Nascite, delusioni e tradimenti delle leggende nella nostra adolescenza. Tutti noi siamo il frutto del confronto con quegli anni. Giusto Monsieur Vialatte?

di Francesco Bordi

Quali sono i vostri frutti, cari lettori e compagni di tante riflessioni librarie? Quali sono i risultati del vostro percorso? Che esiti ha dato la vostra adolescenza? Non vi domanderò se siete soddisfatti delle strade che state percorrendo sin da piccoli, perché si tratta di quesiti troppo insidiosi, ma vi posso presentare gli sviluppi de I frutti del Congo di Monsieur Vialatte, che della vita adolescenziale sono non solo metafora, ma anche nitido e tangibile ricordo.

“Les fruits du Congo” sono, innanzitutto, un manifesto pubblicitario di prodotti alimentari d’importazione che fa bella mostra di sé in un piccolo centro della isolatissima regione francese dell’Alvernia (parliamo del Massiccio Centrale), tuttavia… possono circa trecentottanta pagine di romanzo concentrarsi su di un’affiche commerciale? Se vi chiamate Alexandre Vialatte, la risposta sta nel saper riconoscere la potenza del ricordo che avete di quel manifesto. «La négresse» che porta quei limoni dorati è assolutamente l’elemento che concentra e racchiude in sé l’adolescenza di un gruppo di studenti pieni di quei particolari sogni tipici dell’età.

Non si tratta solo della sintesi delle loro sensazioni, ma di un insieme più grande di miti che nascevano nella testa dei giovani di provincia del post-colonialismo francese.

Quella bellissima donna, di cartone, piena di fascino ma anche correlata di stereotipi e cliché tipici dell’epoca determinava il magnetismo dell’esotico per tutti gli adolescenti di un piccolo centro montano in cui pochi erano gli svaghi ma tanta la creatività che poteva sbocciare dietro ogni angolo delle strade, o vicino i laghi o ancora nelle case isolate. In una natura così bella ed imponente, ma non sufficiente a quei frementi occhi pubescenti, la miccia creativa dell’ “altro”, di un esterno lontano, poteva costituire un appiglio e fare la differenza. Ecco allora, quelle alture, i fiumi, gli isolotti lacustri come quelli fluviali, ed il sole al tramonto in una regione talmente remota da confinare quasi con il nulla, erano non più l’oggetto di interesse, divenivano piuttosto teatro di  qualcosa d'”altro”…

I frutti del Congo, infatti, ci mostrano esattamente come nascono i miti fra i gruppetti dei giovanissimi: le dinamiche collaudate, le loro leggende, la loro… scomodiamo anche l’uso dell’espressione “epica” . «Monsieur Panado», «Il club dei piaceri di Corea», le «ballate» cantate dal cieco agli angoli delle strade… Persone, luoghi, canzoni che si pongono a metà tra l’esistere ed il non esistere. A volte sono i FRUTTI della fantasia, altre volte sono reali ed altre volte ancora sono il risultato di modifiche di un qualcosa che esiste ma non piace, non basta… e quindi va cambiato. Se qualche elemento non “suonava” bene, si poteva sempre trasformare. Non è un caso infatti che a fine romanzo ci sia una sezione dedicata alle ballate del luogo dove le arie tipiche delle canzoni locali hanno lasciato spazio a testi riadattati perché concepiti su quanto l’autore ci ha raccontato. Grandiosa la scelta del linguaggio, tanto nella narrazione quanto nell’ambito delle ballate. Parole, allegorie e metafore che si impongono esattamente nel mezzo fra le fantasie fancilullesche e le descrizioni dall’oggettività ineluttabile. Forse la più grande delle caratteristiche di questa penna finalista Goncourt nel 1951.

L’opprimente piatta realtà in cui Frédéric (Fred), Théo, il piccolo Bonheur, Pied-Volage e gli altri giovanissimi sognatori si muovono trova in queste leggende gli appigli per andare avanti e sperare in un percorso migliore. Ma se poi la via intrapresa da ognuno di loro diventasse vittima di quelle stesse mitizzazioni? Se Dora, la ragazzina che tutti amano dal primo incontro in un contesto quasi fiabesco, fosse in realtà non la Principessa delle isole, ma il risultato, per non dire il FRUTTO, di una famiglia malata?

