Cantonetti, Alessandro
(© tutti i diritti riservati)
Planare sulle ali dell’immaginazione. L’uomo dietro il tavolo da disegno. Miyazaki Hayao, una quasi biografia
estrattto dal primo capitolo della tesi di laurea:
Evoluzione di un mondo immaginario: Miyazaki Hayao tra Nausicaä e Mononoke, dall’idealismo utopico ad un maturo realismo
Corso di laurea in lingue e letterature straniere
Facoltà di Lettere e Filosofia
Università degli studi di Roma La Sapienza
Roma
sessione estiva: 16 luglio 2002
Votazione: 110 e lode / 110
————————————————————————————————
“ Sono disgustato dall’idea che l’uomo sia l’essere ultimo, scelto da Dio.
Credo però che in questo mondo ci siano cose splendide ed importanti, per le quali vale la pena di lottare. ”
Miyazaki Hayao
“ Nei miei film per bambini voglio esprimere, prima di qualsiasi cosa, il concetto che il mondo è un luogo profondo, vario e meraviglioso. Voglio dir loro che sono fortunati ad essere nati in questo mondo. ”
Miyazaki Hayao
1.1
Planare sulle ali dell’immaginazione
L’uomo dietro al tavolo da disegno: Miyazaki Hayao, una quasi-biografia
“ ….se la sorte ti è contraria e mancato ti è il successo, smettila di fare castelli in aria e vai a piangere sul…..mmh ! ”
Igor, dal film Young Frankenstein di Mel Brooks
Castelli in aria…sogno…chimera…il termine giapponese esoragoto (絵空事, letteralmente “ immagine-cielo-cosa ”) racchiude in sé tutti questi significati, che Miyazaki Hayao conosce perfettamente1 : da più di trenta anni, infatti, i suoi personali esoragoto, plasmati in forma di magnifici e commoventi lungometraggi animati, riscuotono un enorme successo di pubblico e critica in Giappone e, in anni più recenti, anche all’estero.
Nasce nel gennaio del 1941 a Tôkyô, secondo di quattro figli di una famiglia benestante, e alcuni episodi dell’infanzia hanno lasciato un’impronta indelebile sulla sua personalità e sul suo immaginario, influenzando e spesso caratterizzando molti dei suoi film : la fabbrica di aerei della famiglia, di cui il padre Katsuji era il direttore, ha contribuito in maniera determinante a far nascere e sviluppare nel piccolo Hayao quell’amore per il volo e le macchine volanti che traspare immancabilmente in ogni sua opera – con l’eccezione di Mononoke-hime (もののけ姫 La principessa Mononoke, 1997) che, anche sotto questo aspetto, si differenzia da tutte le precedenti produzioni di Miyazaki2. Ma l’impatto più grande sulla crescita del giovane Hayao lo ha probabilmente avuto la lunga malattia della madre, costretta a letto dal 1947 al 1955 a causa della tubercolosi, puntualmente trasposta nella figura della madre delle piccole Satsuki e Mei ricoverata in un ospedale di campagna in Tonari no Totoro (となりのトトロ Il vicino Totoro, 1988).
Donna dal carattere forte, colta e vorace lettrice, nonostante la lunga assenza da casa e le non buone condizioni di salute ebbe un’influenza preponderante nella formazione del carattere dei suoi figli. Miyazaki è solito ricordare il disprezzo con cui la madre considerava quegli intellettuali progressisti che, subito dopo la sconfitta, si tramutarono prontamente da nazionalisti radicali in ferventi democratici3 e, benché egli continui a sostenere che come teenager abbia coscientemente cercato di trovare una sua propria strada piuttosto che seguire le impronte dei genitori, è indubbio che la straordinaria personalità della signora Miyazaki viva ancora nel carattere scettico e dubbioso del figlio, continuando ad influenzare le sue opere4.
Gli anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale sono stati un periodo estremamente importante e prolifico per il mondo del fumetto del Sol Levante, anni emozionanti per i piccoli lettori e pieni di ispirazioni per quei bambini che, come Miyazaki, sognavano di avere un futuro come autori di manga. Artisti già affermati sperimentavano nuovi stili e tecniche e, nel 1947, la definitiva affermazione del ventunenne Tezuka Osamu5 con Shin takarajima (新宝島 La nuova isola del tesoro, 1947 ) avrebbe cambiato per sempre il volto del fumetto giapponese.
