di Ornella Rota
ROMA. Che bella la generazione 2000! Ragazzi che percorrono e respirano le strade del mondo, vivono le sue diversità, non ne hanno paura.
La Turkish Youth Philharmonic Orchestra, fondazione indipendente creata nel 2007 a Istanbul dal direttore Cem Mansur, è composta di un centinaio di musicisti _ e sempre più ragazze _ fra i 16 e i 22 anni. La loro casa è la Turchia e l’Europa. Sono sciolti, sorridenti, “veri”, vestono i colori dei giovani del mondo, e scialli scarpe da ginnastica jeans perline minigonne pantaloni zainetti gonne lunghe. Parlano guardandoti diritto in faccia, a proprio agio nei templi della grande musica come nei mercatini delle località di cui sono ospiti e nei ricevimenti che varie ambasciate turche (com’è stato a Roma) offrono in occasione dei loro debutti. Suonano in festival, teatri, sale da concerto, sovente accompagnando nomi celebri quali Salvatore Accardo, Murray Perahia, Natalia Gutman; nella tournée più recente (in programma l’ouverture dal Guglielmo Tell di Rossini, la Sinfonia n. 1 di Brahms, il Concerto per violino e orchestra di Beethoven) c’era Shlomo Mintz.
Il funzionamento di un’orchestra richiama il paradigma della democrazia, racconta Cem Mansur, perché esige la coesistenza, anzi il fertile interagire, di suoni diversi, in apparenza estranei, ma che possono anzi debbono integrarsi fra loro. Una dinamica essenziale soprattutto nella nostra epoca che è, e sempre più tende a essere, naturalmente e vorticosamente plurale. In orchestra e in democrazia devi imparare ad ascoltare con attenzione, a rispettare te stesso e i tuoi compagni, a essere responsabile, a riconoscere una guida. Negli ultimi decenni poi, la relazione tra direttore e musicisti è diventata molto simile a quella fra un leader e il suo gruppo: nel senso che non esistono più i ‘dittatori’ tipo Toscanini. O almeno non dovrebbero.
Ma il rapporto tra Orchestra-Democrazia non si limita a pur fondamentali similitudini di funzionamento. Da sempre Mansur organizza corsi, seminari e laboratori che richiamano le potenzialità sociali della musica e ammoniscono ad abbattere steccati. Esemplari il titolo “La libertà suona bene” per una serie di incontri, e il progetto “La musica che unisce”, al cui interno è sorta la Turkish Armenian Youth Orchestra.
Nato a Istanbul nel 1957, Cem Mansur ha studiato musica a Londra e a Los Angeles con Leonard Bernstein; è stato per alcuni anni direttore della Istanbul State Opera, ha diretto orchestre (non soltanto) di tutt’Europa impegnate in concerti sinfonici e opere liriche. La Turkish Youth Philharmonic Orchestra _ il cui organico si modifica di anno in anno, acquisendo i migliori diplomati nei tredici Conservatori del Paese _ si è esibita in sedi prestigiose fra cui il Konzerthaus di Vienna e Santa Cecilia di Roma, è stata invitata alla Brucknerfest di Linz, ha tenuti concerti a L’Aia e Amsterdam in occasione dei quattro secoli di relazioni diplomatiche tra i Paesi Bassi e la Turchia.
Purtroppo, in Turchia come altrove, prosegue il Maestro, la musica classica sovente viene tuttora percepita quale scelta elitaria. La sua cifra, invece, sta proprio nell’essere universale, chiunque la suoni può sentirla propria; per questo dobbiamo impegnarci al massimo nel diffonderla, nel cercare di condividerla. Ogni musica è, evidentemente, espressione della civiltà dove viene creata; questa è sorta nei luoghi dell’Illuminismo, di Voltaire, delle grandi scoperte scientifiche. E’ la musica della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Sono questi i valori in cui noi crediamo, e che proponiamo.
Che poi gli osservanti religiosi non soltanto musulmani vedano con diffidenza i valori dell’Illuminismo, è un dato di fatto. Ma, almeno finora, la Turkish Youth Philharmonic Orchestra non ha avuto particolari problemi. Soltanto una volta, tempo fa, durante un concerto nel primo cortile di Topkapi, ricorda Mansur, avendo previsto un minimo di rinfresco durante l’intervallo, un giornale conservatore si indignò perché mai si sarebbe dovuto pensare di poter bere vino “nel sacro luogo da cui partivano gli Ottomani con la spada del Profeta”. Un episodio isolato, finito lì. Almeno finora.
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