«Per gli amici…». «Lui è il signor… , ma per gli amici…».
Quante volte abbiamo sentito queste espressioni familiari… Da sempre sono servite a mettere a proprio agio tanto chi veniva presentato o introdotto quanto chi faceva la propria conoscenza della persona in questione. Si tratta di un escamotage per ridurre la distanza fra coloro che si incontrano.
Bene, è proprio questo lo spirito che ha animato il notissimo volto di Alessio Giannone (per gli amici “Pinuccio” di Striscia) e l’autrice musicista Francesca Frizzi, figlia e nipote d’Arte, nel momento in cui hanno deciso di scrivere e dare vita ad uno spettacolo teatrale dal fine ambizioso: avvicinare Mozart al grande pubblico.
“Mozart – per gli amici Wolfang” si presenta sul palco in maniera molto semplice ed al contempo accattivante: un quartetto di giovani e talentuosi archi, una scrivania ed un mattatore, pungente ma con garbo, a svolgere il ruolo di fil rouge teso a sostenere il tutto. L’istrionico attore barese e la versatile autrice romana ci mostrano in poche mosse una finestra aperta, quel tanto che basta, sulla genialità del compositore austriaco attraverso linguaggi semplici ricchi di esempi nell’attualità e soprattutto grazie all’utilizzo di brani musicali, tra i più popolari, ancora frequentemente presenti nell’ambito della comunicazione globale. Affrontare la vita del Salisburghese in maniera più classica sarebbe potuto essere dispersivo e poco coinvolgente. La sola via musicale, invece, avrebbe potuto configurarsi come un’emoluzione concertistica troppo ridimensionata rispetto al Nome ed alle opere in questione.
E allora come si approccia il Signor Wolfang?
Si parla tanto al pubblico, ma si offre anche una spalla ai giovnissimi musicisti che con pazienza, archetto alla mano e occhi bassi sugli spartiti reggono circa settanta minuti di performance importanti come l’esecuzione di composizioni musicali della portata de “Il flauto magico”, “Le nozze di Figaro” o ancora “Rondo alla turca“. Si fanno parallelismi con l’attualità politica e sociale così come si spiegano le mode dell’epoca mozartiana messe al confronto con la nostra epoca dei social media.
Proprio i social, sempre demonizzati, in questa occasione hanno invece fornito un elemento positivo che sta alla base di questo spettacolo così duttile nel toccare più punti di vista e più arti.
Nel 2020 era uscito un libro a firma di Pinuccio dal titolo “Annessi e connessi”. In quell’occasione il buon Alessio aveva affrontato il tema dei nuovi stumenti di condivisione, ma soprattutto degli influencers. Nella sua dissacrante ed anche esilarante analisi del crescente fenomeno social correllato puntualmente dalla necessità della felicità aumentata e del consenso, l’autore barese aveva citato la “Sinfonia concertante di Mozart” ed il concetto di “pausa nella musica”. Riferimenti che non erano sfuggiti all’amica e collega Francesca Frizzi che puntualmente cominciava a ventilare una nuova collaborazione musicale con quel noto volto televisivo di Striscia che si era dichiarato così affascinanto dal talento musicale di matrice mozartiana. Dopo circa due anni di lavoro, portato avanti tra gli impegni di entranbi, lo spettacolo immaginato ha finalmente guadagnato il proprio spazio all’interno del Teatro Sette di Roma diretto dall’ottimo Michele La Ginestra che in molti ricorderete nelle sue performances attoriali. Qualcuno lo collegherà sicuramente alla televisione nell’ambito di Zelig, qualcun’altro ve lo descriverà come colui che è nato per calcare il teatro con gentilezza e consapevolezza. In ogni caso è uomo di scena che sa sostenere chi in scena ci deve andare.
L’evento, alla sua prima rappresentazione romana, ha dimostrato che una bella idea in grado di abbracciare storia, presente, passato e musica dal vivo può diventare teatro, nonostante tanti dubbi in merito.
