di Ivan Errani
Torna il buon Michele Salvemini, al secolo Caparezza, e ancora una volta ci schiaffeggia tutti con i suoi testi corrosivi e cerebrali. L’ultimo lavoro, Il sogno eretico, fa i conti con la strana e contraddittoria contemporaneità che riempie le nostre ore, sprecate davanti a una tv sempre più instrumentum regni. Nulla rimane fuori dall’implacabile tensione fustigatrice di cui si dota il rapper di Molfetta per analizzare gli isterismi di una società alla deriva: tra reality show e manifestazioni studentesche, passando per Guantanamo e le miserie governative, le rime fanno e disfanno a piacimento un quadro prima desolante, poi divertente, infine rabbioso. Similitudini e citazioni colte non si contano, come le rime taglienti e puntuali. In Cose che non capisco Caparezza ci apre gli occhi, sbattendo a pochi centimetri dal nostro naso tutte le contraddizioni di un popolo incollato allo schermo (di un pc o della tv), narcotizzato dal potere mediatico. Gioca con le tragicomiche vicende della discografia in Chi se ne frega della musica e con le catastrofi ambientali in La fine di Gaia. Nel rabbioso Non siete Stato voi se la prende con chi, accecato dal potere (economico e politico) tradisce tutti i giorni i valori costituzionali violando la legge e calpestando un pur flebile sentimento di appartenenza nazionale. Le sonorità sono quelle a cui Capa ci ha abituato ormai da tempo: una sapiente mistura di elettronica, rap e rock, una miscela che definire esplosiva è assai riduttivo. C’è da ballare, da riflettere, da digrignare i denti. Riccioli bruni ha colpito ancora.
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