di Fabio Migneco
(© tutti i diritti riservati)
Tommaso era in quello stato di dolce torpore che precede il risveglio, quando i sogni e la realtà si sovrappongono per un attimo in una dissolvenza incrociata.
Succede a tutti noi, e tutti vorremmo prolungare l’attimo, ma alla fine cediamo al pensiero delle cose da fare e ci alziamo. Così Tommaso.
– Ti sei svegliato, finalmente! – Stefania, sua moglie, gli sorride dolce, già ben sveglia e attiva, e parla svelta tanto che Tommaso non capisce alcune parti, anche se non lo dà a vedere. Mentre beve il cappuccino, Stefania mette in borsa gli occhiali da sole, il portafoglio e prende le chiavi della macchina.
– Ci vediamo stasera. Mi raccomando ricordati di pagare le bollette e fare un po’ di spesa. –
Nel frattempo Tommaso si era tolto la maglietta, pronto per andare a lavarsi. Stefania lo guarda e fa una piccola pausa, poi gli fa:
– Ma ti sei ingrassato? Hai un po’ di pancetta! –
Lo dice gentile, come semplice constatazione, eppure Tommaso si risente, stupito:
– Ingrassato? Come sarebbe? – dice toccando con mano, e in effetti si ricordava più tonico – A me non sembra, scusa. –
Stefania guarda l’orologio appeso sulla porta di cucina e si accorge di essere in ritardo, va verso suo marito, lo bacia sulle labbra e gli dice:
– Ciao amore, a stasera. –
Sotto la doccia Tommaso continua a ripensare alla parola pancetta, e gli suona anche un po’ ridicola. Asciugandosi, si guarda allo specchio. Fronte, profilo destro, profilo sinistro, tre quarti, prova anche a piegarsi per vedere che effetto fa. Si siede sul letto e vede che al posto delle tre righe sottili che pensava di avere ha tre ciambellette di grasso superfluo.
– Eppure non me ne sono mai accorto, che strano… in fondo ho solo… Cristo! Ho 33 anni! –
Subito inizia a pensare di non essere poi così giovane e che la pancetta è il primo segno del disfacimento. Riflettendo però non ricorda di aver mai fatto sport o movimento in maniera regolare da almeno dodici anni. Un po’ di pesi per le braccia e le spalle, qualche flessione, poca roba, e sempre meno negli ultimi anni.
– Naturale che mi sia inflaccidito –
Poi arriva, bastardo, un altro pensiero:
– E se Stefania ha detto così perché non le piaccio più? Se non mi desidera più? Se ha un altro? –
– Che stupido – si dice – Stefania mi ama più di prima e io amo lei. Quanto al desiderio, stanotte mi è sembrato tutto a posto… E poi Stefania non mi tradirebbe. Se mai accadesse, so al cento per cento che non lo farebbe prima di avermi lasciato –
Rincuorandosi si mette a lavorare. E’ uno scrittore, o meglio, si guadagna da vivere scrivendo. Scrive a mano sui fogli formato A4 bianchi, poi copia tutto al computer. Fatica doppia e sprecata per molti, ma lui si trova bene così. Scrive dalle sei alle otto ore al giorno, anche se capitano dei giorni in cui non scrive, o butta tutto, o fa tutt’altro. Ha pubblicato un romanzo di discreto successo, Chi semina sangue…, storia di un contadino di un piccolo paese che un giorno si convince che il diavolo si aggira tra i suoi compaesani e alla fine fa una strage nella chiesa S. Maria Assunta perché secondo lui il demonio era il parroco. Era un esperimento di fare un certo tipo di thriller, di romanzo di genere, che in Italia non più molti facevano. Invece fu letto come “molto rappresentativo di una realtà rurale ancora oggi presente nel nostro paese, ma di cui nessuno si occupa più, il dramma di un ceto sociale ormai scomparso…” Si era incorniciato la recensione e ogni tanto la rileggeva e rideva sempre come la prima volta.
Quella mattina tuttavia proprio non riusciva a scrivere neanche una riga. Non appena gli veniva qualcosa in mente, tutto riportava al fatto che era ormai conscio di essere fuori forma. Così decise di iscriversi in palestra.
