di Fabio Migneco
Se ancora non l’avevate capito, ebbene sì, Clooney non è solo glamour e gossip, pubblicità e red carpet, ma anche e soprattutto un uomo di cinema a 360 gradi, capace di mettersi sempre in gioco con progetti di spessore di tutto rispetto che dimostrano fino in fondo quanto valga.
Per la quarta volta dietro la macchina da presa (dopo i magnifici Confessioni di una mente pericolosa, Good Night and Good Luck e il più accessibile ma non meno riuscito In Amore niente regole), George Clooney sceglie di parlare di politica, intrighi e potere, partendo dallo spettacolo teatrale Farragut North e arrivando a mettere in scena un pamphlet vigoroso e credibilissimo, che dice due o tre cose di rilievo sulla politica statunitense e, di riflesso, mondiale. Lo fa con grande eleganza e sobrietà, con quello stesso stile e carisma che gli è proprio e che trasuda da ogni suo gesto, ma anche con quell’intelligenza e quella lucidità che in molti continuano a sottovalutare o addirittura a non attribuirgli proprio. Lo si vede anche dal fatto che, ancora una volta è sì tra gli interpreti, cosa che senza dubbio aiuta a far vendere il film, ma in maniera defilata, praticamente un non protagonista, regista che lascia spazio ai suoi attori. E ne ha scelti di magnifici, praticamente il meglio del cinema indipendente americano, dall’ormai emerso (questo appena passato è stato il suo anno) Ryan Gosling, alle certezze Philip Seymour Hoffman e Marisa Tomei, la giovane Evan Rachel Wood qui capro espiatorio dell’intero castello di nefandezze, fino al solito immenso Paul Giamatti che con un paio di scene si mangia tutti gli altri a colazione, con fare tra il machiavellico e il luciferino. Regia misurata e classica, per un film che si segue tutto d’un fiato e che appassiona non poco chi lo vede. Buon cinema contemporaneo che guarda alla gloriosa Hollywood dei ’70 che furono, sperando che qualcuno lo segui nel solco tracciato, smettendola di produrre solo blockbuster, sequel, remake e reboot e tutte queste belle parole che spesso nascondono una pochezza generale di idee.
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