di Francesco Bordi
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Un’altra volta… L’avevo giurato. Avevo giurato che non sarebbe mai più accaduto…
Li vedo danzare. Omini rossicci. Ora spessi, ora appena accennati su quel bianco luminoso. Il mio amico non mi giudica! Io lo faccio divertire. Sono io che gli do i personaggi per lo show, che faccio partire la festa! Ballano e ridono. Anche io festeggio, poi però mi sento stanca e devo riposare. Devo stare un po’ tranquilla…“Lara. Alzati ti prego! Lara!”. La voce di Ivan mi infastidisce. Interrompe le mie feste, il mio dolce torpore. Anche se a dir il vero, arriva sempre a festa già finita. Sono io che non lo invito. Voglio che siamo solo io & il mio amico di ceramica. Senza Ivan a guastarci i piani: “Lara! Basta cazzo! Non voglio raccattarti ogni giorno al cesso. Fermati!”. Poi piangendo e cingendomi le spalle: “Ti prego. Ti prego.
Ti prego…Lui non capisce la danza che balliamo io ed il mio amico. “È una danza malata”, dice. Dormo…
Wow! Al risveglio un sole caldo mi illumina la pelle pallida: “Che bello, mi si sentono le ossa. Mi si vedono!”. A volte le faccio toccare ad Ivan, ma lui urla “Che schifo!”. Non capisce un cazzo. Quel pesante è già uscito con lo stupido computer. Vestitino attillatissimo ed esco di casa per andare al lavoro. La gente per strada si gira, finalmente mi guarda per il portamento, per l’eleganza, per il mio essere fine. Vedo la vetrina di un giocattolaio. Un accessorio per le bambole è decorato con dei pupazzetti. Hanno la stessa forma un po’ irregolare degli omini che creo io la notte sullo spartito bianco. Le mie note di festa scivolano danzando sul pentagramma di ceramica. Hanno quelle forme
Forme Forme Forme… I pupazzi escono dal negozio e sotto braccio mi accompagnano al lavoro. Si siedono accanto; io inserisco i dati nel PC e loro mi fanno i dispetti, giocano con le mie labbra. Che carini!J
Pausa pranzo: “Ohi, mangiamo?”. “Più tardi”, mi dicono loro, “quando saremo soli”.
Le ore non sembrano passare mai, ma finalmente ecco le 19:30. Corro fuori dall’ufficio. Non mi saluta nessuno. Io non saluto mai nessuno. I miei amici vanno avanti. “Ti aspettiamo a casa, Laruccia, a dopo Piccola!”. Tornando entro da una parte all’angolo di “Via Qualunque” e riesco con tre buste piene. “Stasera si fa festa!”. Tanto Ivan torna tardi. Pizzette, wurstel e maionese, rustici verdure e carne. Una veloce pasta alle melanzane, un carpaccio al vino. Poi, alla rinfusa: patatine, salatini, panini al latte. Polpette di pollo, cordonbleu, fontina su cracker, sushi già pronti e che non te la mangi mezza Chantilly? Poi… Si dà inizio alla danza.
Eccoli prendere vita su quell’unica paginona bianca. Sono rossicci, i capelli che colano, i vestiti che scivolano. Mi sorridono, ballano con me. Mi indicano [punisciti Lara. Punisciti! Hai mangiato. Diventerai un’obesona. Punisciti]. Rumori dalla gola, dallo stomaco. Non sento altro. Sono cattivi! No! Sono buoni. Mi capiscono. Abbiamo anche giocato al lavoro! [Punisciti! Sei stata incosciente. Vomita tutto. Ancora! Butta fuori tutto: te stessa, le patatine, le tua angosce, la carne, i tuoi fallimenti. Liberati! Liberati di te stessa. Poni fine alle tue sofferenze! Vomita! Vomita!Vomita! TUM TUM! TUM TUM! TUM TUM! Ora solo i battiti del cuore nelle orecchie! Mi gira la testa. Ma devo continuare. Devo…
– “..ra! ..ara! Laraaa! Basta! Tira fuori la testa da questo cazzo di cesso!”. Sento confusione…
– “Lasciami. Vattene via”.
– “Perché”, piangendo e urlando, “Perché? Ti ho portato per i capelli dai dottori e sei sempre scappata! Così morirai. Io non ce la faccio a vederti così! Non voglio guardare mentre ti rovini, ci rovini, la vita”.
– Io, piangendo: “Zitto. Sei colpevole quanto me. Per tre anni mi hai sentito star male e hai fatto finta di nulla. Sei mio complice!”
– “Non ti permettere! Mi dicevi che ti sentivi male. Che avevi delle «gravi intolleranze». Che il dottore imputava i conati allo stress. Io mi fidavo. Non potevo concepire che la mia ragazza mi mentisse. Che mi prendesse per il culo mentre si distruggeva!”.
– “È la tua punizione Ivan. Per aver scelto la ragazza sbagliata. Sarà così per sempre! Perciò lasciami sola e vattene, salvati almeno tu!”. I singhiozzi si mischiano alle lacrime ed ai conati di vomito.
– “Ah Sì. Bene. Se è così, vorrà dire che ci puniremo insieme”.
Ivan si ficca con violenza due dita in gola, ripetutamente. E vomita, vomita e vomita. Non ha nulla nello stomaco e quindi tutto ciò che butta fuori sono succhi gastrici, roba verde e ben presto sangue, tanto sangue. Mi butto su di lui per fermarlo, ma sono troppo debole e cado per terra quasi da sola. Ivan continua. Sembra un automa. Spinge e butta fuori. Va avanti per mezz’ora, al ritmo dei suoi rumori e dei miei pianti: Bluah! Bbluahh!! Bbbbluaaahhh!!!
– “Basta! Basta! Basta! Ti prego. Va bene. Ci proverò. Te lo giuro. Ci proverò! Ti prego. Fermati!”.
Tre giorni dopo. Ivan: “Sì. Ecco… Lara, anzi no. Noi, davvero. Vogliamo guarire”. Lara: “Sì esatto dottoressa. Non voglio più danzare con il mio amico di ceramica”.
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