di Ivan Errani
Fino al 12 giugno, nella sala ENEL del MACRO (Museo d’Arte Contemporanea di Roma) si possono ammirare tre opere che fanno della maestosità e del coinvolgimento fisico del fruitore i loro tratti distintivi. Si tratta di While nothing happens di Ernesto Neto, The crisis is (not) over. Drawings and dioramas di Dan Perjovschi e Piccolo animismo di Arcangelo Sassolino. Lo spazio a disposizione di queste opere è così grande ma al contempo saturo di luce da rappresentare la cornice (e nel caso del lavoro do Perjovschi la tavolozza) ideale alle suggestioni sprigionate dalla materialità degli artifici ospitati. Prendendo in esame il rapporto che si stabilisce tra le opere e lo spettatore, si può affermare che tre sono i sensi che intercettano al meglio le stimolazioni: l’olfatto, la vista e l’udito. Il progetto di Neto, artista di Rio de Janeiro classe 1964, è un’istallazione fluttuante realizzata in lycra che, come un fiore capovolto, protende verso il basso, attratti dalla forza di gravità, i suoi pistilli carichi di profumatissime spezie: pepe, cumino, chiodi di garofano, zenzero e curcuma. E’ un’esperienza di totalitarismo artistico, quella che attende il fruitore all’ingresso della grande sala: al pari di una medusa prova ad agguantare il nostro olfatto con i suoi tentacoli gravidi di odori pungenti e avvolgenti. Dalle forme morbide ma decise, l’istallazione, di una sconcertante precarietà, conduce attraverso un mondo nel quale le parole sono inutili tanto quanto la razionalità. E’ l’immediatezza della sensazione che conta. Quanto si vorrebbe eludere quell’avvertimento stampato su un cartello affisso alla parete: non toccare.
A differenza di Neto, Sassolino esplora il polo opposto rispetto a quello della sensazione magica: il materialismo puro dei composti di produzione industriale. In Piccolo animismo l’artista vicentino sperimenta ancora una volta la potenza delle sculture e dei progetti architettonici viventi, portati al limite fisico, al punto di rottura. L’intransigenza e la perfezione del disegno industriale si scontra con la modalità di composizione che Sassolino concepisce. E così Piccolo animismo, un volume di lastre d’acciaio inox saldate tra loro, respira a intervalli irregolari: grazie a una turbina e a una valvola che ne inverte il flusso, viene ripetutamente aspirata e pompata aria all’interno della scultura. Ma questo suo strano ansimare avviene in maniera tanto violenta che lo spettatore partecipa drammaticamente al collasso e allo stress successivo della struttura. Rumori ogni volta improvvisi e diversi irrompono nella sala espositiva, costringendo il fruitore a un’attesa diverse volte timorosa. Scrive Sassolino: “Ogni volta che sono su un aereo mi chiedo a quanta sollecitazione può resistere un’ala sapendo che per stress meccanico qualsiasi materiale prima o poi è destinato a collassare”. E così la materia partecipa alla vita secondo parallelismi concettuali che portano l’inanimato al respiro.
Tutt’altre suggestioni scaturiscono dal lavoro del rumeno Dan Perjovschi. Il genio di quest’artista, nato a Sibiu, traspare dalla sua leggera e lucida capacità di sintesi e critica. L’affresco The crisis in (not) over è un contemporaneo zibaldone iconico di sagome e tratti definitivi, come la sua irriverenza cristallina. Sulle pareti della sala, Perjovschi mette in scena un’Italia e un’Europa paradossali e comiche, terre di paura, afflizione, sotterfugi, ingiustizie, crisi, nascite e morti. Un block notes da parete unico e coerente che non lascia spazio a interpretazioni fuorvianti. I contorni infallibili di un nero asettico servono a riempire ogni angolo della parete, ogni vuoto di calembour, icone, graffianti vignette, frasi, slogan, in una confusione armonica e straniante. E’ la ribellione la molla che spinge Dan a prendere di petto il fallimentare modello di sviluppo predominante, mettendone a nudo non solo la ridicola inconsistenza nella risoluzione dei problemi, ma anche l’assoluta inadeguatezza nei confronti di una cittadinanza cosciente della sua insufficienza teorica. Neto, Sassolino, Perjovschi: tre artisti per tre sensi.
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