di Francesco Giovannelli
(© tutti i diritti riservati)
Vieni. Respiriamo anche noi queste poche gocce di tramonto.
La vista si sveste dei propri colori e lascia che piova anche sugli occhi.
Vieni. Perdiamoci nel nostro incontro e nel nostro addio
nelle vite che siamo e che saremmo stati,
nel fraseggio labile di questa melodia.
Se tendi la mano toccherai il mio respiro.
Se avrai paura, il tempo tutto tremerà dei tuoi ricordi.
Ascolta. Ascolta l’esistenza restare immobile nel caos
e l’essere passare e ritornare dalle dita alle mani,
dall’oblio al dolore, dall’alba fino in fondo a questo nuovo amore.
Tienimi fermo, tieni con te questo istante come fa il malato con i sogni,
o come me, che mi aggrappo ai tuoi occhi come a un desiderio inespresso.
Ho la mia storia da donarti, e il balsamo e il silenzio per le tue ferite.
Ho il tempo e il soffio allegro della fantasia
e il letto grande per il ticchettio della tua voce.
Ho il futuro, acceso e al centro di ogni tuo sospiro,
e il suono morbido di un invito da accettare.
Eppure ad ogni passo misuro il fato di questa promessa
perché ogni promessa si bagna sulle rive del deserto.
E come a un momento eterno succede sempre un banale istante quotidiano,
così riprendi le mani e la tua vita, mentre io rifuggo nella mia.
Mi sveglia la preghiera di lasciarti andare, di svestirmi di te.
Così da poterti avere sempre, per non averti avuta mai.
E che anche questo racconto si trasformi in oblio, in silenzio, infine in nulla.
Perché possa sempre vederti risplendere e ascoltare la tua voce.
Perché la tua presenza continui ad impregnarmi come acqua piovana.
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