di Fabio Migneco
Daniele Silvestri – Rock in Roma, Ippodromo Capannelle, 18 luglio 2011
Non si può dire che Daniele Silvestri non sia un tipo di parola. Già lo annunciavano i quotidiani e la free-press romana, ma lui stesso sul suo blog ufficiale lo aveva ribadito a poche ore dall’inizio del concerto: “stasera ci sarà un po’ di affollamento sul palco. Ci saranno delle sorprese, non vi conviene mancare”.
All’appello hanno risposto in circa dodicimila persone, che hanno riempito il prato antistante il palco già a partire dalle 19.00, pronti a gustare live l’ultimo, bel disco del cantautore romano, quello S.C.O.T.C.H. che dalla fine dello scorso marzo continua la sua corsa con successo, anche di critica, praticamente unanime nel lodare l’estro e la sensibilità artistica di Silvestri.
E’ stata una serata davvero speciale la tappa romana, che è sempre molto sentita dal cantante, ansioso di far bene nella sua città, e lo è stata per molti motivi, non ultimo per la scelta di suonare quasi tutto il disco nuovo, dodici brani su quindici, con le uniche eccezioni di Cos’è sta storia qua, La Chatta e In un’ora soltanto, lasciate fuori dalla scaletta. Scelta che evidenzia una volta di più la bravura tecnica e l’affiatamento della band in scena, composta dagli amici di sempre, Maurizio Filardo alle chitarre, Gianluca Misiti alle tastiere, Piero Monterisi alla batteria, Gabriele Lazzarotti al basso e lo strepitoso Ramon Josè Caraballo alla tromba e alle percussioni. Già il disco era stato registrato con sessioni dal vivo, ma nella dimensione del concerto quei suoni arrivano allo spettatore in maniera cristallina, grazie alle esecuzioni dei musicisti, ma anche grazie all’apporto fondamentale del fonico Mirko Cascio, che ha regalato a tutti i presenti un’altissima qualità in termini di ascolto, questione sempre molto spinosa in quasi tutti i concerti dal vivo.
Daniele Silvestri ha iniziato in modo morbido, come nel disco, sedendosi al pianoforte per intonare l’intima e sussurrata Le Navi, facendo salpare il pubblico verso una terra musicale che è esclusivamente sua, fatta di ottima musica, testi ricercati, ironia e lucida intelligenza. Da quel momento in poi brano dopo brano è stata una sorpresa continua, come promesso. Così ecco salire sul palco Raiz degli Almamegretta, a concludere con la sua voce calda la puntuale fotografia che è Precario è il mondo, con le parole di un altro brano di Silvestri, Che bella faccia. Durante Sornione, il nuovo singolo tratto dall’album, tutti o quasi si auguravano l’arrivo di Niccolò Fabi, che canta nel disco la seconda strofa, e così è stato, un duetto efficace nella sua spontaneità, una collaborazione con quello che non solo è uno dei migliori cantautori italiani contemporanei, ma per Silvestri “un fratello più che un amico” come lui stesso lo ha definito mentre Fabi si congedava tornando dietro le quinte tra i grandi applausi del pubblico.
E’ toccato poi a Peppe Servillo degli Avion Travel recitare durante il brano che dà il titolo all’album, a Pino Marino fare una fugace, esilarante apparizione solo per cantare un verso tratto da L’appello, preso in prestito da Una storia disonesta di Stefano Rosso. Ad accompagnare tutta la band durante Acqua stagnante, i Solis String quartet agli archi, mentre un altro splendido duetto è stato quello con il milanese Diego Mancino in Acqua che scorre, uno dei brani più belli dell’album, sicuramente la canzone da accendini (ormai sostituiti dai meno poetici telefonini) in aria di tutto il concerto.