La svolta avviene nel 1958, anno in cui Miyazaki, allora studente del terzo anno all’istituto superiore di Toyotama, assiste in un piccolo cinema di terza categoria alla proiezione di Hakujaden (白蛇伝 La leggenda del serpente bianco, di Yabushita Taiji, Toei Dôga, 1958), il primo lungometraggio animato a colori prodotto in Giappone :
“ […] Mi innamorai dell’eroina di un film animato. Con l’animo in subbuglio mi trascinai a casa nella neve che aveva appena cominciato a cadere. La mia goffaggine, paragonata alla determinazione dei personaggi del lungometraggio, mi faceva vergognare di me stesso e trascorsi la notte a piangere. Sarà stata la malinconia del periodo degli esami, la mia adolescenza ancora immatura o un melodramma di terza categoria….
Analizzarlo e metterlo da una parte è facile, ma l’incontro con Hakujaden ebbe su di me, ancora immaturo a quel tempo, un forte impatto. Mi fece comprendere la stupidità del voler diventare un autore di manga scrivendo uno di quegli assurdi drammi che andavano di moda all’epoca e quanto, nonostante affermassi il contrario e nonostante fosse un melodramma di poco valore, fossi attratto da quel mondo di purezza e passioni. Non potevo più negare il fatto che una parte di me desiderava assolutamente esaltare il mondo. Da allora ho cominciato a pensare seriamente a quello che dovevo fare o, almeno, ho cominciato a pensare che, anche se poteva essere imbarazzante a volte, dovevo seguire i miei veri sentimenti. [….] ”6
La via da seguire era ormai chiara, anche se sarebbero passati ancora alcuni anni prima del suo effettivo ingresso nel mondo dell’animazione.
Nel 1963, laureatosi in economia e scienze politiche7 alla Gakushuin University – un college privato molto prestigioso con forti legami con la famiglia imperiale – Miyazaki entra alla Tōei Dōga, già allora il più grande studio di animazione in Asia. Dopo un addestramento di tre mesi realizza i suoi primi lavori come intercalatore8 professionista sotto la regia di Takahata Isao, che ben presto sarebbe diventato suo mentore e, successivamente, suo stretto amico e collaboratore9. Per un uomo con la passione e la vivacità intellettuale ed artistica di Miyazaki, la semplice e troppo spesso ripetitiva mansione di intercalatore non poteva certo essere gratificante né, tantomeno, stimolante e la frustrazione non tarda ad insinuarsi nel suo animo, spingendolo quasi ad abbandonare la carriera appena iniziata e il mondo dell’animazione. Fortunatamente, la proiezione del film animato The snow queen del regista russo Lev Atamatov10, organizzata in quello stesso 1963 a cura del sindacato interno della Tōei, riesce a risvegliare e rinvingorire in lui le emozioni e il senso di eccitazione e meraviglia suscitati alcuni anni prima dalla visione di Hakujaden e ormai da molto tempo sopiti:
“ “La regina delle nevi” mi mostrò quanto amore può essere trasfuso nell’atto di animare delle immagini e quanto il movimento dei disegni possa sublimare fino a diventare recitazione. Mi dimostrò inoltre come l’animazione possa colpire il cuore della gente, al pari delle migliori realizzazioni di altri generi, quando delle emozioni semplici e forti vengono disegnate con determinazione e purezza […] Fui grato di essere un animatore, un giorno o l’altro anche noi avremmo potuto avere un’opportunità. Decisi allora di continuare questo lavoro.”11
Forte di questa rinnovata freschezza interiore e determinazione, Miyazaki non si sarebbe più guardato alle spalle.
L’affermarsi della televisione stava, proprio in quegli anni, mutando i metodi di produzione, spingendo sempre più verso una limitazione dei costi e una maggiore velocità di realizzazione a scapito della qualità finale. Temendo che produrre il tipo di animazione espressionista che aveva in mente potesse diventare via via più difficoltoso e che avrebbe potuto non avere altre possibilità di prendere parte alla lavorazione di un vero film animato, nel 1964 Miyazaki si offre volontario per collaborare con Takahata al progetto di un nuovo lungometraggio targato Tōei.
