Addio Monicelli: protagonista di un secolo di cinema

di Francesco Liotta e Concetta Di Lunardo

Il grande nonno del cinema italiano non c’è più, in piena libertà ha scelto quando congedarsi e come farlo.

Lui che ci ha accompagnato lungo la nostra vita, Lui che ci ha regalato i più grandi attori, Lui che ci ha raccontato le storie di un’Italia, a volte ridicola, spesso tragica e qualche volta comica, adesso è volato in cielo, cadendo giù dal balcone di un ospedale, prigione di un corpo ormai stanco, verso la libertà per una mente ancora viva e libera.

Ha scelto di andare nel suo stile schivo e lontano dai riflettori ma, paradossalmente, in modo assolutamente cinematografico, chissà dove volava la sua mente mentre il suo corpo, planando abbandonava questo mondo, chissà se, con un sorriso, assaporava l’incontro con i “suoi” amici .. Gassman, Totò, Fabrizi, Sordi, Murgia, chissà quante storie pensate e nel cassetto.

Monicelli ha attraversato con il suo cinema un secolo di storia italiana, ci ha fatto ridere, è quasi impossibile dimenticare le lezioni di scasso di Totò ne “I soliti Ignoti” o le zingarate di “Amici miei”, ci ha fatto piangere, è struggente la scena del corpo senza vita, tra le braccia del padre, di Mario Vivaldi giovane ragioniere in “Un borghese piccolo”, ma ci ha fatto sentire anche l’orgoglio di essere italiani, nel definitivo riscatto dei due sgangherati soldati Gassman e Sordi ne “La grande guerra”.

Il Maestro era un uomo per bene, appassionato e curioso del mondo, di storie e non solo di cinema. Nell’ultima intervista si scorgeva una certa insofferenza verso una cultura troppo orientata al denaro e indifferente ai valori della ricerca. Soprattutto nell’ultimo anno aveva dato voce e supporto agli studenti sostenendoli contro i tagli alla cultura e alla ricerca. Solo qualche mese fa aveva incontrato a Roma gli studenti della Terza Università e aveva trasmesso loro quella forza del pensiero critico che gli derivava dagli studi filosofici, dalla sua personale sensibilità artistica e continua ricerca alla bellezza: «l’Italia è conosciuta all’estero solo per la sua cultura. – aveva dichiarato – Non siamo un Paese che ha avuto grandi generali, grandi personaggi storici, ma solo una forte collocazione culturale. Ed è proprio questa, l’unica cosa che ci viene da tutti riconosciuta all’estero, che si vuole oggi combattere. Il cinema vuol dire tutto. Per il resto c’è la cultura dell’arraffare e dell’arricchirsi>>. La sua lunga vita ha attraversato i momenti più difficili della storia di un secolo, non sempre facile da rappresentare, egli ha ben messo in scena e amato moltissimo quell’umanità che sembra vivere quasi con un costante senso di perdita, mascherato nei suoi personaggi da un amaro sorriso. Di straordinaria bellezza il testamento che lascia ai giovani che vogliono avvicinarsi al mondo del cinema: “Scegliere storie di una semplicità elementare, che è la cosa più difficile. Non mettere troppe cose e troppi personaggi nel tentativo di renderle interessanti. Sono le storie semplici che nel tempo continuano a emozionare”.

Certo il cuore vorrebbe che, alla fine della scena Mario si rialzasse e, come in uno dei suoi film, desse l’ordine per un nuovo ciak, ma non sarebbe la sua volontà, e allora … grazie Maestro e arrivederci!

 

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