Uscì, pagò le bollette e fece un po’ di spesa, poi tornando verso casa parcheggiò la macchina fuori della palestra Aerobic Gym Center 2000. Il nome gli sembrava ridicolo, ma aveva sentito che facevano buoni prezzi e avevano istruttori capaci Aveva sempre avuto una sorta di avversione per le palestre, per quei particolari ambienti, quei piccoli mondi, con regole e codici non scritti ma rigidissimi.
Mentre si dirigeva verso la segretaria all’entrata, pensava alle varie situazioni che avrebbe dovuto affrontare da quando avrebbe iniziato a frequentare la palestra.
Non riuscire a capire il funzionamento di alcune delle macchine ma non chiederlo per evitare brutte figure, vedere decine di tizi ipervitaminazzati e pompatissimi che, nonostante il fisico alla Schwarzenegger prima maniera, continuano ad andare tutti i giorni in palestra, entrando per primi ed uscendo per ultimi, quando tu è grasso che cola se ci stai un’ora, un’ora e trenta al massimo. Vedere gli altri che sollevano duecento chili, quando tu ti limiti a meno di cento; rompersi dopo cinque minuti di pesi per le braccia e sentirsi ridicoli, mentre gli altri guardano estasiati le loro stesse vene gonfiarsi, la contrazione perfetta dei muscoli, essere circondati da foto di misconosciuti campioni di body building che per te sono campioni di demenza con forti turbe psichiche, foto di uomini bove, con palloni da rugby al posto delle braccia, donne bioniche con niente di umano, deturpate da bozzi rivoltanti, tutti unti, oliati, schifosi, foto che ti fanno dire “ma io dovrei essere così?” e ti fanno venire voglia di scappare lontano; puzze di sudore ed altro negli spogliatoi, con mediocri omini che parlano solo di soldi, macchine, calcio e scopate, non necessariamente in quest’ordine, millantando chissà quali eroiche imprese in ognuno di quei campi, doccia in comune, ad osservare particolari anatomici e loro grandezze (e non solo i muscoli o le pance, c’è sempre qualcuno che ti guarda lì, e allora “fatevi i cazzi vostri” diventa una frase piuttosto appropriata). Per non parlare dell’istruttore che il primo giorno di palestra ti fa: – per che cosa ti servono i pesi? Che vuoi fare? – e tu rassegnato: – mah… Vorrei buttare giù un pò di pancetta… -.
Dunque c’è più di un motivo se negli ultimi anni io e le palestre non ci siamo tanto frequentati.
– Buongiorno. –
– Buongiorno. Desidera? –
– Volevo iscrivermi in palestra e volevo alcune informazioni. –
– Certo, dunque, l’iscrizione è gratuita però deve pagare la visita medica, i corsi sono dalle… –
A casa sua moglie stava facendo la doccia e quando aprì la porta del box doccia la trovò splendida e di ottimo umore, non solo per la divertita reazione allo scherzo, così ridendo e schizzandosi finirono in un attimo a fare l’amore.
– Mi sono iscritto in palestra – la frase gli uscì così, mentre ascoltavano i servizi del telegiornale.
Stefania sorrise e disse: – Guarda che se è per quella storia della pancetta, scherzavo eh! Amore non ti farai mica complessi inutili con me?… Che scemo! -.
Sorrise anche lui e in fondo pensò di non sapere nemmeno perché l’aveva fatto. Davvero intendo. E le disse proprio questo, aggiungendo che avrebbe provato col primo trimestre e poi avrebbe deciso.
E così arrivò il giorno della prima giornata tra macchine e pesi e alla fine Tommaso ne fu soddisfatto poiché non era andata male, l’istruttore sembrava anche abbastanza simpatico. Si chiama Max e ad occhio e croce è alto circa un metro e ottanta per – dice lui – 90 kg, ovviamente di muscoli. Ha un viso un po’ scimmiesco, ma non in maniera esagerata, alla Piero Pelù, alcuni tatuaggi e riccioli unti di gel e sudore. Inguainato com’è in tutine unisex, oppure in completi sportivi canotta e pantaloncini elasticizzati, con i suoi discorsi assolutamente sensati e ben condotti, eppure superficiali e/o inutili, potrebbe tranquillamente stare in tv nella incredibile fauna pomeridiana dei programmi della De Filippi, oppure come inquilino del Grande Fratello.
