di Fabio Migneco
Fino a qualche anno fa i fan del cinema d’azione duro e puro non se la passavano troppo bene. Passati i gloriosi fasti del cinema muscolare anni ’80, perdute per strada le icone del genere (Schwarzenegger in politica, Van Damme e Seagal confinati nell’home video alla stregua di un Chuck Norris qualsiasi, Stallone che ancora doveva dimostrare di avere altre frecce di un certo peso nel suo arco) e più o meno delusi dalle nuove promesse non del tutto mantenute (Nicolas Cage che si butta via per cercare di colmare i debiti, Vin Diesel fermo per un paio di stagioni, The Rock che prova a prendersi una vacanza dall’action buttandosi in commediole varie), i poveri spettatori di uno dei generi più redditizi di sempre erano costretti a ricordare i bei tempi e a sperare nell’arrivo di una nuova action star con tutti i crismi.
In pochi anni le cose sono cambiate in meglio: Schwarzy ha abbandonato la politica e tra uno scandalo e l’altro pare tornerà al cinema, Stallone ha firmato un sesto Rocky e un quarto Rambo di tutto rispetto, dimostrando a tutti di non essere uno pronto a rassegnarsi al pensionamento, ma uno che pensa in grande come nel caso di The Expendables – I Mercenari; Van Damme con JCVD ha dato inaspettata prova di sensibilità d’attore, Seagal è diventato un brand di successo tra dvd, reality show, serie tv e consulenze ai grandi campioni delle Mixed Martial Arts; Cage tra i tre o quattro film all’anno non dimentica mai almeno un paio di sequenze action; Vin Diesel ha pensato bene di tornare ai suoi personaggi più amati ed è stato premiato dal pubblico di tutto il mondo (gli incassi degli ultimi due Fast & Furious parlano chiaro, poche storie), arruolando The Rock in Fast Five, dopo che quest’ultimo era già tornato di prepotenza al genere con Faster. Tutto bellissimo e ben accetto dai fan, che però nel frattempo avevano già trovato l’erede delle icone che furono, incoronando l’inglese Jason Statham, come nuovo Re del cinema d’azione mondiale, l’unico che incarni l’eroe contemporaneo, come non ha mancato di notare Stallone, da vecchia volpe qual è, chiamandolo a far parte del suo I Mercenari, summa e ode al cinema sparatutto che gronda testosterone da ogni fotogramma. Ma facciamo un passo indietro.
Jason Statham, come recita la pagina dell’Internet Movie Database a lui dedicata, ha fatto parecchio in poco tempo. Un passato tra i poco di buono nei quartieri periferici di Londra, tra troppe sigarette e troppo alcool che gli hanno lasciato in eredità quel timbro di voce rasposo e accattivante, agli angoli delle strade (Argyle Street, vicino Oxford Street oppure Nightsbridge fuori dai celeberrimi magazzini Harrods) a vendere merce taroccata come profumi e gioielli ai turisti, abbindolandoli con cantilene varie e parlantina sciolta (tenete a mente questo dato: nella prima scena del suo primo film è esattamente questo che gli vediamo fare anche su grande schermo). Sportivo da sempre, appassionato di arti marziali e kickboxing, finisce col prendere parte alla nazionale inglese di tuffi, partecipando addirittura alle Olimpiadi di Seul nel 1988. La carriera sportiva però non va come sperato e Statham si vede costretto suo malgrado a rinunciare, facendo per un periodo di tempo il modello, sia come indossatore sia come testimonial, lavorando ad alcuni spot.
Quando si dice trovarsi nel momento giusto al posto giusto. Guy Ritchie, che nel 1999 stava per esordire alla regia, lo vede in un commercial per la Levi’s e ne viene conquistato. Statham entra così a far parte di Lock & Stock, il film d’esordio inglese di maggior successo degli ultimi anni, che ha imposto una generazione intera di attori e tecnici e rilanciato in chiave pop il gangster-movie britannico. Nel giro di tre anni la vita di Jason Statham cambia per sempre, Ritchie, che nel frattempo è diventato suo grande amico, lo richiama prima per il cult movie Snatch e poi qualche anno dopo per il cerebrale Revolver. Basta guardare i primi minuti di Lock & Stock per capire il segreto del successo di Statham: è uno di quelli che buca lo schermo. Ha un magnetismo, un carisma naturale che non si può studiare o ottenere in qualche modo, o ce l’hai o non ce l’hai. Statham ce l’ha e ne fa tesoro quando inizia a vedere che anche altri registi non solo il più o meno coetaneo Ritchie e la sua banda della Ska Films (con i quali realizza anche Mean Machine, remake in chiave soccer del classico Quella Sporca Ultima Meta, con l’amico d’infanzia Vinnie Jones l’ex calciatore anche lui lanciato da Ritchie nei panni che furono di Burt Reynolds). Dopo il trascurabile Turn it Up, è infatti la volta di Fantasmi da Marte, del maestro John Carpenter, che sceglie Statham proprio per il carisma e le sue qualità di leader e che lo avrebbe voluto anzi come protagonista, mentre la produzione impose Ice Cube.
