di Fabio Migneco
Dopo il sorprendente successo di Io, loro e Lara e l’ennesimo episodio sempre uguale nel brutto Manuale d’Amore 3 di Veronesi (incontro-scontro con De Niro compreso), Verdone torna alla regia, con una storia che guarda al sociale e al dramma dei padri separati. Le intenzioni, va detto, restano sullo sfondo, perché pur sempre di commedia di cassetta si tratta. Però l’insieme è condotto con consumata maestria e non scontato garbo. Come sempre grande direzione degli attori, con un Giallini strepitoso nel dare vita a un cialtrone di quelli d.o.c., Favino perfettamente smarrito e capace di slanci comici forse ancora non sfruttati a pieno, e Micaela Ramazzotti che incarna un altro dei personaggi fuori di testa ma dal cuore d’oro ai quali ci ha abituato. Confezione lussuosa grazie alla produzione Filmauro e al product placement (almeno non imbarazzante come quello de Il mio miglior nemico), grande colonna sonora di gemme rock, come si confà a un appassionato e intenditore come Verdone, insieme corale con ampio spazio agli altri personaggi e non solo al suo. Molto buona anche la prova d’attore di Verdone, defilato, quasi sottotono, tutta giocata su sfumature e accenti particolari, a dimostrazione di una sua costante crescita negli anni, che gli permette ora di incidere senza per forza dover strafare come ai tempi del debordante istrionismo di una volta o di ricercare la gag a tutti i costi. Interessante il messaggio di speranza affidato ai più giovani, meno riuscito di altre volte nel complesso il finale (ma solo perché Verdone ne ha indovinati di bellissimi in carriera), a conti fatti una pellicola che dimostra ancora come una carriera pluritrentennale non si costruisce per caso, ma perché si ha sempre voglia di raccontare, anche il presente, rispettando il proprio mestiere e il proprio pubblico.
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