Ogni tanto ti si avvicina per sincerarsi che vada tutto bene, oppure fare una battuta o un abbozzo di discorso. Tommaso ci aveva parlato un po’ più a lungo un paio di volte, interrogandolo su cosa fossero esattamente quelle pillole che ogni tanto ingoiava. Avevano scatoline colorate e nomi strani, Eubiol, Euronfurol, Erobogeril, Opteridol e c’era anche un barattolo del tipo di quelli maxi di nutella, con un’etichetta che diceva All Fit e, in colorati cerchietti gialli, Muscle e Power!.
Max gli aveva gentilmente spiegato che il muscolo andava mantenuto e corroborato non solo col semplice esercizio, ci voleva anche un altro tipo d’aiuto. Aggiunse anche che era tutto perfettamente legale, anche se pesante per l’organismo, che comunque le possono prendere solo quelli che fanno regolare attività fisica e solo previa ricetta medica. Ma alla domanda se creassero o meno dipendenza, Max minimizzò e cambiò discorso. A Tommaso sembrava una persona normale, con le sue stranezze certo, ma chi non ne ha?
Ne parlò un paio di volte con la moglie, che ascoltava complice e divertita, ridendo quando Tommaso imitava la voce bassa e le movenze da gorilla di Max.
Una sera Stefania gli chiese se c’erano ragazze al suo turno, com’erano, se erano più o meno giovani di lei. Le disse che non ce n’erano, anzi ce n’era una quando aveva iniziato, ma poi era già almeno una settimana che non si vedeva più. Fece una pausa.
– Bè? – chiese Stefania.
– Mah, niente, solo che mi sembra strano, una volta l’ho sentita dire a Max che le piace così tanto la palestra e il movimento e tenersi in forma, che avrebbe saltato le lezioni solo se ammalata ecc. ecc. Cioè chi se ne frega, avrà i suoi motivi, però mi sembra strano… –
– Prova a chiederlo a Max, magari sa qualcosa, no? – disse Stefania.
E per pura curiosità lo fece. Max disse in tono freddo e scostante che – Sara ha deciso di non venire più a quanto pare. –
Passò ancora un po’ di tempo e la vita scorreva tranquilla e normale, finché un bel giorno Tommaso decise di provare qualcosa di diverso.
Aveva visto allo specchio che i rotolini di grasso erano scomparsi e ora aveva una pancia piatta e tirata con i muscoli asciutti ma non scolpiti. Mancava ancora qualche mese all’estate e pensò che se fosse riuscito a scolpire quei quadrucci intorno all’ombelico che aveva visto sempre e solo in foto, avrebbe poi potuto fare a meno della palestra per qualche anno. Anche perché in fondo la pancia come lui in quel momento ormai l’avevano tutti, perché tutti e tutte si ispiravano alle varie Britney Spears, Shakira, Jennifer Lopez, gli attori fighi, e allora capì che lo standard si era alzato: se quello era il minimo sindacale femminile, per un uomo il quadruccio addominale era d’obbligo.
Questa sua elucubrazione un po’ lo convinceva e un po’ lo spaventava, perché solo sei mesi prima non avrebbe mai nemmeno lontanamente pensato una cosa del genere.
Nonostante questo ne parlò a Max, che con movenze circospette e voce bassa, uguali in tutto e per tutto a quelle di un pusher di mezza tacca gli disse: – Vedi Tommy, ora ti ci vuole un piccolo allenamento mirato e intensivo, ma non è il caso di farlo qui in palestra, anche perché non abbiamo un elettrostimolatore… –
Tommaso gli fece presente che neanche lui ne aveva uno e allora Max disse che non c’era alcun problema e che poteva andare a casa sua e gliene avrebbe prestato uno insieme ad alcune pillole integratrici capaci di fare miracoli.
Aveva precisato che l’invito era dovuto al fatto che lui si sarebbe scordato di sicuro di portargli l’elettrostimolatore lì in palestra, visto che si scordava sempre tutto, comprese cose ben più importanti.
– Se l’allenamento mirato andrà bene vedrai che ridurrai le sedute in palestra da tre a una. Sarò il tuo personal trainer – aggiunse sorridendo.
