di Silvia Marinucci
L’aria è quella dell’estate, ma non è una serata come tutte le altre. Nell’aria c’è qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso.
Cambiamenti? Può darsi.
Avanti al Teatro Valle, uno degli stabili romani più antichi – il suo palcoscenico ha assistito alla prima di “Sei personaggi in cerca d’autore” di Pirandello – c’è tanta gente. La cosa che più stupisce è l’età media: sono tutti giovani.
L’atmosfera è quella di un concerto, di un grande evento, di una serata esclusiva, di una festa.
All’entrata come di consueto ti chiedono di posare gentilmente il casco o oggetti ingombranti, è – ovviamente severamente vietato fumato o introdurre alcol – tutto si svolge nel mio assoluto silenzio e discrezione.
Fino a questo punto tutto è esattamente come dovrebbe essere.
La differenza è un banchetto con due ragazzi e un grande registro: chiedono ai presenti di firmare e – se si vuole – lasciare un’offerta.
Tutto nella più assoluta libertà.
E il botteghino? La fila? I posti assegnati?
Niente. E’ Il Teatro Valle e dal 14 giugno 2011 è occupato da un gruppo di ragazzi (lavoratori e lavoratrici dello spettacolo autonomi organizzati) stanchi dei soliti giochi burocratici dello Stato, del Comune, della Provincia e via discorrendo. Lavorare è un diritto e il teatro è un bene comune. Il nostro bene comune.
Le vicende che hanno portato all’occupazione sono ormai note. Esiste un bando pubblico teso ad affidare lo storico palco capitolino ad un privato incerto quanto il futuro dello stabile.
Basta chiedersi come si possa “lasciare andare via” un Teatro.
Gli occupanti si sono aperti proprio ieri alla stampa con una conferenza. Le richieste sono chiare: in primis – dopo il vuoto lasciato dall’Eti (Ente Teatrale Italiano) – la vocazione ad un centro teatrale per la drammaturgia italiana e contemporanea.
Non ultimo l’affermazione di un’arte italiana “esistente e ben consolidata, ma che a volte sembra non sappiamo di avere”.
Ma che cos’è il Teatro Valle per gli occupanti? Ce lo ha raccontato una ragazza, lì ormai dai “tempi che furono”.
“E’ un po’ casa (quando lavori nel teatro diventa per forza casa tua) – ride ndr. – Fondamentalmente resta assolutamente il luogo magico che è. Il fatto di dormirci non fa altro che confermare questa anima antica.
Certe volte nel silenzio della notte le senti queste voci che ci hanno recitato dentro, gli applausi, i fischi, la fatica dei tecnici. Una cosa che avverto, che sento, è che questo teatro ci ha accolto, è d’accordo con noi. Perché senza dire niente ha dovuto assistere alla decadenza della sua struttura artistica, della sua anima, della sua considerazione culturale.
Al di là dell’aspetto poetico – che è fondamentale – questo posto è diventato in pochissimo tempo il simbolo del rifiuto di queste logiche che combattiamo. E’ l’espressione vivente che la gente ha voglia di teatro. Se i biglietti fossero accessibili i teatri sarebbero molto più frequentati, ne sono sicura”.
Ma cosa significa questo per il nostro Paese?
Secondo me, in realtà al di là dell’azione politica (la voce della nostra interlocutrice è emozionata ma ferma ndr.) quello che abbiamo risvegliato è la possibilità di sentire emozioni, perché la gente si emoziona. C’è un rispetto, c’è un silenzio, un’attenzione: non ho mai visto atteggiamenti contrari o non rispettosi. Anche se dall’esterno arrivano critiche.
La soddisfazione c’è, la stanchezza è ripagata”.
Qual è la tua giornata tipo?
Sveglia tra le nove e le dieci (dipende dall’ora della sera prima) poi colazione, lavoro – quando non lo salto, rischio il licenziamento – torno e senza passare da casa (quella per cui pago un affitto) vado a teatro.
Ovviamente – quando decido di “saltare” il lavoro ci sono le pulizie – faticosissime perché è enorme e perché ci tieni.
Il pomeriggio o ti prepari con tempi morbidi all’inizio della serata, oppure cerchi di seguire quello che resta dell’assemblea pubblica del pomeriggio (ti informi).
La sera mi tocca il servizio d’ordine o la regia luce. Poi… tutto quello che serve!
Il fine settimana ovviamente sono fissa.
Per quanto siamo impegnati non siamo neanche riusciti a fare improvvisazioni tra di noi. Però la notte un po’ sa’ da cantà.
La mobilitazione è seria, sentita e duratura. Gli occupanti resistono fermi nei loro proponimenti, anche se il muro delle Istituzioni ed il caldo estivano non aiutano.
Personalità dello spettacolo si sono mosse in prima persona, su tutti Franca Valeri, Elio Germano ed Andrea Camilleri.
Il Teatro Valle di Roma è una cosa seria, il Teatro è una cosa seria, la cultura è una cosa seria, quand’è che lo Stato farà qualcosa di serio in merito?
Per maggiori info sul Teatro Valle:
Per maggiori info sulla mobilitazione:
– Documento 1;
– Documento 2;
– Documento 3;
– Documento 4.
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