Ansioso di realizzare un’opera che fosse in grado di competere con le serie animate televisive che stavano uccidendo il mercato dell’animazione cinematografica, Takahata decide di lasciar partecipare alle riunioni preparatorie qualunque membro dello staff avesse idee valide, a prescindere dal grado o dall’esperienza di ognuno. Un metodo innovativo per quei tempi e un’occasione che Miyazaki non si lascia sfuggire, arrivando a giocare un ruolo determinante nello sviluppo della sceneggiatura e nelle scelte stilistiche del nuovo film; è un momento cruciale della sua carriera, la prima volta in cui le sue doti artistiche e narrative e la sua vulcanica immaginazione hanno modo di esprimersi liberamente.
Il risultato di questo lungo lavoro viene distribuito nell’estate del 196812 (quasi tre anni dopo l’inizio della produzione) con il titolo Taiyō no ōji Horusu no daibōken (太陽の王子ホルスの大冒険 La grande avventura del principe del sole Horus), riscuotendo un lusinghiero successo di pubblico e critica nonostante la sua breve permanenza nelle sale cinematografiche. Il film, lontano dalle trame semplicistiche e dall’azione esagerata proposte dall’animazione televisiva dell’epoca, descrive con profondità e dolcezza la lotta degli abitanti di un villaggio vichingo per difendere le loro case e le loro famiglie dal malvagio re dei ghiacci Gundar13, dimostrando che un lungometraggio d’animazione può dipingere sentimenti reali e narrare storie complesse e stratificate con la stessa intensità di un film dal vero14.
Mai completamente soddisfatto del proprio lavoro, Miyazaki è sempre in cerca del miglior modo per esprimere le proprie idee e passioni attraverso le sue opere. Nel 1971 lascia la Tōei e segue Takahata e Otabe Yōichi, altro esule della Tōei, alla A-Pro. E’ il principio di un periodo estremamente prolifico di peregrinazioni e collaborazioni con diversi studi di animazione, che si concluderà solo nel 1985 con la creazione degli Studi Ghibli. Sono anche anni densi di esperienze e incontri (importante quello con Kondo Yoshifumi, allora giovane animatore alla A-Pro, che sarebbe poi diventato il pupillo dei due fondatori degli Studi Ghibli), fondamentali per la maturazione artistica e umana di Miyazaki e Takahata15.
Nel 1978, in collaborazione con la Nippon Animation, nasce Mirai shōnen Konan (未来少年コナン Conan il ragazzo del futuro), prima serie personalmente diretta da Miyazaki e vero e proprio archètipo che presenta in nuce molti dei concetti e degli elementi caratterizzanti le sue produzioni future. La storia del piccolo Conan, in lotta per salvare la sua Lana sullo sfondo di una Terra futuribile sommersa dagli oceani a causa dell’ennesima guerra scatenata dalla stupidità e dall’avidità del genere umano, è uno struggente inno ad una vita semplice e a misura d’uomo, meno frenetica e maggiormente a contatto con la natura che ci circonda, narrato con la tranquillità e la pacatezza, punteggiate da una buona dose di umorismo per rendere più fruibile il messaggio, tipiche dello “stile-Miyazaki”16.
Il 1981 è la volta di Meitantei Hōmuzu (名探偵ホ-ムズ Il famoso investigatore Holmes), rivisitazione in chiave canina delle avventure del grande detective Sherlock Holmes. In collaborazione con la Rai e l’animatore italiano Marco Pagot18 (autore, tra l’altro, di vere e proprie icone di un’epoca, come Calimero e il draghetto-pompiere Grisù), Miyazaki firma la regia dei primi 5 episodi, infondendo freschezza e leggerezza alle avventurose indagini dell’investigatore nato dalla fantasia di Arthur Conan Doyle anche grazie all’accattivante look dei protagonisti, opera di Kondō Yoshifumi.
16 La serie, in 26 episodi, è stata uno dei maggiori successi del duo Miyazaki-Takahata. Trasmessa dalla Rai all’inizio degli anni ’80, è stata seguitissima anche in Italia, diventando una delle serie-culto del periodo d’oro dell’invasione animata nipponica nel nostro paese. Nel 1995 è stata pubblicata in videocassetta dalla Granata Press di Bologna e, recentemente, è stata riproposta in DVD dalla Yamato Video.
