INCUBUS. If Not Now, When? (EPIC 2011)

di Massimiliano Franchi

(immagine da http://incubushq.com/photo/if-not-now-when-5)Una delle band che durante la propria carriera ha modificato abbastanza radicalmente il proprio sound sono gli Incubus, che dopo 20 anni dagli esordi, con il loro settimo album If not now, when? (titolo ispirato al pensiero del rabbino Hillel sullo sforzarsi a rischiare nella vita per andare avanti), a distanza di cinque anni dal precedente, smorzano ancora di più i toni, allontanandosi dal crossover metal-funky dei primissimi lavori.

L’album, prodotto ancora una volta da Brendan O’ Brien (storico produttore, tra gli altri, dei Pearl Jam), inizia con la title-track If not now, when?, con ritmi lenti, basso imperante e una dolce voce a svegliarci e incitare a smuoverci dal letargo della vita moderna.
Si prosegue con il singolo Promises Promises, con piano e chitarre acustiche, a cantare la pretesa, in un rapporto di coppia, di più che semplici promesse, e con Friends and Lovers che, con i suoi riff soft e un groove sostenuto, confessa un amore nato inizialmente per gioco e sottovalutato. In Thieves, che ci riporta più ad sound del passato della band, Brendon Boyd paragona la fine di un amore ad un furto, in cui l’amante, come un ladro, scappa con il cuore dell’altro, mentre Isadore è una triste ballata acustica sulla storia di un padre e sua figlia dopo la perdita della moglie e madre durante il parto.
The Original è una sognante dichiarazione di adorazione per una persona che riesce ad essere perfettamente se stessa e considerata caratterialmente obiettivo da raggiungere, dove invece la voce di Boyd, accompagnata solamente dalla chitarra acustica di Mike Einzeger, in Defiance ci ricorda quanto ci siamo adagiati pigramente e non affrontiamo più sfide per paura di perderle.
Il sound si fa decisamente brit anni ’60 in In the company of wolves, dove si racconta il rito di passaggio che ognuno di noi naturalmente deve affrontare per divenire una nuova persona, mentre invece ritmi e cantato più hip hop regnano in Switchblade, in cui personalmente leggo riferimenti alla morte di Elizabeth Short narrata in The Black Dahlia di James Ellroy. L’altro singolo Adolescents è accompagnato da una potente batteria e sostenuto da chitarre prima leggere poi cariche di groove, per meditare sulla sensazione simil-adolescenziale di non sentirsi a proprio agio nel mondo, ed il disco si conclude con il crescendo emozionale di Tomorrow’s Food, ispirata dal pensiero del filosofo Ken Wilbur (“Nessuna epoca è privilegiata, siamo il cibo di domani. Il processo continua e lo spirito si trova nel processo stesso, non una specifica epoca o luogo.”).

Dunque un album all’insegna della semplicità, della leggerezza, con tematiche fondamentalmente romantiche, riflessioni e sonorità ispirate dalla lunga pausa che si era presa la band (“Dovevamo piantare qualche radice prima di cominciare a scrivere canzoni sulla vita da tour bus. Così ci siamo innamorati, o disinnamorati e abbiamo ritrovato serenità”, ha affermato Boyd). Decisamente un lavoro non adatto alle orecchie di tutti i fan, ma appassionante per quelli che nella vita hanno compreso che non c’è bisogno solamente di rabbia per andare avanti, ma le proprie sfide possono essere affrontate e vinte magari anche con più delicatezza e tranquillità.

Per maggiori info sulla band: http://incubushq.com

Per uleriori info sulla label: http://www.epicrecords.com

Per vedere il video di “Adolescents”: http://www.youtube.com/watch?v=SKD2fjBpHFk&ob=av2e

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