A Tommaso sembrò un gesto gentile e da vero professionista così accettò l’invito e una sera decise di andarci dopo avergli telefonato, visto che sua moglie sarebbe uscita di lì a poco per una cena con le amiche.
– Vieni, vieni entra! – fece Max, con i riccioli stirati e raccolti in un codino, pantaloni della tuta e maglietta di lycra della Nike – ti faccio vedere la mia vera palestra! –
E in effetti era più una palestra che una casa, salone all’americana, piccolo, con tv e divano, angolo cottura con tavolo di legno, un corridoio lungo e stretto che finiva in una porta più grande delle altre, chiusa. Ai lati, un buco di camera da letto con un letto da una piazza e mezza e un paio di comodini e poi la sala attrezzi, la più grande. C’erano più o meno tutti gli attrezzi che usavano in palestra e alcuni elettrostimolatori più un armadietto con medicinali, integratori, asciugamani e indumenti sparsi. Subito dopo, il bagno.
Tornando in corridoio Tommaso indicò la porta chiusa e disse – e lì che c’è? –
– Oh, niente è il ripostiglio. –
A Tommaso sembrò strano poiché l’appartamento visto da fuori, sembrava piuttosto grande, quindi quella doveva essere un’altra stanza ampia, se non la più ampia della casa, ma allora perché… Non fece in tempo a finire il pensiero che Max lo invitò a bersi qualcosa.
Poco dopo gli mostrò il funzionamento dell’elettrostimolatore che stava per prestargli, prima su di lui, poi gli applicò due elettrodi sull’addome e gli fece sentire l’effetto. Erano appiccicosi e si sentiva una specie di piccola scossa sottopelle che provocava una contrazione che avrebbe ulteriormente tonificato i muscoli di quel punto con reiterate applicazioni. Poi passò a spiegargli funzioni e velocità, in maniera precisa e scrupolosa gli indicò ogni tasto, facendoglieli riprovare subito dopo. Concluse con: – In ogni caso ti do anche il manuale, non sia mai dovessi avere dei problemi… Mi stacchi la spina per favore? –
Tommaso si chinò dandogli le spalle e allungò la mano per staccare la piccola spina bianca dalla presa. Max lo colpì con una spranga di quelle per le flessioni delle scapole. Un rumore sordo. Una sensazione di caldo e bagnato, sopra la nuca. Perse i sensi.
Si risvegliò al buio, legato a una specie di resistente tubo alla parete. Cercò di capire che cosa stesse succedendo e cosa fosse quell’odore terribile lì dentro. D’improvviso s’accese la luce e la vista di ciò che c’era al centro della stanza lo terrorizzò.
Il corpo di Sara penzolava legato da sopra il soffitto. Per un tre quarti era sanguinante e pieno di ecchimosi e ferite, deturpato da tagli profondi e lividi. Tutto il corpo aveva un colorito bianco pallido, con zone rosse e blu e viola.
Intorno, sulle pareti, tutto era tappezzato da foto orrende, polaroid di arti e teste mozzate, pozze di sangue, scene di torture abominevoli.
– Cristo di Dio – biascicò Tommaso, con l’angoscia che gli saliva dentro e addosso e intorno.
La porta si aprì ed entrò Max, a petto nudo e oliato, senza dire nulla aprì la panca accanto alla porta e ne estrasse coltelli, seghe, una sorta di attizzatoio per camino, delle tenaglie e un martello. Li dispose per terra con meticolosa cura e poi si mise a fissare Tommaso.
– Dovreste vedervi. Avete tutti quello sguardo a questo punto – abbozzò una risata.
– Ma che cazzo ridi??? Maniaco, fottuto pazzo pervertito maledetto!!! – urlò Tommaso.
