di Mariana Roca Cau
Al mio compleanno mi hanno regalato l’ultimo volume della trilogia di Marías e visto che non avevo i primi due volumi li ho comprati perché odio leggere le cose sovvertendone l’ordine. Avevo letto, tempo fa, un altro libro di Marías, Un cuore così bianco e mi era piaciuto. L’avevo letto in spagnolo e avevo dovuto concentrarmi perché era un po’ di tempo che non aprivo più un libro in spagnolo e quindi la mia attenzione era concentrata sulle parole molto di più che se non fosse stato in italiano. Ho iniziato quindi a leggere il primo volume della trilogia “Febbre e lancia”. E lo stesso obbligo a concentrarmi sulle parole mi si è ripresentato anche se stavolta il libro è in italiano. Diciamo subito che ci ho messo più di un mese, se non di più, inframmezzandone la lettura con altri libri che nel frattempo avevo comprato o mi erano stati regalati. Leggevo un po’ e poi abbandonavo, riprendevo e poi lasciavo. Eppure non riuscivo ad abbandonarlo definitivamente alla sua triste sorte di libro che non verrà mai più riaperto. Ho insistito e alla fine ce l’ho fatta. Ho anche iniziato il secondo volume che sta seguendo la stessa trafila: ne leggo un po’ poi lo lascio e lo riprendo, With or whitout, I can’t live, With or without you, parentesi rockettara, scusate, ma mi è venuta in mente questa canzone degli U2 che ben rappresenta questo rapporto conflittuale con il libro. Proprio come un rapporto d’amore tra due persone che si amano ma che non riescono a vivere insieme. Mi sono chiesta: ma perchè diamine non riesco a leggere un libro che mi piace? Perchè non riesco a lasciarlo definitivamente?
Semplicemente perché sono obbligata a pensare. Non è il solito libro usa e getta, o da parco, come li definisco io, quei libri cioè che servono a passare un paio di orette al parco mentre pascoli il tuo cane e quindi sei nella necessità di leggere qualcosa che ti faccia passare il tempo senza starci a pensare più di tanto. È un libro che ti costringe a riflettere, a rimuginare a ritornare sui tuoi passi. A rispolverare i tuoi studi linguistici, a riconoscere gli artifici retorici, tutte cose a cui non eri più abituato. Leggere e capire quello che stavi leggendo. Leggere ed elaborare un tuo pensiero, leggere e imparare. Questa in sintesi, estrema estrema, la trama del primo volume: week end oxfordiano di un ex professore universitario, spagnolo, a casa del suo anziano mentore, capo del suo dipartimento. Se volete sapere i dettagli leggete il libro, io più di questo non dico.
Molto spesso mi è capitato di leggere una quantità di libri, divorandoli in brevissimo tempo e che magari mi sono anche piaciuti, ma alla fine mi è sempre rimasta la sensazione di aver trascorso solo del tempo piacevole senza avere nient’altro in cambio. E proprio a questo ho pensato l’altra sera mentre discutevamo a cena, fra amici. Stavamo analizzando l’eloquenza di Nichi Vendola e la sua capacità oratoria. Nel panorama appiattito della politica italiana è comparso questo alieno che ha rivoluzionato il modo di esprimersi della politica e costretto così le persone ad ascoltare attentamente tutte le parole che pronuncia, a rifletterci sopra e, sorpresa! ad elaborare un proprio pensiero autonomo. Quando tutti si esprimono secondo un plot comune che neanche si azzardano a differenziare con un minimo scarto lessicale, arriva uno che dice cose strane, che rimanda a strani personaggi letterari e non, che ti fa risentire l’odore delle madeleines politiche e scopri che non sei più da solo a pensare le stesse cose. Ecco questo secondo me e la mia personale esperienza accomuna i due, Vendola e Marías. Nel mio caso sono stata costretta dopo tanto leggere a vuoto solo per trascorrere del tempo , a riprendere le redini del pensiero, che vagava spensierato, e condurlo attraverso dei sentieri più tortuosi e impervi e proprio per questo più stimolanti. E questo avviene anche quando si sente parlare Vendola, ovviamente se si è predisposti a prestare attenzione: ti costringe a seguire il suo ragionamento facendo attenzione alle parole che ridiventano portatrici di significato, e visto che non sei più abituato ad un vocabolario fatto solo di due parole, ti stimola ad andare a recuperare tutto quello che credevi che oramai fosse solo un vecchio arnese inutilizzabile: la capacità del cervello di ragionare con la propria forza senza essere imboccato. La voglia di continuare a leggere anche se fai una fatica immane perché non sei più abituato. La voglia di terminare la trilogia anche se già sai che non lo finirai in due orette. La sorpresa di riconoscere in quelle righe e in quelle parole te stesso.
Leave a Reply
Your email address will not be published. Required fields are marked (required)