Laura Silvia Battaglia. La scelta di giocare il ruolo del battitore libero nel giornalismo

di Ornella Rota

(Giuseppe Biancofiore – Photographer © tutti i diritti riservati)OTRANTO. Laura Silvia Battaglia ovvero come essere giornalista oggi/domani: battitore libero, poliglotta, multimediale, esperto in determinate aree e/o temi.

Specialista in questioni mediorientali, Laura ha appena firmato con “Transterra media”, agenzia internazionale di servizi giornalistici soprattutto video, sede principale in Ohio, regionale a Beirut: a partire dall’autunno, vivrà sei mesi nel nostro Paese e gli altri tra Iraq e Yemen, scegliendo i temi da approfondire. L’assunzione del nuovo impegno coincide con il 5° Concorso Internazionale “Giornalisti del Mediterraneo” (7 settembre, Otranto), del quale Laura è vincitrice assoluta con il documentario Le donne di Abramo, dedicato alle irachene e trasmesso da “Agenda del Mondo” (TG3 Rai).

In precedenza, aveva girato Unknown Iraq e Al Hurria, l’altra faccia della libertà. In Libano, Israele, Gaza, Afghanistan, Kosovo, Serbia, Egitto, Libia, Iraq, Iran, Giordania, Qatar, Laura ha curato servizi per la carta stampata (Guernica. A magazine of Arts&Politics; Avvenire), per la TV e la radio (Rai News 24; Rai3-Agenda del Mondo; Radio popolare), per il web (Assaman.info, Lettera 43, Qcode; Independnews)

Ragioni, vantaggi e svantaggi di un free lance.

“Intanto, il contratto di consulenza con l’Università Cattolica di Milano, come tutor del master in giornalismo, mi consente _ oltre che di proporre ai ragazzi la mia esperienza e il mio entusiasmo _ una base di guadagno solida e i mesi estivi liberi. Poi, non ho obblighi di esclusiva e trovo stimolante dividermi su diversi media. Infine, non faccio parte di cordate redazionali, di lobby, di gruppi ecclesiali, di partiti politici; anzi mi indigno e non sto zitta a di fronte a persone che fanno male il nostro mestiere e ne tradiscono i principi.

Da noi, i battitori liberi sono utilizzati solamente se indispensabili oltre che professionalmente impeccabili. Tutte le spese essendo completamente a proprio carico, può capitare di faticare ad arrivare a fine mese. Ma è una realtà molto italiana. I freelance americani, inglesi, tedeschi e arabi non hanno, tendenzialmente, i medesimi problemi; vengono retribuiti decisamente meglio e sono trattati non da questuanti bensì da professionisti”

Perché il Medioriente?

“A 18 anni ho fatto il mio primo viaggio a Istanbul e ho capito che casa mia è laddove Oriente e Occidente si incontrano, dove la cristianità ha convissuto, in modi più o meno complessi, con l’Islam. Quella città è sintesi di entrambe le culture e lì vorrei riposare per sempre quando morirò. C’è anche una spiegazione razionale. Sono laureata in lettere antiche, mio padre è un cultore di archeologia cristiana e bizantina, conosce benissimo le principali religioni monoteiste, è profondamente cattolico ma di grandi vedute e grande umanità. Mia madre _ curiosa e aperta al mondo sconosciuto _ ha antenati tunisini, non so in quali generazioni.

Sotto il profilo umano, per me il Medioriente significa il senso della famiglia allargata che noi abbiamo perso, la consapevolezza che un giorno di vita in più è un dono di dio, la pazienza nell’attesa di un domani migliore, la capacità di condividere tutto nella povertà, la complicità tra donne, la responsabilità dei giovani uomini che si prendono cura di una famiglia, i sorrisi e le risate anche con la morte dietro l’angolo. Non c’è tempo per il male di vivere, qui. Chi si lascia andare soccombe”.


Tu sei bilingue italiano/inglese, parli arabo e farsi. Hai trascorso l’estate a Sanaa per perfezionare il tuo arabo. Impressioni sullo Yemen?

Secondo me è l’unico paese ancora genuinamente arabo. Niente supermarket, grandi centri commerciali, petrolio, gas. Pochissimi parlano inglese. Gli yemeniti sono molto gentili e ospitali. Non posso negare che al sud ci siano gruppi qaedisti, ma lo Yemen non è la bestia nera che viene per lo più dipinta.

Hai anche un diploma di massimo livello in pianoforte, conseguito all’Accademia di Messina. Appartiene definitivamente al passato?

 

Sì, anche se un mio amico musicista e cantautore, Pierpaolo Lauriola, pensa a un disco sulla guerra con miei testi. La mia vita è altrove, ma editando un documentario per prima cosa scelgo la musica e su quella monto le sequenze di immagini, lasciandomi guidare dal ritmo”.

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