Caparezza a Capannelle: bizzarri premi oscar, travestimenti, parodie. Più che un concerto, una FESTA

di Fabio Migneco

Caparezza – Eretico Tour – Rock in Roma, Ippodromo Capannelle – 16/07/2011

(foto da http://www.facebook.com/media/set/?set=a.248288958518589.78256.192999404047545&type=1#!/media/set/?set=a.248288958518589.78256.192999404047545&type=1&closeTheater=1)Travolgente. Forse è questo l’aggettivo che meglio rende per descrivere Caparezza dal vivo, una dimensione che sicuramente gli si confà e che l’artista di Molfetta riesce sempre a onorare, rendendo ogni suo tour un evento dal sapore particolare e di conseguenza un appuntamento da non mancare.

Come non ha mancato di sottolineare durante lo spettacolo, Roma è stata una città importante per la sua vita artistica: il primo disco glielo hanno prodotto dei discografici della capitale, è stato qui che ha registrato il suo primo sold-out e la data nella città eterna rimane sempre inevitabilmente di quelle calde, come testimonia il tutto esaurito della scorsa visita al Tendastrisce di via Perlasca e come hanno ribadito gli oltre diecimila biglietti venduti in prevendita per la serata all’Ippodromo di Capannelle, tramutatisi in circa dodicimila persone, molte delle quali stipate sotto il palco, come anche per Daniele Silvestri quarantotto ore dopo.

Caparezza, al secolo Michele Salvemini, rende magnificamente nei suoi live, non solo perché accompagnato da una band di tutto rispetto, dall’ottima tecnica e padronanza scenica, pronta ad assecondare ogni guizzo dell’estro del suo frontman, ma anche perché ha dalla sua il gusto per la provocazione e il surreale nonché l’arma benedetta dell’ironia, lente con la quale legge quasi tutto il nostro presente, insieme alla lucidità e all’indignazione, a rendere i suoi pezzi ancora più forti di quanto già non suonino nei dischi.

Chi non lo ha mai visto dal vivo dovrebbe farlo, per gustare le mille idee di un artista sempre capace di intrattenere emozionando e divertendo e di fondere le introduzioni ai brani con le trovate più o meno teatrali che accompagnano ogni loro esecuzione.

Si parte con Ilaria Condizionata, dopo l’arrivo dei vari componenti della band in versione natalizia e con Caparezza che viene fuori da un baule a scaldare il suo pubblico, subito pronto a intonare i suoi brani e a dimenarsi. Annunciatemi al Pubblico, dal terzo album, è la perfetta dichiarazione di intenti di una serata in crescendo, senza un momento di stanca, capace di erigere un muro sonoro perfettamente in sintonia con il flusso verbale del suo autore, che non ha eguali nel panorama musicale italiano. Dall’ultimo album ecco arrivare due canzoni molto amate, in primis dallo stesso Caparezza, che ne illustra il senso, l’importanza di rivendicare le proprie idee, come gli uomini giudicati eretici che sono stati tra le fonti di ispirazione dell’album. Sono il tuo sogno eretico e Il dito medio di Galileo vedono il cantante pugliese far sfoggio di tutto il suo armamentario live, dai contributi video su maxischermo, come sul finale del primo pezzo, quando sembra stagliarsi tra le fiamme o durante il secondo, cantato brandendo un enorme dito medio, quello di Galileo per l’appunto, indirizzato a tutti coloro che dubitarono.

La scaletta della serata attinge più che altro dagli ultimi due cd, con alcuni recuperi illustri dal resto della produzione dell’artista (o bisognerebbe dire del cazzaro, come chiedeva di chiamarlo, anziché artista, in una sua canzone? Caparezza piace anche per questo, per la sua capacità di non prendersi troppo sul serio, segno di intelligenza ed umiltà), fino ad arrivare a un medley centrale, affidato all’improbabile deejay Michael Besozzi, che consente alla band di prendersi una piccolissima pausa e al pubblico di ripassare tre brani “nemmeno dei più famosi” come ha sottolineato Caparezza, ovvero Chi cazzo me lo fa fare, Nel paese dei balordi e Gli insetti del podere, geniale disanima della nostra classe politica vista con gli occhi dell’entomologo.

Alcuni brani sono già veri e propri inni, come ad esempio Eroe (storia di Luigi delle Bicocche) oppure Chi se ne frega della musica, attuale singolo tormentone che rischia di fare la fine di Fuori dal Tunnel (il cui senso fu travisato completamente e che ora non trova quasi più posto in scaletta), il cui impatto sul pubblico è notevole. Il clima si scalda ancora di più quando il cantante inizia con i suoi cambi di costume e alza il tiro con brani come Ti sorrido mentre affogo, Pimpami la Storia, ma soprattutto ancora dall’ultimo lavoro La Marchetta di Popolino, altra geniale critica dell’uomo medio e dei suoi difetti filtrata attraverso l’immaginario disneyano di Topolino e affini, e Legalize the Premier, dalle palesi influenze reggae, prossimo singolo del cd.

