Se Maigret chiama, Kindaichi risponde: “La locanda del gatto nero”

di Francesco Bordi 

Di norma i titoli che contengono nomi comuni di animali funziano piuttosto bene nell’ottica di una buona diffusione libraria. Allo stesso modo il ricorso a termini desueti, meglio se dal retrogusto antico, svolge una funzione importante in quanto rimanda a situazioni ed ambientazioni che si perdono nel tempo. “La locanda del Gatto nero” risulta essere quindi un vestito più che adatto per esaltare la vicenda che Yokomizo Seishi ci vuole raccontare.

Il lettore non rimane indifferente all’intestazione e in più la scelta di inserire in copertina il dettaglio di una rilassantissima illustrazione panoramica a firma Kawase Hasui contribuisce alla causa. Ecco però che nel momento in cui, incuriositi, andiamo ad affronate le prime righe della sinossi ci imbattiamo ben presto nella parola “cadavere”. L’effetto sorpresa ha funzionato: il lettore prende atto della propria dipendenza dalla stravaganza di quell’improbabile mix e si dichiara pronto all’acquisto di fronte alla cassa. “Kuronekotei jiken”, letteralmente “Il caso della Locanda del Gatto nero” non è infatti un romanzo incentrato su tranquille riflessioni nel giardino di una ristorantino con camere mentre si sorseggia un té (come sembrerebbe suggerire l’immagine della copertina), ma è un giallo vero e proprio condito da sequenze dal tono “nero” come il gatto che si aggira nel giardino del punto-ristoro.

Sellerio editore ha giocato molto bene le proprie carte nel presentarci una crime story travestita. Sarà prorio il “vestito” infatti ad essere il protagonista “morale” di tutto ciò che accade in questa locanda di Tokyo che nel dopoguerra era diventata una sorta di nodo per commerci in un certo senso clandestini, così come tante strutture di quel periodo. Sono molti i personaggi che si vestono in un modo ma che nei fatti meriterebbero ben altro tipo di abito: bonzi, ballerine, uomini d’affari, prostitute, donnaioli, indagatori… ma questa è una condizione tipica dei gialli, dei thriller e delle spy-stories. L’elemento che contribuisce a differenziare il libro di Yokomizo dagli altri esemplari del genere è la felice commistione fra il romanzo d’investigazione occidentale e gli elementi tipici della tradizione giapponese. L’influenza del genere letterario sull’autore è evidente e quasi dichiarata, ma sono i dettagli relativi alle mode del periodo nel Sol levante, così come i riferimenti alle modalità d’omicidio in cui rientravano le casistiche “letterarie” delle vittime tra la fine degli anni ’30 e la metà degli anni ’40 e sono ancora le conseguenze sociali successive alla fine del conflitto cino-giapponese a rendere sfizioso il breve romanzo di colui che in patria viene considerato come il papà del Maigret giapponese: il detective Kindaichi Kōsuke.

Paradossalmente il segreto per gustare a pieno l’opera del pioniere nipponico del genere è approcciare le sue storie come se non fossero dei gialli. Il risultato è che vi troverete, davvero, di fronte ad un giallo in cui non mancano colpi di scena concentrati però su dei personaggi che difficilmente avreste preso in considerazione.

Il consiglio è dettato dal fatto che, estremizzando ma nemmeno più di tanto, si potrebbe dire che nel thriller occidentale contemporaneo, tanto a livello editoriale quanto a livello televisivo, i protagonisti ormai sembrano quasi abituati ad un certo tipo di omicidi, così come non sembrano scomporsi più tanto di fronte a ciò che scatta nella mente di un uomo nell’atto di porre fine ad una vita utilizzando anche un estro criminale degno di nota. Di conseguenza anche i fruitori dello loro storie si sono abituati. Il narratore giapponese, invece, sembra ancora esssere in grado di stupirsi al cospetto di queste situazioni, di fatto inusuali, cercando al contempo di comunicare il proprio sgomento al suo pubblico.

Certo, va detto ad onor del vero che La locanda del gatto nero è un libro del 1973. Da allora molti modi di raccontare si sono omologati nell’incontro fra oriente ed occidente. A maggior ragione dunque ritengo che si possa felicemente approfittare di alcuni vecchi romanzi gialli che avevano ancora lo smalto della novità, quantomeno in quell’area dell’estremo oriente.

 

Yokomizo Seishi

“La locanda del gatto nero”

Palermo, Sellerio Editore, 2020.

Titolo originale: “Kuronekotei jiken”

 

Foto di Francesco Bordi ©

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