Prese a ridere più forte, poi si placò e disse:
– Ti sbagli. Io sono sanissimo. Proprio come te. Questo è il mio piccolo hobby. C’è chi si diletta di pittura, chi di musica ecc. Io ammazzo gente. Anzi, in un certo senso – indicò le pareti – mi occupo di fotografia! E non stare a chiederti quale motivazione c’è dietro. Non c’è n’è nessuna. Uccido semplicemente perché mi va. Mi piace? Nemmeno tanto. Non mi sento un dio nel farlo. Ho cominciato per puro caso, accidentalmente. E’ quasi uno studio sul comportamento umano il mio. Osservo le reazioni della gente sottoposta a questo. –
Tommaso lo interruppe mentre cercava di allentare le corde con cui era legato: – Ma cosa dici? Pazzo! E le torture? Le mutilazioni? Non ha senso tutto questo? Sara aveva ventitré anni, venticinque massimo, la vita davanti, e guarda come l’hai ridotta per Dio! Che problemi hai in quella testa di cazzo?!? Eh? –
Max non perse la calma, solo alzò il tono della voce: – Cosa credi? Che sia uno di quei piccoli patetici squilibrati che si vedono nei film sui serial killer, quelli che si scopre che il nonno o il padre o chissà chi li picchiava da piccoli o minacciava con le forbici di tagliargli il pisello, no, niente di queste stronzate, sono stato e sono felice tuttora. Uccido così, come tu compri il giornale… –
Quanto ci vuole per sciogliere una corda Cristo? Nei film fanno tutto così facile… Dio… Mi ci vuole più tempo devo farlo parlare ancora… – Ma perché io? Perché lei? Perchééé? -.
– Oh, così. Non c’è un motivo te l’ho detto. Vi scelgo a caso. Quelli che vedi nelle foto sono tutti ex clienti delle palestre per cui ho lavorato. Ce ne sono di tutta Italia. Poi qualche puttana, o qualcuno preso a caso per strada, anche idraulici, antennisti, gente così. Un paio li hanno fatti vedere anche a Chi l’ha visto? Qualche anno fa… Li invito da me con una qualche scusa o per lavoro e poi semplicemente li uccido. Per qualche giorno li tengo in vita, alcuni anche un mese, poi quando vedo che sono al limite li finisco. Faccio le mie cose, fotografo tutto e poi butto i corpi in una discarica fuori città. –
Non sembrava nemmeno compiaciuto, era come se non ne facesse parte, come se non lo riguardasse. Intanto le corde avevano ceduto. Con le mani Tommaso le teneva ferme, aspettando il momento giusto per colpirlo. Max si accostò al muro indicando una foto – Ecco ad esempio vedi questa… –
Ora!
Tommaso fu rapido come mai e si avventò contro Max colpendolo con tutta la forza che aveva contando più che altro sull’effetto sorpresa. Riuscì a farlo cadere e lo calpestò correndo verso la porta d’ingresso.
Ma Max riuscì a raggiungerlo e lo sbatté dentro la stanza degli attrezzi, scaraventandolo alla parete, come un lottatore di wrestling.
Poi gli saltò addosso e gli strinse il collo.
– Non posso permetterti di rovinare tutto! –
Tommaso non riusciva a respirare diventava cianotico, con una mano cercava di liberarsi dalla morsa letale, con l’altra batteva disperato sul pavimento.
– Io ho una vita stupenda e non sarai tu né nessun altro a rovinarmela? Capito brutto stronzo?!? -.
Tommaso cercava con gli occhi qualcosa di contundente ma soprattutto di vicino…
– Vuoi fare l’eroe? Ti piace fare l’eroe eh? In culo l’ero… –
STUCK!
La testa di Max venne aperta in due da uno dei suoi tanti amati pesi da 20 kg che utilizzava per pompare i suoi muscoli assassini.
Tommaso respirò riacquistando colorito.
Si precipitò al telefono e digitò
1-1-3.
9 MESI DOPO
Tommaso e Stefania hanno avuto una bimba, Andrea. Lui non ha più frequentato le palestre che del resto detestava già prima di fare la conoscenza con Max. Passò alla corsa che trovò molto più salutare.
La polizia scoprì alcune cassette audio registrate dall’assassino che annotavano oltre ai nomi delle sue 28 vittime anche giorno, ore e modalità della loro morte. Ce n’erano di Milano, Torino, Genova, Firenze e Roma e alcune di paesi limitrofi.
Tommaso fu messo a dura prova dall’accaduto, rischiando serie ripercussioni mentali. Ne uscì nel giro di un paio di mesi grazie a sua moglie. Ma riuscì a esorcizzare totalmente la cosa solo quando mise la parola fine al suo secondo, vendutissimo romanzo, tratto da quella vicenda, intitolato Personal Trainer.
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