di Ivan Errani
Due anni fa Ron Howard (Cinderella man, Il codice Da Vinci, Angeli e demoni) diresse magistralmente Frank Langella (interpretazione sublime), Michael Sheen e Kevin Bacon, tra gli altri, in Frost/Nixon: il duello. Con un cast di tutto rispetto, Howard si cimentò nel racconto di una delle pagine più importanti e controverse dell’ultimo mezzo secolo di storia statunitense: la dipartita dolorosa di Richard Nixon dalla scena politica. Con saggezza e misura, il regista dell’Oklahoma descrisse minuziosamente, a fronte di una drammatizzazione equilibrata, la serie di interviste che David Frost, giornalista dedito all’intrattenimento più che alla professione di cane da guardia del potere, registrò nel 1977 con l’ormai ex presidente Richard Nixon. Vi suggeriamo di vederlo, oltre per la maestria con il quale è girato e le interpretazioni apprezzate da pubblico e critica, anche per il contenuto assolutamente decisivo per comprendere il grande servizio che rende alle democrazie contemporanee un’informazione critica e autonoma. Frost è un anchorman: gli interessano il successo, le donne, i soldi ma, come dice uno dei suoi collaboratori “sa come utilizzare la televisione”. E’ totalmente a suo agio di fronte alla telecamera, ma nello svolgimento delle interviste, alle quali il vecchio Nixon accetta di sottoporsi per risollevare la sua “onorabilità”, si accorge che l’ex presidente è tutt’altro che arrendevole. Si rivelerà una bestia ferita pronta a tutto per salvare dalle critiche gli anni di mandato, nei quali pesano come macigni la guerra in Vietnam, la repressione delle manifestazioni dei pacifisti e, più importante, lo scandalo del Watergate. Proprio sullo scandalo americano per eccellenza che Frost si gioca l’intera riuscita del progetto. Nixon lo sa e lo sfida a duello: solo uno avrà gloria e fama. L’altro sarà relegato tra le schiere dei congedati con disonore.
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