di Massimiliano Franchi
Quando nel 1995, da poco tenero e molto rozzo 17enne, i miei timpani scoprirono quel sound roboante come un pugno allo stomaco, simile ad un blues saturo di bassi e distorsioni e sotto effetto di peyote, la mia testa rimase entusiasmata e sconvolta allo stesso tempo, anche perché scoprii subito che la band artefice di quel mix letale, i Kyuss, si era anche appena sciolta.
Da un paio di anni, il cantante di quel quartetto, John Garcia, ha deciso di riproporre proprio quel sound e ha dunque chiamato il batterista Brant Bjork e il bassista Nick Olivieri, membri storici della formazione originaria, per riportare in vita la band in giro per il mondo: unici cambi sono stati l’aggiunta di “Lives!” al nome originale e l’assenza dello storico chitarrista e co-fondatore Josh Homme, ormai troppo impegnato con la vita da rockstar affermata per girare per piccoli e medi club con un repertorio di quasi 20 anni fa, ma prontissimo a denunciare gli ex-compagni immediatamente per “violazione di marchio e frode al consumatore”. A sostituirlo ora c’è Bruno Fevery, semi-sconosciuto chitarrista belga e vecchio fan di Garcia.
Ma da pochi mesi anche Nick Olivieri ha lasciato la band per incomprensioni con il cantante ed al suo posto è subentrato Billy Cordell, già negli Unida con Garcia e attualmente anche militante negli Yawning Man.
Dunque con questo quartetto, a metà tra l’originaria line-up e nuovi amici, i Kyuss Lives! si presentano all’Orion di Ciampino: Brant Bjork si siede dietro le pelli con bandana in testa a fermare i lunghissimi capelli ricci e baffoni a manubrio da hippy anni ’60, mentre un John Garcia appesantito dagli anni viene acclamato dal pubblico e subito si fa sentire con la sua voce roca e squillante.
Il repertorio è tratto dagli ultimi tre lavori della band, tralasciando i primi due album, quindi con riferimento al loro periodo 1992-1995: già con l’iniziale Hurricane non si capisce se il locale trema per il passaggio degli ultimi voli della giornata o per il poderoso volume degli amplificatori, mentre il resto della serata è composta da un’alternarsi di sfuriate rabbiose (Gardenia, Supa Scoopa & Mighty Scoop, Thumb, Spaceship Landing), veloci e violenti attacchi (Green Machine, Odissey, Conan Troutman), ritmi ballabili (One Inch Man e El Rodeo) e psichedelie agrodolci (Asteroid, Supa Scoopa & Mighty Scoop, Freedom Run, Molten Universe, Whitewater). Garcia sul palco è quasi statico, accennando piccole mosse e tic con la testa e probabilmente un po’ provato, con frequenti pause fuori palco, mentre Bjork è instancabile alla batteria come mai e gli altri due fanno il loro lavoro preciso senza troppi fronzoli. C’è spazio per lunghe pause strumentali, cariche di feedback, rumori e sibili, che saturano l’ambiente ricordando il deserto del Mojave, luogo caro ai Kyuss originari, di cui, almeno così è sembrato a me, questi di ora sembrano una fantastica cover band. Dunque giustifico pienamente la scelta di Olivieri di lasciare i vecchi soci per coltivare nuovi progetti originali e non rimanere invischiato nella nostalgia che dopo un po’ rischia di puzzare di stantio (l’idea del bassista era appunto suonare con i Kyuss Lives! per poter mettere poi in mostra le rispettive band soliste dei singoli membri). Però la soddisfazione di aver assistito ad un’ottima performance da parte di una band (anzi, metà band) che per 15 anni pensavo di non aver più potuto vedere live, ha lasciato decisamente al sottoscritto un buon ricordo.
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