di Ornella Rota
BOLOGNA. All’inizio si vede una lotta senza vincitori che si conclude con un crollo, detriti, macerie. Poi ci sono bersagli continuamente proiettati su un muro al quale una folla minacciosa man mano si avvicina, finché qualcuno timidamente lo tocca con una mano e dall’altra parte si sentono voci, persone: Israele e i Territori occupati? Cattolici e protestanti a Belfast? Tijuana Beach al confine fra Messico e Stati Uniti? Infine una ninna nanna introduce la contraddizione massima: madri che uccidono figli. Perché? Qui non c’è perché, rispondono le lingue del mondo. Echi di Primo Levi e di Shakespeare giungono implacabili. Da Se questo è un uomo: Spinto dalla sete, ho adocchiato, fuori dalla finestra, un bel ghiacciolo a portata di mano. Ho aperto la finestra, ho staccato il ghiacciolo, ma subito si è fatto avanti un grande grosso che si aggirava là fuori, e me lo ha strappato brutalmente. ‘Warum’? gli ho chiesto nel mio povero tedesco. ‘Hier ist kein Warum’ (qui non c’è perché) mi ha risposto, ricacciandomi dentro con uno spintone. Da Machbeth: “La vita non è che un’ombra che cammina (…), una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla”. Ma l’opera di Andrea Molino, libretto di Giorgio van Straten, si conclude con la riflessione che la nostra esistenza è comunque un dato di fatto, una realtà incontrovertibile al di là del perché e/o della sua mancanza, dunque ciascuno di noi deve assumersi la responsabilità della propria vita. Nel finale, uno sciame di video, volti, suoni, suggestioni (parole di Hanna Arendt, Albert Einstein, Gitta Sereny) sembra presagire la progressiva trasformazione di una massa di uomini e di donne in una collettività di individui consapevoli.
L’opera è andata in scena in prima mondiale al Comunale di Bologna, dove il sovrintendente Francesco Ernani continua, come ha sempre fatto, a promuovere la musica contemporanea. E’ stata registrata per Rai5, post-produzione negli studi di Città di Castello a partire dalla settimana prossima. Nel maggio 2015, andrà in scena ad Anversa e a Rotterdam.
Rispetto ai lavori precedenti di Molino _ The smiling carcass e Those Who Speak in A Faint Voice sulla pena di morte, Credo sui conflitti etnici e religiosi, Winners sul tema vincitori e vinti, Of Flowers And Flames sulla tragedia di Bhopal, Three Mile Island sull’incidente nucleare in Pennsylvania _ tutti incentrate su fatti di cronaca e di storia rievocati con tanto date e riferimenti obiettivi, Qui non c’è perché può apparire più elaborata, con un taglio etico/politico più accentuato. Rimangono però costanti alcune caratteristiche della produzione di questo artista: la multimedialità (la parte visuale è uno strumento previsto nella partitura e strettamente collegato agli altri aspetti drammaturgici, dice), la forte componente improvvisativa lasciata ai cantanti, il microfono quale strumento per ottenere speciali vocalità, un tipo particolare di software che collega microfoni computer e video (ad esempio nelle scene finali), niente finzioni né metafore ma luoghi ed eventi reali capaci di fare riflettere per la loro unicità, niente personaggi né ruoli ma interpreti in palcoscenico con i loro nomi (David Moss è David, i ragazzi dell’Institute for Living Voice sono Aline, Annelinde e Sandez).
Elementi di tipo corale sostituiscono personaggi e ruoli singoli, e questa è un’altra peculiarità di Molino: L’utilizzo della molteplicità, prima ancora che della coralità, è per me un elemento estetico fondamentale. Per questo, lavoro quasi esclusivamente con grandi organici; l’orchestra sinfonica è come un organismo vivente, composto da una miriade di piccoli elementi sonori che devono essere ricomposti per realizzare un discorso musicale compiuto. Normalmente, è lo stesso Andrea Molino a dirigere le sue opere. E se come compositore porto avanti la vocalità contemporanea, come direttore d’orchestra invece amo moltissimo la vocalità tradizionale. Adesso mi aspetta Puccini, conclude sorridendo, Tosca e Bohème a Melbourne e Sidney (dov’è già stato negli anni passati per inaugurare le rispettive stagioni liriche).