Tante le domande, tante leggende, le riflessioni ed i ricordi con cui l’autore ci investe ci solletica e ci affoga, così come tanta la malinconia e la disillusione non solo verso un’adolescenza di provincia, ma nei confronti di un’intera epoca che faceva dell’incipiente consumismo un falso mito. Una donna piena di colore e di luccichio che alimenta leggende, storie, personaggi e aspirazioni può davvero contribuire al cambiamento di un luogo rimasto uguale a se stesso negli anni? Un luogo che ha abituato a soffocare ogni velleità di novità tanto da arrivare a produrre due omicidi tra i FRUTTI della propria terra.

Sta a voi, lettori inarrestabili, scoprire la natura di tutti i frutti di questo libro.

A metà tra fiaba malinconica e il romanzo di formazione questo titolo del poliedrico Vialatte ci offre una variegatissima panoramica di digressioni e sensazioni che ognuno di noi ha di certo provato nel corso della propria vita. Potentissima, in questo senso, e quasi proustiana la rievocazione degli aneddoti a cui TUTTI NOI davamo vita da piccoli. Il vecchio ed il nuovo che si mescolavano nei racconti. Un personaggio inventato coralmente che diventava assolutamente onnipotente e poteva autorizzare e legittimare qualunque frase o azione compiuta in sua “presenza”. Un uomo della comunità che diventata cattivo, per decisione del gruppo, sarebbe rimasto tale per sempre.

Molteplici i richiami ai romanzi di formazione ed ai racconti con ragazzi per protagonisti, ma non pensate solo al nostro De Amicis, eccessivamente istituzionale nel confronto, o al popolare Dickens con la sua celeberrima cupezza d’animo profusa, a prescindere, nei suoi eroi di strada. I frutti del Congo mescolano l’epica giovanile e relativa esaltazione, con la conseguente disillusione e caduta del mito. Nella primissima parte del romanzo le giovanissime caratterizzazioni arrivano addirittura a ricordarci pellicole storiche come quelle dei Goonies o addirittura l’approccio alla vita di Peter Pan che si attacca con le unghie e con i denti alla sua gioventù. Tuttavia è la risultante che ne consegue a cambiare le nostre riflessioni portandoci, nella memoria, verso quelle inquietudini che renderanno poi necessaria la psicoanalisi freudiana, silenziosa dominatante dell’epoca contemporanea.

Cosa rimane, quindi, del crudo racconto dei Frutti del Congo? Che fine ha fatto tutto l’esotico africano (ma anche asiatico, soprattutto all’inizio) di cui si sono abbeverati i protagonisti? Che ne è stato delle loro vite?

Ognuno sceglie che tipo di “bambino grande” vuole essere. Ognuno sceglie se arrendersi alle necessità della vita che ha intrapreso, o se avere la forza di proseguire quel mito iniziato da giovanissimo nonostante le delusioni, a prescindere da dove possa condurre la scelta…

Il celebratissimo Vialatte ci ha offerto la sua visione del mondo il cui l’aspetto più importante è di fatto il confronto. Nel suo lavoro i figli si confrontano con le famiglie, le vite adolescenziali vengono paragonate con le vite degli adulti, il folklore viene raffrontato con l’esotico. Nel romanzo di Monsieur Alexandre, in sostanza, i frutti vengono paragonati con i frutti, solo così è possibile scegliere quali sono i migliori per noi.  Alla luce del confronto, i nostri occhi di oggi possono avere lo stesso luccichio di quelli che si sono subito innamorati di una bambina incontrata sull’«Isola  di Mandibola», proprio sulla soglia della «Porta del Vento»?

La riflessione è tutta nostra, ma mentre meditate, godetevi lo sguardo intenso e penetrante della donna sulla copertina realizzata da Matteo Ruffo assieme ai ragazzacci di Prehistorica Editore.

Buona, sincera, lettura di noi stessi e dei frutti della nostra leggendaria adolescenza.

 

 

I frutti del Congo, di Alexandre Vialatte, Valeggio sul Mincio, Prehistorica Editore, 2024.

Titolo originale: Les fruits du Congo 

Foto rielaborata della copertina da Francesco Bordi © tutti i diritti riservati 

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked (required)

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>