Le favole sono spesso incantante, così come i racconti.
I boschi, anche loro, sovente sono incantanti… Per non parlare poi delle donne, delle principesse e delle creature di molte novelle che hanno frequentemente attributi come “incantevoli” o per meglio dire sono così dotate d'”icanto” da lasciare i loro improvvisati spettatori quasi… “incantati”.
Perché dunque al cospetto di una così consolidata tradizione dovremmo leggere delle “Novelle disincantate”?
La motivazione risiede nel fatto che noi lettori non ci troviamo effettivamente a seguire le vicende dei personaggi usciti dalla mente di Monsieur Jacques Bens, ma ci limitiamo semplicemente ad aprire una piccola finestra sui loro contesti di vita che risultano davvero sorprendenti nella loro ingenua semplicità.
Le tredici storie targate Racconti Edizioni sono dunque uno spaccato della vita di donne e uomini piuttosto genuini della Francia moderna (ma non troppo) in cui la provincia, o meglio il provincialismo, è lo scenario privilegiato di dinamiche guidate spesso e volentieri dall’assurdo e dal nonsense.
Monsieur Barthélémy, pescivendolo, si trova a scoprire il moto perpetuo, ma decide di non farne un evento degno di particolare attenzione, magari basta solamente ricavarci qualche soldo. Un evaso di prigione si ritrova improvvisamente all’interno di un convento: precisamente nella stanza di una “sorella” distesa sul letto in camicia da notte leggermente sollevata. Tuttavia tra Le Goff e l’ultima ospite della stuttura eccelesiastica non accade nulla di ciò che il malizioso lettore potrebbe ipotizzare, così come non fa capolino alcun convolgimento amoroso fra un uomo ed una giovane donna, entrambi con la macchina in panne, che dopo essersi conosciuti in una libreria si ritrovano a condividere un bizarro destino all’interno di una casa abbandonata. E chi dire poi del “Mago del ventesimo arrondissement”? Sa di essere un ciarlatano così come ne è consapevole la sua cliente dal momento che è lo stesso sedicente divinatore ad aver confessato la verità. Ciononostante il maestro Samba Diouf riesce ugualmente a rendere soddisaftta la signorina Lefèvre proprio grazie a sincerità, affabilità ed un sano savoir-faire.
Le storie di Jacques Bens non ricercano il colpo di scena finale, fatta eccezione per una novella scpecifica. L’intreccio è quasi del tutto assente. Regnano le dinamiche uomo-donna, quasi sempre inconcludenti e l’ironia che spunta fuori dai dialoghi nel testo così come inaspettati aghi di pino che si fanno sentire all’improvviso tra le vesti quando ci si sdraia su un prato. Fil rouge della raccolta è proprio quell’atmosfera che raggruppa all’interno dello stesso insieme differenti elementi presi dall’assurdo dal fantastico dall’insensato e del grottesco in cui si muovono personaggi molto pratici, senza grandissime ambizioni, che sorprendono per la loro esasperata esigenza calcolatrice.
Probabilmente non tutte le “Nouvelles désenchantées” lasceranno un segno in coloro che sfoglieranno le loro pagine. Lo stile di uno dei membri della “Patafisica”, nonché fondatore della “Ouvroir de littérature potentielle”, non è congeniale a tutti. Forse più di un fruitore della raccolta potrebbe lamentare un mancato coinvolgimento nella tatolità dei racconti.
Sta di fatto che queste vicende prive d’incanto, che la Racconti Edizioni ci ha proposto, non possono fare a meno di stimolare la nostra riflessione, non tanto per dei potenziali messaggi reconditi o per lo stile inusuale, bensì per un dato oggettivo: ciò che ci fa rimuginare dopo aver letto l’utima parola di un qualunque racconto di Monsieur Bens è proprio quell’inconcepibile semplicità, allarmanete ed al contempo disarmante.
L’artificio, in quel contesto, ci avrebbe lasciato poco più che indifferenti, la sua genuinità invece non può che lasciarci inaspettatamente basiti.
Forse è proprio questo il coup de théâtre di Jacque Bens.
Jacques Bens
“Novelle disincantate”
Roma, Racconti Edizioni, 2018.
Titolo originale: “Nouvelles désenchantées”
Foto di Francesco Bordi ©
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