Quattro donne si fanno in 8tto Edizioni per rimanere indipendenti, competitive e soprattutto fortemente umane. A “Villa Lais legge” Alessandra Barbero ci racconta la sua realtà editoriale fortemente basata sulle interazioni, oggi come domani

di Francesco Bordi & Antonella Narciso

Le rassegne letterarie di piccola portata territoriale offrono spesso, a dispetto degli spazi limitati, grandissime occasioni per scambi di vedute assai profondi. Le grandi fiere sono coinvolgenti e particolarmente dinamiche, ma i momenti per i rispettivi aggiornamenti letterari ed editoriali vanno fortemente ricercati o addirittura “calendarizzati” come dicono, odiosamente, alcuni operatori di settore.

“Villa Lais legge”, invece, è una piccola realtà letteraria espositiva del popoloso quartiere Tuscolano in Roma che nel 2024 è giunta alla sua quarta edizione. Quale occasione più ghiotta per incontrare di nuovo ed intervistare Alessandra Barbero, cofondatrice di 8tto edizioni?

La casa editrice è milanese e totalmente al femminile: Alessandra, Manola Mendolicchio, Benedetta Vassallo e Cristina Cigognini. Quattro donne, quattro ruoli a volte sovrapponibili, ma un’unica visione della letteratura da proporre ai propri lettori indipendenti, come loro quattro…

Culturalismi: «Buongiorno e benvenuta ad Alessandra Barbero, una delle quattro responsabili editoriali di 8tto Edizioni, Milano.

Dal momento che ci troviamo nell’ambito della manifestazione “Villa Lais Legge”, vorremmo partire con una domanda piuttosto attinente al contesto: come scegliete gli autori da portare in fiera?

Allessandra Barbero: «Buongiorno a voi e grazie per l’invito. In questa occasione abbiamo portato alcuni titoli che fanno parte delle nostre riscoperte, vale a dire Clarissa di Edith Olivier (attiva fra gli anni ’30 e gli anni ’50) e La scoperta dell’assoluto di May Sinclair (particolarmente prolifica all’inizio del Novecento), oltre alle nostre ultime uscite perché sono le pubblicazioni che vorremmo far decollare.

Ma non siamo qui solo per una questione di visibilità: innanzitutto ci troviamo bene con Maria Grazia Umbro del caffè letterario Blue Room, tra gli organizzatori della manifestazione e conosciuta precedentemente in Fiera a Roma. Inoltre ci fa piacere rivedere colleghe come “Le Commari Edizioni” già incontrate nel 2023, in condizioni un po’ difficili, per Feminism presso la Casa Internazionale delle Donne e con cui avevamo stabilito dei bei legami umani. Anche queste sono cose importanti, credo.

C.: «Beh, avete portato comunque un buon numero di titoli. Se abbiamo fatto bene i calcoli, avete pubblicato circa 26 o 27 titoli e siete in giro da quattro anni con una media di 5 libri all’anno, pausa pandemia inclusa: molti altri editori indipendenti hanno il vostro stesso numero di pubblicazioni annuali pur essendosi affacciati molto prima sul mercato

A.B.: «… Si, anche se non è tantissimo per gli standard, purtroppo»

C.: «Intendi gli standard economici o standard di altro tipo»?

A.B.: «Intendo per quello che oggi il mercato vorrebbe, perché la novità è sempre e comunque la novità.  La nostra scelta, invece, è stata quella di affidarci alle nostre forze, quindi fare quello che sappiamo ma solo se riusciamo a farlo bene».

C.: «Modo indefinito”, Presente continuo” (romanzi e racconti), Passato prossimo” (romanzi e racconti) ed infine la neonata, “b8ttoni – storie cucite addosso”, dedicata agli autori italiani: il modo allegro ed accattivante di proporre al lettore le vostre linee editoriali non esclude che le stesse nascano con una caratterizzazione ben definita. Il richiamo alle espressioni temporali della lingua inglese è voluto?

A.B.: «Esattamente. Ci piaceva proprio questo discorso. Abbiamo pensato al present continuous perché è una sorta di presente in divenire. