di Alessandro Cantonetti da Beijing
Le recenti, sconvolgenti immagini di onde nere e inarrestabili che spazzano paesi, città, campi, porti e vite umane sembrano uscire direttamente dai nostri incubi peggiori, quelli in cui solitamente per quanto cerchiamo di urlare le nostre gole restano mute e le nostre gambe sembrano correre inutilmente e disperatamente a mezz’aria. Eppure stavolta è la realtà che, in modo tragicamente proverbiale, supera le nostre più terribili fantasie; la realtà di un Giappone colpito, con una durezza che va oltre ogni più cupa aspettativa, da quella stessa natura che lo ha fatto emergere dalle acque e che, forse, ce lo farà ripiombare – si veda a tale riguardo il famoso romanzo del 1973 日本沈没 Nihon Chinbotsu (“Il Giappone affonda”) di uno dei massimi autori giapponesi di fantascienza, Komatsu Sakyo – .
Le capacità tecniche di una società avanzata come quella giapponese ci hanno, purtroppo, dato la possibilità di assistere nel dettaglio a ciò che il sottosviluppo delle aree colpite dalla catastrofe del maremoto dell’Oceano Indiano della fine del 2004 ci aveva solo fatto intravedere. E forse è anche per questo che, nonostante il costo umano enormemente inferiore rispetto al cataclisma di quasi 7 anni fa, viviamo questo evento con ancora maggiore partecipazione.
Qui in Cina, paese con diverse aree parimenti altamente sismiche, in cui è ancora molto forte il doloroso ricordo dell’apocalisse che ha sconvolto una vasta area del Sichuan nel 2008 uccidendo circa 70 mila persone (e in cui, inoltre, un recente, bellissimo film del popolare regista Feng Xiaogang ha rinfrescato la tragica memoria generazionale dell’ecatombe causata dal sisma che rase al suolo Tangshan nel 1976, togliendo la vita a circa 260 mila persone) l’emozione e la commozione per ciò che ha colpito il pur non amatissimo vicino è palpabile e ben presente.
Pur in pieno periodo di 两会 Lianghui (lett. le “Due Assemblee”) – Marzo è tradizionalmente periodo di riunione annuale a Pechino delle due più alte assemble politiche del paese, il parlamento o, più correttamente, il Congresso Nazionale del Popolo (全国人民代表大会 Quanguo Renmin Daibiao Dahui, solitamente abbreviato come 人大 Ren Da) e l’assemblea consultiva nota come Conferenza Politico Consultiva del Popolo Cinese (中国人民政治协商会议 Zhongguo Renmin Zhengzhi Xieshang Huiyi, solitamente abbreviata come 人民政协 Renmin Zhengxie) -, in televisione si susseguono gli speciali, le dirette dal Giappone, e non c’è notiziario che non si apra con le ultime novità dalle aree colpite dal sisma, anche con interviste a gente in strada in Cina, e ai numerosi studenti cinesi presenti nel paese del Sol Levante; benché non siano assenti sgradevoli commenti nazionalistici (come anche in Giappone per il terremoto in Sichuan del 2008), anche su internet prevale la partecipazione e il cordoglio.
I rapporti tra i due paesi, per ben note e sanguinose vicende storiche non ancora pienamente riassorbite, possono non essere idilliaci, ma di fronte a tragedie di questa portata, una buona dose di solidarietà umana sembra ancora, fortunatamente, scattare spontaneamente. I cinesi non hanno dimenticato l’aiuto offerto dal loro vicino durante la tragedia del 2008, e questa volta (benché siano anche impegnati nelle operazioni di soccorso per il sisma di 5,8 gradi che ha recentemente colpito alcune aree della provincia meridionale dello Yunnan) è toccato a loro estendere la mano per alleviare le sofferenze dei giapponesi. Un gruppo di 15 soccorritori è già atterrato all’aeroporto Haneda di Tokyo e si è subito recato nelle zone del sisma per unirsi il prima possibile alle operazioni in corso.
Questa volta Namazu, l’enorme pesce gatto che nell’immaginario mitologico del Sol Levante vive nella fanghiglia sotto la terra e causa i terremoti con i suoi improvvisi movimenti, ha eseguito un guizzo più volento del solito, e al Giappone servirà molto tempo per sanare le ferite fisiche (un tempo ancora maggiore servirà per risolvere o lenire i traumi psicologici subiti dalle vittime); colpito da ciò che il primo ministro ha definito il colpo più duro dalla fine del secondo conflitto mondiale, il paese non sarà, probabilmente, più lo stesso, e dovrà anche profondamente ripensare la propria politica energetica (in special modo riguardo all’uso dell’energia nucleare in un paese estremamente sismico e non molto esteso) e urbanistica (nonostante le infrastrutture abbiano retto bene all’impatto delle scosse telluriche, contro la forza devastante delle onde del maremoto non c’è difesa fisica che possa tenere, e già si alzano voci che invitano a ripensare l’approccio costruttivo in vicinanza delle coste).
Mentre, con tutta probabilità, nei santuari shintoisti sparsi per il paese si stanno alzando sempre più numerose le preghiere al dio Kashima affinché riprenda presto il controllo di Namazu riportandolo a più miti consigli, in questa parte del mondo cresce la speranza che nella loro estrema tragicità, gli eventi in corso possano, attraverso un misto di compassione, solidarietà e gratitudine, portare a un duraturo rasserenamento dei rapporti tra i popoli della Cina e del Giappone, e alla guarigione definitiva delle ultradecennali ferite che ne hanno spesso causato l’inasprimento.
Sarebbe questo il modo migliore per tributare il proprio rispetto, e onorare la memoria di tutti coloro che hanno perso la vita in questi drammatici giorni.
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