C’è stato spazio per tutte le mille facce di Silvestri e della sua musica a Capannelle, dall’impegno sociale e politico (sul palco ha ricordato gli anniversari del G8 di Genova e allo scoccare della mezzanotte quello dell’assassinio di Paolo Borsellino, “uno di quelli che mi fanno sentire orgoglioso di essere italiano”, in contrapposizione a un momento iniziale dello spettacolo quando ha eseguito Io non mi sento italiano, sua cover del celebre brano di Gaber) all’ironia dei suoi pezzi più scanzonati e perché no, commerciali come La Paranza, Salirò o l’ultima Ma che discorsi, passando per tutte le tappe più importanti di un repertorio ormai piuttosto vasto da cui attingere, con piccole perle come Datemi un benzinaio, Samantha, Le cose in comune, Manifesto, fino alla stupenda ballata Strade di Francia. Non è mancato un intermezzo dance, sempre all’insegna dell’alternanza tra passato e presente, con recuperi illustri come La Technostrocca, culminato nell’esecuzione della sua hit Gino e l’Alfetta, impreziosita dall’ennesima sorpresa, la comparsa sul palco di Valerio Mastandrea en travesti, imperturbabile e silenzioso ballerino/a prima e batterista improvvisato in una mini jam-session con il titolare Monterisi poi, un siparietto già sperimentato anni prima, ma che non ha mancato di sorprendere Silvestri stesso, che lo ha presentato al pubblico dicendo: “quel deficiente di Valerio Mastandrea che mi ha fregato un’altra volta!”.
Hanno suonato e cantato e fatto divertire per due ore e mezza, anche qui tenendo fede al proclama con cui Silvestri ha iniziato la serata: “spero abbiate avvisato a casa, perché stasera farete tardi”, ma il pubblico non voleva proprio andarsene, tanto da chiamare di nuovo sul palco la band per ben due sessioni di bis, che hanno dato vita ad un vero e proprio finale col botto, due momenti in cui tutta l’energia, il calore, l’affetto, la gratitudine, lo scambio tra artista e pubblico hanno toccato il massimo compimento. E’ successo con due brani chiave del repertorio di Silvestri: la beffarda, romanissima Testardo e la trascinante Cohiba. La prima è stata introdotta dal cantante con un divertente intermezzo: “ce sta un sacco di gente, ma che vonno? Siete Romani? E sì, perché noi romani semo così, quando stamo in un posto, nun se ne annamo, specie se amo pagato, vogliamo vedè come va a finì…”, proseguito dopo l’esplosione del coro del pubblico durante il ritornello, quel “la colpa è dei tuoi baci, che m’hanno preso l’anima… de li mortacci tua!” con Silvestri che chiedeva “dite la verità, ci siete venuti apposta”, aggiungendo “la vogliamo dedicare a Berlusconi questa?”, l’unico accenno, goliardico, al presidente del consiglio di tutta la serata.
Gran finale con Cohiba, vero e proprio brano manifesto, che ha portato tutti e dodicimila i presenti a saltare e cantare all’unisono, per quello che dal palco era un colpo d’occhio eccezionale, evidenziato da Silvestri sul suo blog, con un video dal titolo “Lo strumento più bello su Cohiba, voi”. Ma la vera conclusione dopo i saluti e gli applausi per i singoli membri della band e per i tecnici, è sempre quella a cui il cantautore ci ha abituati da qualche anno a questa parte, con tutto il gruppo che si raduna attorno alla batteria per fare “un po’ di rumore” e a vederli così affiatati e più che complici, un gruppo di amici che ama fare quello che fa e cerca ogni sera di farlo al meglio unendo passione e mestiere, sembra per un attimo di cogliere l’essenza stessa del fare musica. E quando alla fine dopo l’ultimo colpo di batteria, si abbracciano tutti e sei insieme si percepisce che è quello, quella precisa immagine, il segreto della musica di Daniele Silvestri e del perché sia riuscita ad arrivare dov’è ora.
Leave a Reply
Your email address will not be published. Required fields are marked (required)