Il linguaggio utilizzato ed i continui riferimenti in parallelo a più epoche (dalla fine del ‘700 agli anni attuali passando nostalgicamente per gli iconici 80’s) è stato fondamentale. Così come spiegare, con il sorriso, la genialità del compositore e la rivalità con i colleghi dell’epoca calandolo in ipotetiche diatribe facebook. Il risultato è anche didascalico, quasi esportabile a livello scolastico.
La durata ed il finale sono stati oggetto di confonto fra il pubblico. Tra gli spettatori c’era chi dichiarava amorevolmente l’originalità dell’opera ed il relativo sviluppo lodando anche il fatto che il tutto avvenisse in un’ora e dieci minuti circa. Qualcun’altro osservava invece di sentire il bisogno di una chiosa ufficiale che sancisse l’obiettivo di un lavoro così ben orchestrato: una sorta di “lieto fine” teatrale che sarebbe andato a chiudere il tutto aggiungendo quel poco tempo in più per fare la differenza.
Personalmente io credo che quella di Francesca ed Alessio sia stata una scelta.
Allestire uno spettacolo su Mozart, con musicisti veri, giovanissimi ed appassionati sul palco, raccontando aneddoti, confronti e battute passando da Wolfang a Fedez, da Salieri alla Tatangelo, così come dalla autorità artistica papale settecentesca alla Siae non era sinonimo di successo assicurato. La finestra che hanno pian piano aperto spostando le ante ha fatto sì che il pubblico fosse gradualmente spronato a ricercare il bello in musica (e non solo) ponendo contemporaneamente l’accento sull’eccessiva facilità con cui oggi si regala il titolo di “genio”, “genio assoluto” e “genio precoce”, parafrasando proprio le parole del sor Pinuccio.
È possibile che il duo creativo decida, nell’ambito delle repliche successive, di effettuare qualche modifica o di aggiustare il tiro in favore di un finale più stereotipato, tuttavia rimane il fatto che portare oggi Mozart in parole (e soprattutto in musica) a teatro, non all’opera! Affrontare quindi il grande pubblico fatto di giovani, giovanissimi, anziani; persone musicalmente preparate o totalmente a digiuno, beh… ci vuole coraggio, intrapendenza ed un pizzico di follia.
Tutto quanto è stato possibile grazie alla lungimiranza della Frizzi, alla capacità di sviluppo del Pinuccio nazionale e alla direzione teatrale di La Ginestra che, assieme a Karl Zinny ed alla sua The Beat Production, hanno dato fiducia al progetto. Mi preme rivelarvi i nomi dei giovanissimi musicisti che gentilmente hanno portato le atmosfere mozartiane al pubblico romano del Teatro Sette. Si fanno chiamare “String Theory” e stiamo parlando di talentuosi ragazzi intorno ai vent’anni… Lorenzo Oliviero al primo violino. Bendetto Oliva al secondo violino. Giovanni Mancini alla viola e Lorenzo Muscolino al violoncello.
Persone che amano il proprio lavoro, attori che ardono per le proprie passioni, ragazzi che studiano e suonano archi, che siano violini, viole o violoncelli. Insomma donne e uomini che vogliono coltivare i propri talenti restando comunque umili come il grande compositore viennese, che da umile ha lasciato questo mondo, seppellito nelle fosse comuni.
La frase emblematica, che può riassumere simpaticamente l’intero spettacolo è una parafrasi di Pinuccio stesso: quando vi sentite geniali o date superficialmente del genio a qualcuno ricordatevi sempre che è c’è stato anche Mozart.
A mio parere questo non è uno sminuire o uno sminuirsi, interpreto invece l’espressione come una sorta d’incitazione a cercare di essere sempre migliori di quanto crediamo magari senza eliminare un’ambizione di tipo sano, ma partendo comunque dal rimaniere con i piedi per terra.
“Mozart – per gli amici Wolfang”, Teatro Sette, via Benevento, 23. Roma
Dal 7 al 12 novembre
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