Ma c’è un brano che più di altri si fa notare, così come nel disco stesso, per la totale assenza di ironia, perché è l’unico che Caparezza canta senza affidarsi(foto da http://www.facebook.com/media/set/?set=a.248288958518589.78256.192999404047545&type=1#!/media/set/?set=a.248288958518589.78256.192999404047545&type=1&closeTheater=1) allo scudo della voce nasale e caricaturale che volutamente usa di solito. Si tratta di Non siete Stato Voi, duro atto di accusa a una classe politica e dirigente che con sempre maggiore nonchalance affossa un paese per i propri tornaconti e giochi di potere. E per una volta, al contrario di altri concerti di artisti differenti, dove il pubblico canta in coro solo i brani più orecchiabili tralasciando quelli di maggiore spessore, qui i paganti partecipano compatti al grido di dolore in musica di un autore che ancora troppo spesso viene sottovalutato o non capito a fondo.

Goodbye Malinconia, il primo pezzo con cui è stato lanciato il nuovo album funziona persino meglio, nel suo essere una fotografia precisa della situazione dell’Italia di oggi, con quel “tanto se ne vanno tutti, da qua se ne vanno tutti, non te ne accorgi ma da qua se ne vanno tutti” ripetuto tanto ossessivamente quanto con grande amarezza, dovuta al constatare la fuga non solo dei cervelli come un tempo, ma anche della semplice gente comune, che altrove forse non troverà la Terra Promessa, ma di sicuro ha qualche speranza in più di costruirsi un futuro. Una canzone che nei mesi scorsi ha anche subito dure accuse da gente miope e poco accorta, probabilmente perché troppo arroccata nelle proprie posizioni di prestigio per poter cogliere quello che sempre più è un malessere comune senza alcun gaudio, nemmeno minimo.

Giusto il tempo di un ritorno al passato quasi remoto, lì “dove tutto è iniziato” con Tutto ciò che c’è, il primissimo singolo di Caparezza, risalente ormai a una decina di anni fa, ed ecco tre brani che scatenano il pubblico. Abiura di Me, con il suo potente ritornello rock è ormai un classico, La fine di Gaia offre ancora una volta l’ennesimo siparietto teatrale con la band vestita da guerrieri Maya come già per il Concertone del Primo Maggio, mentre Vieni a ballare in Puglia, col suo ritornello saltellato da quasi tutti, riesce sempre nel piccolo miracolo di parlare di cose importanti nella loro gravità (oltretutto, al di là del resto del testo, quel “ballare” del titolo va letto come “morire”) travestendosi da pezzo ritmato e accessibile a tutti.

Il finale dello spettacolo è affidato ad altri brani di sicura presa, impreziositi da contributi video divertenti, goliardici e mai fini a sé stessi. E’ il caso della finta premiazione degli Oscar, con il filmato dei nominati in lizza per il premio che altro non sono che i membri della band (e vale la pena ricordarne i nomi: Rino Corrieri alla batteria, Giovanni Astorino al basso, Alfredo Ferrero alle chitarre, Gaetano Camporeale alle tastiere e Diego Perrone come seconda voce), che introduce una delle canzoni più sorprendenti dell’ultimo album, che quanto a sorprese vola altissimo, Kevin Spacey, dove Caparezza rivela i finali di decine di film, più o meno recenti, con un raro gusto della perfidia che non teme rivali, dando una ragione per detestarlo ai detrattori, come sottolinea a inizio brano (“non per la politica dovete odiarmi, non per la voce nasale, ma per questo pezzo. Adesso avete un motivo!”).

A mo’ di bis arriva invece uno dei suoi brani più belli in assoluto, Vengo dalla Luna, contro tutte le forme di razzismo ed emarginazione, accompagnato da una parodia video di Star Trek che diventa, manco a dirlo, Star Rezz, con tutti i musicisti vestiti come i componenti dell’Enterprise. Ultimo brano, sempre dal secondo album Verità supposte, è Follie preferenziali, dedicato a tutti i giovani soldati mandati a morire e uccidere loro malgrado per (il)logiche economiche mascherate da nobili motivi.

(foto da http://www.facebook.com/media/set/?set=a.248288958518589.78256.192999404047545&type=1#!/media/set/?set=a.248288958518589.78256.192999404047545&type=1&closeTheater=1)Per tutto il concerto Caparezza non si risparmia nemmeno per un secondo: canta, parla, salta, corre da un lato all’altro del palco, balla, è un trascinatore nato e davvero portentoso, un padrone di casa assolutamente affabile e coinvolgente, capace di rendere protagonista il suo pubblico, senza mai lasciarlo solo sullo sfondo di quella che rischia sempre di essere una sorta di autocelebrazione. Ecco, nel suo caso questo rischio viene sempre adeguatamente dribblato, i concerti di Caparezza sono una vera e propria festa, a testimonianza di come si possa senza problemi divertire e divertirsi senza per forza spegnere il cervello o la coscienza. Se qualcuno si interroga su chi possa essere oggi uno degli esempi perfetti di artista a tutto tondo, capace di rendere vive le cose che scrive e crea e di sfruttare al meglio le esibizioni dal vivo, può anche smettere di farlo e acquistare un biglietto per l’Eretico Tour: può stare certo che durante la serata troverà la risposta che cerca e molto altro ancora.

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