Il primo ruolo da protagonista però non tarda ad arrivare, sotto l’egida di Luc Besson e della sua EuropaCorp. che sceneggia su misura per lui, insieme al fido Robert Mark Kamen, The Transporter. Qui Statham è Frank Martin, ex militare ritiratosi a vita privata, che fa l’autista per lavori poco convenzionali nei quali occorre una non comune abilità al volante e per i quali il nostro segue regole ben precise e quando è costretto a romperle sono ovviamente guai per tutti. Il ruolo ben si presta a dimostrare quanto Statham vale e i combattimenti corpo a corpo coreografati dalla leggenda di Hong Kong Corey Yuen valgono da soli il prezzo del biglietto. Il successo non tarda ad arrivare, consolidato dall’edizione in dvd del film, e da lì in poi Statham non sbaglierà un colpo o quasi, dedicandosi esclusivamente al genere action, con alcune interessanti sortite in produzioni più ricercate e indipendenti, come London oppure 13, remake americano di 13 Tzameti a firma dello stesso Gela Babluani che col suo originale in bianco e nero creò un piccolo caso nel circuito dei festival cinematografici.
Frank Martin tornerà per ben due volte al suo pubblico con Transporter Extreme, dove il cattivo è il nostro Alessandro Gassman e Transporter 3, entrambi nelle vette delle classifiche di tutto il mondo. Ma prima ancora ci sono stati The Italian Job, Cellular, Caos, ben due pellicole con Jet Li, il fantascientifico The One e Rogue – Il Solitario. Tra i suoi remake anche Death Race, rifacimento del film Anno 2000 la corsa della Morte di Paul Bartel, altro successo planetario del buon Statham, che nel frattempo riesce a imbroccare un altro ruolo di culto, che lo proietta istantaneamente nel gothe delle icone d’azione. La parte di Chev Chelios, al quale iniettano un veleno letale e che deve sempre stimolare l’adrenalina e non fermarsi mai per non morire è l’idea semplice e geniale di un film tanto folle quanto gustoso, Crank, della coppia di registi e sceneggiatori Neveldine e Taylor, che recentemente hanno firmato anche il sequel Crank 2, capace di spingere ancora di più il pedale dell’ironia e del grottesco del suo predecessore, con uno Statham perfettamente in parte.
Con I Mercenari l’attore inglese è come se avesse ricevuto l’investitura solenne da parte dei suoi eroi di gioventù, tutti presenti in varie misure nella pellicola: Stallone, Schwarzenegger, Bruce Willis, Dolph Lundgren, Mickey Rourke (con lui sul set di questo film e di 13 è nata una grande amicizia) e ancora una volta Jet Li. Capace anche di scelte più raffinate e spiazzanti, come il prendere parte all’elegante heist-movie tratto da una storia vera The Bank Job, o il prestare la voce a uno dei personaggi del buffo Gnomeo e Giulietta, Jason Statham, col suo fare da mastino inglese tutto muscoli fedele alla formula “un sorriso, uno schiaffo e un bacio in bocca”, non sta fermo un attimo, da quando l’amico Ritchie lo ha fatto debuttare. I progetti si susseguono senza sosta e per un film che arriva nelle nostre sale (vedi la recensione a Professione Assassino in cui si confronta con Charles Bronson), ce ne sono sempre pronti almeno un altro paio, come Blitz, tratto da un romanzo di Ken Bruen (come il recente London Boulevard con Colin Farrell) poliziesco di routine che molto probabilmente uscirà direttamente in dvd qui da noi, o l’atteso Killer Elite per la regia di Gary McKendry, che lo vedrà al fianco di Robert De Niro contro Clive Owen, per un trio di attori che non mancherà senza dubbio di soddisfare il suo pubblico anche qui in Italia, una volta trovata una distribuzione. Da qui al 2013 l’agenda dell’attore è altrettanto fitta: sta lavorando infatti a Safe di Boaz Yakin, Parker per la regia di Taylor Hackford dal ciclo di romanzi hard-boiled di Donald E. Westlake, passando per il thriller Echelon fino all’annunciato seguito de I Mercenari, per il quale tornerà a lavorare col regista di Professione Assassino, Simon West, al quale Stallone lascerà il comando della macchina da presa per concentrarsi nelle vesti di sceneggiatore e attore.
Prestante e sprezzante, a suo agio nelle parti da macho come in quelle più caricaturali, Jason Statham è ormai una sicurezza. E non solo perché realizza da solo i propri stunt, anche quelli all’apparenza più pericolosi, ma soprattutto perché ha saputo colmare un vuoto nel momento in cui il pubblico lo chiedeva, risultando così tra gli attori inglesi di maggior successo e venendo adottato da Hollywood, in una ascesa repentina che negli anni recenti non ha eguali. Di recente tra i vari premi ha vinto il GQ Men of the Year Award, a testimonianza della chiave della sua affermazione, come ogni eroe cinematografico che si rispetti infatti, suscita immediata simpatia e voglia di identificazione nel pubblico (va forte anche con le donne il signor Statham e non solo perché ormai da tempo l’action non è più solo roba da uomini, almeno in parte), come sempre accade in queti casi gli uomini vorrebbero essere (come) lui e le donne lo vorrebbero al proprio fianco. Se saprà amministrarsi e sarà capace di tenere teste alle varie sirene effimere che arrivano puntualmente con successi di portata globale, allora avremo assicurati almeno altri due o tre lustri di dominio sulla scena action. E se per caso c’è qualcuno pronto a sfidarlo sul suo terreno, si faccia pure avanti. Noi prepariamo i pop corn.
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