di Paolo Marcacci
Carlito, lo chiameremo così, abita in Via Dell’Acquafredda e viene a scuola a Montespaccato. Veramente, viene da un po’ più lontano, da Lima, Perù, dove abitava in un quartiere che lui definisce residenziale. I genitori hanno scommesso su un futuro dal quale pretendono più certezze, per lui e sua sorella Janina.
Sedici anni a settembre, speriamo la terza media per l’ultima volta.
“Profeso’, ma è vero che alla sesta denuncia me mandano al carcere minorile? Io ce n’ho cinque…” confida tra l’imbarazzato e il preoccupato con quel romanesco che è quasi una cantilena ispanica dove le b e le v si fondono e confondono continuamente. Felpa e pantaloni calati da cantante di hip hop, una paura fottuta che gli possa accadere quello che l’anno scorso era successo a Ronald, che è stato costretto a tornare in Ecuador. Erano inseparabili, hanno messo paura a mezza scuola, poi un giorno Ronald, che aveva già finito il bonus delle denunce, ha preso il coltellino a scatto che Carlito aveva comprato da una bancarella e ha giocato a minacciare qualche compagno di classe. Carabinieri a scuola, denunce delle mamme allarmate. Per Ronald, sesta denuncia, quella che pare sia decisiva, alla loro età. I genitori l’hanno rimandato subito a Quito.
“Lo senti ancora?”;
“Non ce so’ più riuscito profeso’, forse l’avevano arestato, però poi non so se era vero…”.
Carlito delle cinque volte che ha sfidato le legge è rammaricato soprattutto per quella in cui era riuscito a sottrarre il motorino a uno che lavorava lì vicino, l’aveva nascosto giù dove sta il campo del Real Boccea, però quello l’aveva visto e l’ha denunciato. Il motorino nel frattempo qualcun altro l’ha fatto sparire. Oltre al danno, la beffa.
Vorrebbe andare al Don Orione, Carlito, alla scuola dove ti fanno diventare meccanico: tutte quelle b e quelle v mescolate per parlare ai clienti di frizioni e dischi frenanti. Già un po’ ce pija, coi motori, a sentire lui. Quando gli faccio notare che di rubarli allora non c’era bisogno, lui specifica che manco c’era riuscito, con lo sguardo dolce e a mezz’asta da giovanissimo bandolero, già stanco: stanco dell’oceano che l’ha separato da una prima vita, stanco di quella fama che s’è guadagnato a scuola, per cui i genitori portano via i figli dalle classi dove c’è lui, stanco di chi gli dice un sacco di parole senza mai fornire esempi, o un principio di cammino. Di quelli come me, insomma. Probabilmente mi ricorderà soprattutto perché gli ho consigliato di vedere quel film con Al Pacino dove il protagonista si chiama come lui.
La borgata, sullo sfondo, è la cosa che lo fa sentire meno solo, che l’ha accolto senza mai rimproverargli nulla, né il colorito olivastro, né quel modo di parlare che sembra sempre soffocato dalla noia. Anzi, mi spiega che ha già rimorchiato ‘na cifra, anche quelle più grandi di lui. Del resto, tutto il giorno in giro, prima di tornare a Via Dell’Acquafredda dove mamma e papà rincasano, disfatti, solo a tarda sera : qualcosa bisognerà pure impararla.
Carlito ha appreso, per ora, che per quelli come lui sbagliare costa un po’ più caro, oltre ad essere un po’ più facile.
Leave a Reply
Your email address will not be published. Required fields are marked (required)