di Fabio Migneco
L’ultima commedia dell’infaticabile Woody, che tira fuori dal cassetto centinaia di soggetti e poi si dà alle eliminatorie scegliendo il suo nuovo progetto, questa volta ha molto poco della commedia e molto più del dramma, sia pur trattato in maniera agrodolce, senza sfociare quasi mai nel pesante o nel tragico. Anche se di materia tragica si parla, la tragedia personale di una donna in caduta libera come la definisce lo stesso Allen, che vede crollare tutte le sue certezze, non solo economiche. Incorniciato nella solita confezione, da puro classico alleniano, col solito stuolo di attori e caratteristi scelti sempre con gran cura, da quell’Alec Baldwin ormai quasi una presenza fissa, a Peter Sarsgaard, da Bobby Cannavale a Sally Hawkins fino al piccolo ruolo di Louis C.K. (uno dei comici americani di maggior successo e arguzia, molto amato dal regista al punto di sbilanciarsi ad annunciare un possibile futuro progetto da recitare insieme al 50% come una coppia d’altri tempi), il film si snoda anche attraverso una serie di flash-back che ricostruiscono il passato della protagonista, ma come sempre con Allen è la scrittura a fare la differenza. Dei dialoghi, ma anche dei caratteri, la sua penna è ancora benedetta e non è solo talento o mestiere il suo. E’ proprio la capacità di saper raccontare le infinite pieghe della commedia umana, i tratti di personaggi che si intrecciano con crudo realismo. Blue Jasmine è però soprattutto il film di una Cate Blanchett magnificamente in parte, capace di coinvolgere ogni istante con una interpretazione che a ben poche riuscirebbe. Il blu dei suoi occhi penetra lo spettatore inquadratura dopo inquadratura e invera l’intera pellicola, tra le pieghe delle sue espressioni e dietro il silenzio di certi suoi sguardi, come nel momento toccante sulla panchina. In altre mani il film, nonostante Allen, sarebbe crollato, lei invece conferisce senso, umanità e profondità e, vista anche la penuria di ruoli femminili degni e ben scritti, meriterebbe ogni premio possibile.