17 Nipote, almeno nelle intenzioni dell’autore, dell’altrettanto famoso ladro francese Arsène Lupin nato dalla penna di Maurice Leblanc, Lupin III è ormai una figura leggendaria e il più popolare e simpatico anti-eroe nel panorama dell’animazione nipponica. Ladro, donnaiolo (talvolta vittima egli stesso della propria insaziabile attrazione verso il gentil sesso), bugiardo ma anche uomo d’ingegno, sin dalla sua apparizione la sua fortuna non si è mai fermata.
12 Nel pieno della lavorazione, ottobre 1965, Miyazaki sposa Ota Akemi, anche lei animatrice alla Toei e coinvolta nel progetto di Takahata.
13 Cfr. Baricordi Andrea – de Giovanni Massimiliano – Pietroni Andrea – Rossi Barbara – Tunesi Sabrina, Anime-guida al cinema di animazione giapponese, Granata Press, Bologna, 1991, pagg. 34-35
14 Dopo aver assistito sia a Il libro della giungla della Disney che a La grande avventura del principe del sole Horus, un critico di un mensile americano scrisse : « […] ho capito che in un angolo del mondo esiste ora un tipo di animazione commerciale che ha sorpassato Disney e ha cominciato a fare rapidi progressi.”
Cfr. Schilling Mark, Miyazaki Hayao and Studio Ghibli, the animation hit factory, in Japan Quarterly, vol. 44 n°1, Tōkyō, Gennaio-Marzo 1997, pag. 35
15 Un elenco e un esame esauriente di tutte le creazioni dei due animatori in questo periodo non rientra negli scopi di questa tesi e richiederebbe inoltre molto tempo e spazio. E’ preferibile indicare brevemente le più importanti:
1972-73 Panda kopanda (パンダ子パンダ Panda e piccolo panda), 33’, Tōkyō Movie Shinsha, regia Takahata Isao, soggetto originale Miyazaki Hayao
Panda kopanda amefuri sa-kasu no maki (パンダ子パンダ雨ふりサ-カスの巻 Panda piccolo panda:il capitolo del circo piovoso), 38’, Tōkyō Movie Shinsha, regia Takahata Isao, soggetto originale Miyazaki Hayao
1974 Arupusu no shōjo Haiji (アルプスの少女ハイジ Heidi la ragazza delle Alpi), 52 ep., Zuiyō pro., regia Takahata Isao
1976 Haha o tazunete sanzenri (母をたずねて三千里 12000 km alla ricerca della mamma), 52
ep. Nippon Animation, layout Miyazaki Hayao
Per ogni approfondimento si rimanda all’ottimo Baricordi Andrea – de Giovanni Massimiliano – Pietroni Andrea – Rossi Barbara – Tunesi Sabrina, Anime-guida al cinema d’animazione giapponese, op. cit. e a Pellitteri Marco, Mazinga nostalgia-storia, valori e linguaggi della Goldrake generation, Castelvecchi Editore, Roma, 1999.
18 E’ l’inizio di una stretta amicizia e collaborazione con l’animatore italiano che sarebbe culminata nel 1992 con il film Kurenai no buta (紅の豚 Porco rosso), massima espressione dell’amore di Miyazaki per l’Italia e gli aerei, in questo caso soprattutto quelli d’epoca.
E’ interessante notare che il nome del protagonista del lungometraggio, Marco Porcellino (in Italiano nell’originale, dato che la storia si svolge in Italia), è stato scelto da Miyazaki proprio in omaggio all’amico italiano Marco Pagot.
Per informazioni e immagini riguardanti il film si può consultare il sito internet www.nausicaa.net
Forse proprio grazie al successo di Konan, nel 1979 Miyazaki viene chiamato dalla Tōkyō Movie Shinsha a dirigere il suo prima lungometraggio per il cinema: Rupan sansei, Kariosutoro no shiro (ルパン三世カリオストロの城 Lupin III e il castello di Cagliostro), basato sul celeberrimo – anche in Italia – ladro gentiluomo Lupin III17 ideato nel 1967 da Monkey Punch (alias Katō Kazuhiko). Nonostante la difficoltà di avere a che fare con un personaggio creato da un altro autore, Miyazaki riesce a realizzare un film pieno di fascino ed energia che viene accolto con entusiasmo dal pubblico nelle sale e spinge, l’anno seguente, i responsabili della seconda serie di Lupin III ad affidargli anche la regia di due episodi. La fama di Miyazaki presso il pubblico giapponese, che aveva mosso i primi passi grazie a Konan, continua a consolidarsi.