di Massimiliano Franchi
In una neanche troppo afosa serata di fine giugno, arrivano a Roma per la prima volta nella loro carriera gli Incubus, in occasione della rassegna estiva Rock In Roma presso l’Ippodromo di Capannelle.
Da parte del sottoscritto inizialmente c’è stato un po’ di stupore dovuto alla scarsità di pubblico ad accogliere la band americana guidata da Brandon Boyd, forse a causa della programmazione di lunedì o, più probabilmente, del prezzo decisamente alto del biglietto.
Comunque avere spazi di manovra più ampi per salti e balli, in aggiunta alla maggiore vicinanza al palco, ha subito portato via quella strana sensazione, sostituita dalla prospettiva di un concerto più godibile.
La band mette subito le carte in tavola, decidendo di voler dominare il palco con una setlist molto tirata e tratta da tutta la loro discografia, coinvolgendo dunque fin da subito il pubblico con le iniziali Nice To Know You, Megalomaniac, Adolescents e Pardon Me.
La grancassa di Jose Pasillas fa tremare le interiora di tutti i presenti, mentre i riff di basso di Ben Kelley creano un groove costante che fa muovere il corpo in una danza collettiva per tutta la durata del live.
Le atmosfere soft e suadenti di If Not Now When? fanno riposare dolcemente i fan, ma si riparte subito in quarta con A Crow Left To Murder, dove invece i ritmi si fanno più funky con Are You In?, o più serrati con Privilege.
Le chitarre di Mike Einziger cariche di effetti e l’abilità di Chris Kilmore dalla sua postazione piena di campionatori, giradischi e sintetizzatori, riescono a riempire l’atmosfera di suoni quasi ultraterreni, mentre il tutto è accompagnato dalla emozionante voce dalle mille tonalità di Brandon Boyd.
L’intermezzo lento e psichedelico di In The Company of Wolves (durante la quale Boyd si sfila come di consueto la t-shirt, facendo impazzire il pubblico femminile) e della ballad acustica Drive, sono solo il preludio ad un altro scatto in velocità con Pistola, Anna Molly e Switchblade, intervallate dalle dolcissime Here In My Room e Love Hurts, prima del finale agrodolce di Wish You Were Here. Per il bis, gli Incubus propongono la violenta A Certain Shade of Green e una allungatissima Sick Sad Little World.
La band si dimostra perfettamente a proprio agio sul palco, coinvolgendo e divertendo, con il suo rock verace da ragazzacci addolciti con il tempo. Proprio questa maturità artistica permette ai cinque di rimanere con i piedi per terra, non montarsi troppo la testa ed esibirsi davanti a enormi platee come stessero in realtà suonando di fronte ad uno sparuto gruppo di amici, rendendo proprio per questo ancora più emozionante il loro live.
Per ulteriori info sulla recente produzione degli Incubus:
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