La Pietà di Nicola Piovani

di Claudio Consoli

(immagine da http://www.proveperunsito.it/commedie/pieta.htm)Quest’opera del maestro Nicola Piovani è una rivisitazione moderna di quello “Stabat Mater” che in forma di preghiera o sequenza cattolica viene fatto addirittura risalire a Iacopone da Todi nel XIII secolo e che è stato tradotto in musica da qualche centinaio di artisti, compositori e musicisti fra i quali non si può non nominare Salieri, Vivaldi, Donizetti, Rossini, Pergolesi o Verdi. In questa sua incarnazione contemporanea guadagna la voce del grande Gigi Proietti, che in qualità di narratore dei testi scritti da Vincenzo Cerami affianca le due voci femminili presenti nelle classiche versioni dello “Stabat”, duo composto per l’occasione da Rita Cammarano e Amii Stewart.

Vista l’impressionante sequenza di geni della musica che si sono cimentati nella scrittura di una loro versione dell’opera, mi viene spontaneo chiedermi se il mio illustre concittadino Piovani sia stato colto, al momento di iniziare quest’impresa, da un lieve brivido di timore misto a riverenza anche lontanamente paragonabile a quello che è corso lungo la mia schiena quando il mio audace direttore mi ha chiesto di scrivere di quest’opera: “Piovani? Cerami? Proietti? Ed io dovrei recensire, giudicare ed eventualmente criticare il lavoro di artisti di questo calibro?” . Più o meno questa è stata la mia reazione all’incarico ma la bicicletta l’ho voluta io ed ora mi tocca pedalare, altrimenti che recensore sarei?

Partiamo da ciò che, nella versione di Piovani, si distacca dalle produzioni classiche: innanzitutto ai versi latini del religioso e poeta medievale, o alla loro(immagine da http://www.tuttobenigni.it/special/nicolapiovani.asp) traduzione in italiano, si affiancano testi originali scritti da Vincenzo Cerami, recitati da voce narrante e cantati dalle due artiste suddette, che ci raccontano due passioni moderne, diverse e distanti geograficamente fra loro.

Due madri divise da terra e mare, da diverse culture e stili di canto, una madre bianca che con voce di soprano ci fa partecipi del dolore di una donna che apprende della morte per overdose del proprio figlio in una città del nostro occidente opulento e frenetico ed una madre nera che nell’Africa, continente simbolo dell’iniquità del nostro mondo globalizzato e contrappasso ideologico del nostro vivere insensibile dei costi del nostro benessere, vede perire di stenti il proprio bambino.

In una narrazione circolare che comincia e finisce con i versi classici dello “stabat mater” queste due figure sofferenti e pietose vengono prima introdotte dalla descrizione della pietà e sofferenza di Maria, simbolo cristiano di tutte le madri che furono e saranno, per poi essere riabbracciate nel sesto atto, nel quale spiccano finalmente i versi classici latini, dalla forza e l’abnegazione che solo la madre del Cristo ci può insegnare nella contemplazione dell’ineluttabile e necessario sacrificio del suo figliolo, che attraverso la sua passione, la crocefissione e la successiva resurrezione trascende la sua forma umana e ci regala ed insegna, proprio insieme all’esempio di quella madre così speciale, il valore della morte, la vita, la sofferenza e la redenzione.

Ad un primo ascolto la recitazione di Proietti non mi è sembrata eccessivamente convinta nelle parti tratte dai versi classici, forse a causa di un tema che per il bravissimo artista romano, seppur mattatore di molteplici forme di spettacolo ed arte, non rientra esattamente nelle sue corde o forse, più probabilmente, perché la mia fruizione della sua performance si è limitata al solo ascolto dell’opera, mancando quindi della partecipazione visiva alla sua mimica facciale e fisica; inoltre potrebbe essere stata proprio una scelta quella di rendere, in un certo qual modo cantilenante, salmodiante, la lettura di un testo che in fondo rimane una preghiera ed un lamento. Dopo ripetuti ascolti poi non ho potuto non apprezzare come l’attore sia riuscito a non sovraccaricare la sua lettura dei testi, anche nelle parti più drammatiche, rimanendo quindi in un giusto e bilanciato ruolo di narrazione che non ruba la scena alle due voci ed alla musica.

