Iran: il regime azzittisce il regista Jafar Panahi

di Martina Lacerenza

Jafar Panahi, il rinomato regista iraniano aperto sostenitore del Movimento Verde, è stato condannato a 6 anni di carcere per propaganda contro il regime. La pesante sentenza emessa dal ramo 26 del Tribunale rivoluzionario si basa sugli articoli 500, 610 e 19 del Codice penale islamico: “montaggio e collusione con l’intenzione di commettere crimini contro la sicurezza nazionale del paese e propaganda contro la Repubblica islamica”; da qui il divieto di scrivere sceneggiature, girare film, rilasciare interviste e lasciare il paese per i prossimi 20 anni. Il regime iraniano ammutolisce in questo modo una delle sue voci artistiche più intense e rappresentative, che non a caso ha conquistato nel tempo importanti e prestigiosi riconoscimenti a livello mondiale: il Leone d’Oro al Festival del Cinema di Venezia nel 2000 con l’opera “Il cerchio” e la Caméra d’Or a Cannes nel 1995 con il lungometraggio “Il palloncino bianco”, solo per ricordarne qualcuno. Il silenzio è la punizione più severa che si possa imporre ad un artista. Così come al desiderio di Panahi di raccontare al mondo la difficile condizione di una società legata alla contraddittoria morale islamica, (come mostrano le pellicole dedicate ai racconti di vita delle donne iraniane). La consacrazione internazionale indiscussa a livello cinematografico e al tempo stesso la condanna puramente repressiva da parte del regime di Teheran, mostrano del resto come l’irriverenza neorealistica del regista trovi origine nella pressante necessità di raccontare le delicate realtà del suo paese, da lui amato ancora oggi in modo pienamente consapevole nonostante tutto. Non è, dunque, solo per l’aperto sostenimento esternato da Panahi nei confronti del popolo iraniano e del Movimento Verde ad aver determinato l’insensata decisione delle autorità iraniane, quanto piuttosto i suoi film sinceri e appassionati, troppo pieni di verità e audacia per un regime. Il regista era stato già imprigionato più volte, ma sempre rilasciato grazie agli appelli e alle pressioni internazionali esercitate da numerosi artisti come Spielberg ed Oliver Stone. Quest’ultimo arresto mette a tacere definitivamente uno degli spiriti creativi più vivi e commoventi del mondo islamico. “Sono un regista che fa film per la gente, per la società; e le autorità non amano questo”.

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