di Ornella Rota
ROMA. Per Giacomo Del Colle Lauri Volpi la musica si snoda secondo logiche circolari, come la vita: “Frasi e movimenti continuamente tornano, si evolvono, ricompaiono; solamente i toni variano. Tutto si trasforma e si ripresenta ma niente si ripete. Come un flautista può fare trentamila volte la medesima nota che però sarà sempre diversa, così i momenti della vita”.
Affiorano riflessioni contrapposte, ascoltandolo. Estroverso, ma con una sorta di nocciolo duro impenetrabile. Calamita l’attenzione, ma che insicurezza in quel continuo sollecitare il parere altrui. I suoi pezzi classici snodano timbri sovente imperiosi e toni nuovi, le sue composizioni per installazioni di artisti (come Donato Piccolo e Matthew Barney) sono puntuali e colte, ma lui ama definirsi un musicista eclettico ricordando che da anni compone colonne sonore e sigle per la Rai.
I tuoi maestri ideali?
“Steven Heick al primo posto assoluto, passando per Gavin Bryars e La Monte Young, capisaldi del minimalismo e dell’ avanguardia: intendo quella vera, non musiche di oltre un secolo fa ma tuttora definite di avanguardia. Il problema è che noi continuiamo a definire “di avanguardia” composizioni che sono comparse addirittura prima della mia nascita. Come se il pullulare di studi, ricerche, innovazioni _ ovunque, e sovente di grande livello _ non avesse ancora individuato percorsi alternative o realmente paralleli”.
Fra i lavori di Giacomo, “Passeggiate romane” (omaggio a Respighi), composto in occasione di una rassegna delle bande delle Armi statali, al Conservatorio di Roma: in una banda tutta di ottoni, ogni strumento riproponeva il suono di una delle 12 sirene, il ritmo derivava dal loro rincorrersi e sovrapporsi. “Carillons” per 4 carillon, eseguito da uno strumento che ha un suono molto affine, la “celesta”, è tutto impostato su frasi l’una in ritardo sull’altra di un 1/64esimo. In “Ecko”, le voci di 4 soprani si riprendono l’un l’altra dando vita a un illusorio effetto eco.
Qualche peculiarità specificamente tecnica?
“Con gli strumenti cerco di emulare suoni elettronici, cioè l’inverso di quanto si fa abitualmente. Mi piacerebbe riproporre certi bellissimi suoni elettronici che, prodotti negli anni ’70 da oscillatori di frequenza e allora valorizzati nel rock o nell’avanguardia, sono però stati via via tralasciati dall’evoluzione del linguaggio”.
Nella musica classica contemporanea, c’è qualcosa che ti sgomenta?
“Il senso del tempo. O meglio: il dovere che ciascuno di noi compositori ha di avere il senso del tempo. Fino a un secolo fa la musica non finiva mai; per esempio la sagra del Nibelungo, che dura cinque ore, adesso sarebbe impensabile, improponibile. Chi vive oggi ha tutt’altre esigenze, il tempo è sacro. Noi dobbiamo stare attenti a quanti minuti durano le nostre composizioni, assumerci la responsabilità di gestire il tempo altrui. Se stai in una galleria o in un museo puoi osservare le opere oppure guardarle appena o anche ignorarle del tutto e pensare ai fatti tuoi, ma con la musica non riesci, è prepotente: ti si impone, il solo modo per liberarsene è uscire dall’ambiente dove si diffonde”.
Programmi di lavoro?
“All’inizio del 2012 mi trasferirò a New York, per un master class biennale di musica contemporanea, alla Juilliard School. Ovviamente, ne sono lusingato”.
Il tuo incontro con la Juilliard?
“A Natale scorso ero a New York, per una vacanza con la mia compagna Laura, newyorkese, e anche per un minimo di verifica su eventuali opportunità di lavoro. Approdai alla Juilliard in un giorno di tempesta; ero congelato, pezzi di ghiaccio sulla barba, pantaloni chiazzati di fango. Lì però entrai tranquillamente, chiesi e ottenni subito informazioni su corsi, insegnanti, borse di studio. Pochi giorni dopo un colloquio, un po’ di dati su di me, e tutto era risolto”.
Cosa ti ha più impressionato?
“La modernità, tutto è costruito per essere funzionale. Nessun tributo alla tradizione, alla storia, a un’autorità. Da noi invece respiriamo il passato. Il che può anche limitarci”
Il nonno celebre tenore di cui porti il nome, come commenterebbe questa esperienza?
“Ne sarebbe felicissimo, immagino. Però potrebbe anche dirmi ‘Tu sei mio nipote dunque ti pago io tutti gli studi che vuoi senza bisogno di borse di studio’. Era un mito con un caratteraccio, aveva avuto una vita terrificante: padre accusato ingiustamente di un delitto commesso in realtà dal fratello, pesanti incertezze economiche famigliari, tanti altri problemi. I successi sui palcoscenici del mondo lo ripagarono solamente in parte di tanti dispiaceri. Negli anni ’40 si trasferì a Valencia soprattutto per amore della moglie, spagnola, Maria Ros dei marchesi Aguilar Ros, straordinaria cantante lirica. Nel 1979 lui ebbe un ictus e la Rai incaricò un giovane regista, Antonio Del Colle, di un ultimo servizio, magari un’intervista alla figlia Carla. Dopo sei mesi i due si sposarono e l’anno successivo nacqui io. Purtroppo mio padre è morto nel 2009”
Impegni prima di New York?
“Vorrei finire di realizzare un sogno al quale lavoro da un bel po’ di tempo: una mappa sonora cosmica nella quale l’universo e i suoni si espandono entrambi continuamente riproducendosi e riproponendosi in espansione infinita, come certe stelle che noi vediamo e invece sono morte da qualche miliardo di anni. Ho ascoltato questi suoni per la prima volta su Youtube, ne sono rimasto assolutamente affascinato e ho chiamato la Nasa per averli con maggiore precisione. Chiaro che in realtà si tratta di vibrazioni emesse dai singoli pianeti; nel cosmo non essendoci aria, i suoni infatti non potrebbero propalarsi. Una cosa tengo a dire: ho il privilegio straordinario di consultarmi con Maurizio Morri, ricercatore di fisica astronomica a La Sapienza. Sto a parlare con lui per ore. Penso sia un genio assoluto. E, non oso neppure dirlo, gli piace la mia musica”.
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BOX
Fondata nel 1905 a New York, la Juilliard è fra le prime scuole al mondo per le arti, la musica e lo spettacolo. Sede, l’edificio del Lincoln Center. Un migliaio gli studenti ammessi, centinaia le nazionalità e cittadinanze. In archivio, una eccezionale collezione di manoscritti di Mozart, Bach, Beethoven, Brahms, Schumann, Chopin, Schubert, Liszt, Ravel, Stravinskij e altri grandi. Fra gli ex-alunni diventati celebri ci sono il trombettista jazz Miles Davis, gli attori Christopher Reeve e Kevin Spacey, il violinista Itzhak Perlman nonché Alan Greenspan, ex presidente della Federal Reserve Board, che studiò clarinetto.
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