di Claudio Consoli
EP#19
(La creazione di una società pienamente multirazziale è un processo doveroso, doloroso e ancora lungi dal completarsi)
1. “Strange Fruit”. Nella versione cantata da Nina Simone, per non dimenticare come, mentre in Europa iniziavamo una guerra che sarebbe diventata mondiale, negli U.S.A. ce n’era una non riconosciuta, in atto da anni, contro gli afroamericani.
2. “The Ballad Of Curtis Loew”. 1974, album “Second Helping” dei Lynyrd Skynyrd, una storia che ci parla di come la musica possa colmare le distanze fra culture e ceti diversi, da quel sud degli U.S.A. che si batté per conservare la schiavitù.
3. “War”. 1976, album “Rastaman Vibration” di Bob Marley, ma i versi di uno dei più grandi profeti della musica ci ricordano le radici profonde di un flagello quale il razzismo e la discriminazione.
4. “Biko”. 1980, album Peter Gabriel III di Peter Gabriel, in troppi sono morti , infatti, in nome dei diritti dei discriminati e gli oppressi
5. “Clandestino”. 1998, album Clandestino di Manu Chao, e gli immigrati, gli stranieri e gli emarginati vengono ancora troppo spesso liquidati e ridotti ad un problema legale.
Potete guardare i video della playlist anche sul nostro canale youtube: http://www.youtube.com/playlist?list=PLB85DB899443820D3
Curiosità sulla Playlist: nello stesso 1939 in cui nelle sale americane passava “Via col vento” con la sua immagine borghese e buonista di una pacifica e rispettosa convivenza fra bianchi e neri, mentre in Europa la Germania nazista invadeva la Polonia, Billie Holiday cantava per la prima volta i versi di un insegnante ebreo di New York, Abel Meeropol, membro del partito comunista americano(!!!) che aveva osato comporre questo testo per ricordare i crimini a sfondo razziale commessi negli U.S.A.
Sembra che la ballad dei Lynyrd Skynyrd sia dedicata ad un personaggio ispirato da varie persone che realmente vivevano nel vicinato dei componenti della band.
Una parte del testo di “War” è stata tratta da un discorso tenuto dall’imperatore d’Etiopia Hailé Selassié, il 4 ottobre 1963 davanti all’assemblea delle Nazioni Unite:”Riguardo alla questione della discriminazione razziale, la Conferenza di Addis Abeba ha insegnato questa ulteriore lezione, a coloro che la vogliono imparare: finché la filosofia che considera una razza superiore e un’altra inferiore non sarà finalmente screditata e riprovata; finché in nessuna nazione vi saranno più cittadini di prima e di seconda classe; finché il colore della pelle di un uomo non avrà più valore del colore dei suoi occhi; finché i diritti umani fondamentali non saranno ugualmente garantiti a tutti, senza distinzione di razza; fino a quel giorno, il sogno di una pace duratura, la cittadinanza del mondo e le regole della morale internazionale resteranno solo una fuggevole illusione, perseguita e mai conseguita; e finché l’ignobile e drammatico regime che oggi opprime i nostri fratelli in Angola, in Mozambico, in Sudafrica, con le sue disumane catene, non sarà rovesciato e totalmente spazzato via; finché il bigottismo, il pregiudizio e l’interesse personale inumano e malizioso, non saranno sostituiti dalla tolleranza, la comprensione e i buoni propositi; finché gli africani non si alzeranno e parleranno come esseri liberi, uguali agli occhi di tutti gli uomini, come sono uguali davanti agli occhi del Cielo; fino a quel giorno il Continente africano non conoscerà pace. Noi africani, combatteremo, se necessario, e sappiamo che vinceremo, poiché confidiamo nella vittoria del Bene sul Male”.
Steven Bantu Biko è stato uno dei più grandi oppositori del regime dell’apartheid in Sudafrica, ucciso dalla polizia a seguito del suo arresto nel 1977; la riproduzione della canzone di Peter Gabriel è stata a lungo vietata nel paese di Nelson Mandela.
Manu Chao, cresciuto nelle Banlieues parigine, probabilmente il più grande melting pot culturale europeo, è figlio di madre basca e padre galiziano, emigrati in Francia per sfuggire al regime Franchista.
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