(immagine da http://www.studenti.it/napoli/universita/vincenzo-cerami-federico-secondo-4-dicembre.php)La prova delle due cantanti è solida e appassionata seppur in alcuni momenti, magari più per scelte compositive che interpretative, alcuni passaggi risultano forse un po’ insistiti, impressione che ho ricavato anche a livello compositivo in alcuni frangenti anche se, proprio su questo piano, l’intera opera presenta una grande e pregevole coerenza interna a dispetto dei vari inserti moderni che il compositore romano ha giustamente e coraggiosamente inserito sul canovaccio classico.

Tra le due performance, quella del soprano italiano si lascia preferire per pulizia e puntualità che traspare omogeneamente in tutta l’opera, mentre la sua controparte americana che per la prima volta qui si trovava alle prese con un testo completamente in lingua italiana, seppur viva ormai da anni nel nostro paese, risulta più altalenante nell’incisività della sua prova, con un cantato che risulta molto efficace nelle tonalità più alte ma non abbastanza potente e graffiante nelle parti che, a mio avviso, avrebbero richiesto una timbrica più bassa ed una resa più fisica.

Mi è piaciuto molto invece come durante la narrazione musicale Piovani abbia usato a volte il suono, più che la melodia, per sottolineare gli stati d’animo o momenti particolari della storia, in un modo d’intendere la composizione molto cinematografico che non può che ricordare all’ascoltatore la consistente parte di carriera che l’artista ha dedicato alla composizione di colonne sonore; forse proprio guidato da questa impressione mi è dunque sembrato qua e là di cogliere echi del caratteristico gusto di Piovani o comunque melodie e arie cinematografiche riconducibili allo stile ed alle sonorità delle sue opere più note e acclamate, come ad esempio all’inizio del II atto o durante il coinvolgente e complesso III atto che rappresenta per me laparte musicalmente più interessante dell’intera opera, con i testi e la sarabanda sonora che si amalgamano alla perfezione con la narrazione realizzando un notevole climax.

Questa rilettura e riscrittura ad opera del duo Piovani/Cerami di un classico così ampiamente trattato e omaggiato da grandi predecessori, merita indubbiamente rispetto e plauso, oltre che per l’alto valore artistico complessivo, perché ha avuto il coraggio di accostare una chiave sociale, in un certo qual modo quasi politica, ad un opera di origine religiosa fra le più amate, riuscendo a non stravolgerne la componente sacra e spirituale ma anzi a sottolinearne ancor di più il messaggio e gli insegnamenti proprio racchiudendo al suo interno le vicende molto attuali di due madri dei nostri giorni; in tema di scelte se non addirittura coraggiose almeno non scontate, mi piace ricordare come i due amici e artisti abbiano portato la loro opera a Roma proprio nel corso del 2000 anno dell’ultimo giubileo.

Il loro dolore ed il loro amore pur lontani fra loro geograficamente e cronologicamente distanti da quello di Maria, sono in realtà eterni e vicini ad esso nella forza del loro insegnamento in quanto richiamano chi ne partecipa alla riflessione ed alla necessità di riportare al centro delle nostre esistenze valori più ancestrali, profondi ed immutabili che travalicano epoche, sistemi sociali e confini terreni quali appunto la pietà, l’amore ed il senso di sacrificio che veramente potrebbero portare nel mondo una carica rivoluzionaria più potente ed efficace di qualsiasi movimento politico, o teoria economica, com’era al tempo in cui Gesù scacciava i mercanti dal tempio così come al giorno d’oggi, nella nostra società angosciante ed angosciata da crisi di valori e crisi economiche e bombardata da incomprensibili mantra a base di numeri, percentuali e complicate alchimie d’alta finanza.

Per ulteriori info sull’opera: http://www.nicolapiovani.it/it/opera/381/la-pieta.html

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked (required)

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>