di Francesco Bordi
Il successo di una monografia è sempre stato il sogno proibito di scrittori e addetti ai lavori. C’è una via per perseguire questo obbiettivo. Si tratta di uno strumento “corale” fatto di marketing, pubblicità, presentazioni, eventi, passaparola, sponsorizzazioni e così via. Questa è la strada canonica per lanciare un autore sul mercato librario. Il fatto è che a volte tutto questo non basta, o meglio… Capita anche che tutti gli sforzi profusi per portare un titolo nell’olimpo delle vendite, lassù sulle nuvolette assieme a Dante, a Stendhal, a Bulgakov e tutti gli altri classici che ognuno di noi vuole inserire, non siano ripagati nella giusta maniera: massimo sforzo con risultato poco più che minimo.
Certi “casi editoriali”, quelli veri e non quelli inseriti nello “strillo” in maniera funzionale ai lanci, nascono proprio da condizioni non prevedibili da nessuno, né dagli autori né dagli addetti ai lavori. Ma allora qual è il segreto di un successo editoriale. È davvero possibile prevedere o anche pilotare fino in fondo il riscontro di pubblico e/o di critica che come un’onda sulla spiaggia possano mostrarci il ritorno dei ramoscelli che abbiamo lanciato nel mare? Non si pretende di dare una risposta ad un quesito così denso di derivate in questa sede. Tuttavia ragionando un po’ insieme sui fenomeni del buon riscontro di pubblico, successo e flop editoriale, sarebbe forse opportuno affrontare nella maniera più semplice possibile un’investigazione così tecnica solo in apparenza.
Perché noi scegliamo un libro da leggere? Cosa mi attrae maggiormente di un romanzo, un saggio, un giallo o ancora un testo poetico che vedo in libreria o in altri punti vendita?
Forse…
– La quarta di copertina? – La copertina? – La biografia dell’autore? – Il fatto che riconduco lo scrittore o il titolo ad un passaggio televisivo? – La possibile trasposizione cinematografica già visionata? – Un passaggio in radio? – Un manifesto per strada? – Un prezzo particolarmente invitante? – Una recensione? – Il passaparola?
Come esistono molte maniere di proporre un prodotto, esistono altrettante numerose maniere di acquistare un prodotto.
Credo che sia questo che i noti specialisti della comunicazione strategica tendono a non considerare. La maggior parte di loro, non tutti tengo a precisarlo, ci considerano come una massa informe di ricettori di mercato su cui lavorare. Hanno di fatto globalizzato anche i nostri gusti, o quantomeno tentano di farlo. Ecco allora che se io non leggo il bestseller del momento vengo additato come “snob”. Forse lo sarò, d’accordo. Ma posso avere anche altri gusti? Posso essere attirato da altre cose che non siano una fascetta attorno all’oggetto libro che recita a mo’ di poesiola delle elementari il numero di copie vendute per ogni edizione prodotta?
Il pubblico dei lettori non è un’entità unica e come tale andrebbe sempre considerata. Ci sono forti lettori, lettori occasionali, curiosi dell’ultimo secondo, amanti del commerciale, amanti della lettura fine a stessa basta che costi poco.
Noi stessi, a seconda dei momenti che attraversiamo, facciamo acquisti diversi. Dipende dal nostro budget, dal nostro umore, dal tempo che possiamo dedicare alla lettura, dal fatto che in certe fasi di vita siamo “costretti” a leggere unicamente alcuni specifici testi mirati al tipo di lavoro che svolgiamo.
Non sempre queste considerazioni vengono prese in esame dagli “addetti ai lavori”. Eseguire un lancio più mirato che tenga maggiormente conto anche di fattori come territorialità, tempistiche differenziate e circuiti alternativi alla classica rete libraria potrebbe di certo aiutare bilateralmente: “chi lancia e chi riceve”.
In sostanza mi dispiace per chi di competenza, ma il segreto del successo di un libro lo sa solo il pubblico dei lettori: lo sappiamo solo noi.
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