee. Questo ha fatto sì che in molti, tra cui anche alcune penne di Culturalismi, si incuriosissero alla storia di quei pezzi unici, tanto che alcuni di quei curiosi hanno poi seguito le loro vicende fino al museo. Parlando quindi dei dati relativi ai visitatori della struttura con l’amministrativa Mara Iachetta è emerso che gran parte del pubblico giunge dal polo romano, che a quanto pare riesce a vincere la forza centripeta della capitale, seguono poi le presenze dal territorio limitrofo ritrovando quindi la rispondenza auspicata nelle parole della direttrice, ma ancora non mancano all’appello i visitatori stranieri per lo più anglosassoni ed in particolar modo tedeschi probabilmente richiamati da quelle mostre itineranti che ospitavono gli attuali residenti permanenti del museo. La vicina area archeologica “XIII altari e Heroon di Enea” relativa alle esposizioni del museo fa parte anch’essa delle felici commistioni culturali della zona. Spesso l’attenzione per il Museo Civico crea curiosità per l’area degli scavi che quindi nelle visite risente del positivo influsso museale. Allo stesso modo il visitatore attratto dal fascino del Lazio arcaico e dell’eroe di Ilio destinato a dare origine al popolo romano non si può esimere dal partecipare a tutta questa coivolgente ricostruzione storica-artistica che i fondatori del museo hanno organizzato attorno i loro preziosi reperti. È pertanto auspicabile in un futuro non troppo lontano una grandiosa sinergia artistico-culturale tra il museo civico di Lavinium, la vicina area archeologica relativa e il vicinissimo borgo medioevale di Pratica di Mare che sorge sull’acropoli dell’antico centro della città dei Latini.
Il Lavinium è una struttura giovane con personale giovane che parla di storie antiche. Il connubio risulta vincente e le sinergie che vengono attuate al suo interno lo confermano: oltre alla attrezzatissima sala conferenze, oggetto di numerose richieste ben vagliate da parte del personale, negli spazi esterni alla zona museale nel periodo estivo vengono ospitati eventi artistici di varia natura. La commistione tra le nuove tecnologie e la preziosità dei manufatti esposti riesce a creare un’attenzione ed un seguito che vanno al di là del consueto interesse archeologico riscontrabile fra i seguaci della cultura nostrana. Ci troviamo dunque di fronte ad uno di quei lieti casi in cui le Istituzioni hanno saputo realmente capire e valorizzare ciò che di straordinario il Bel Paese ha a disposizione e a tal proposito ringraziamo la “Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio” per la disponibilità e l’attenzione dimostrataci. In sostanza il Museo Civico Archeologico Lavinium è un felice insieme di pezzi archeologici unici, elementi coreografici, cinematografici, artistici e teatrali che permettono di uscire dalla visita con la netta sensazione di essere stati accompagnati per tutto il percorso da Enea e da Minerva Tritonia.
Noi dello Staff ci siamo trovati così a nostro agio da amare questo luogo e pertanto vi consigliamo di cuore d’andare ad intraprendere questo viaggio nel viaggio presso una struttura museale piuttosto rara nel nostro Paese che sembra sempre aver chiaro cosa mostrare, ma al contempo si dimostra troppo poco ricettivo al come comunicare.
Per ulteriori info sul Museo Archeologico Civico Lavinium: http://www.regione.lazio.it/musei/pomezia/
Circa gli orari di visita del museo: http://www.regione.lazio.it/musei/pomezia/info.php?id=2
Per le procedure di visita dell’area archeologica “XIII altari e Heroon di Enea”: http://www.regione.lazio.it/musei/pomezia/argomento1.php?id=52&vms=6&vmf=20&page=1
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