di Fabio Migneco
Uno dei grandi vecchi del cinema americano contemporaneo torna alla regia e lo fa con un magistrale thriller politico vecchio stampo, di quelli che nei gloriosi seventies interpretava con maestria e che ora è rimasto uno dei pochi a realizzare. C’è l’eco di gente come Pollack, Cassavetes, Pakula nelle pieghe di questo nuovo lungometraggio di Redford, ancora una volta ottimo e convincente protagonista oltre che regista. Contornato per di più da un cast eccezionale, da Julie Christie a Sam Elliott, da Brendan Gleeson a Terrence Howard, fino a Stanley Tucci, Susan Sarandon, Chris Cooper e, soprattutto, Richard Jenkins e un Nick Nolte una volta di più straordinario. Shia LaBeouf e Anna Kendrick sono le giovani leve ed escono a testa alta, in quello che è anche un confronto tra due modi diversi di vedere il mondo e il cinema. Dietro la patina del genere riecheggiano le storie più o meno vere di un passato che non è mai fino in fondo sepolto e i messaggi che Redford lancia sono quelli di un’etica e di alcuni valori per i quali non si dovrebbe mai smettere di lottare. Oltre al tema della ricerca della verità, con la figura del giovane reporter che è spinto dal farsi le domande giuste, che lo portano a guardare il mondo con altri occhi. La regia di Redford è un’ode al cinema classico e al tempo stesso è modernissima, come altri grandi vecchi del cinema sembra voler dire che non è ancora finita, che per il momento non ci sono eredi all’orizzonte, ma altre storie da raccontare nel proprio inconfondibile modo. Quando si riesce a coniugare il proprio glorioso passato (il cinema liberal anni ’70 appunto) con il presente risultando assolutamente competitivi non si fa altro che guardare al futuro. Gli e ci auguriamo altre pellicole di questo livello, davanti e dietro la macchina da presa.
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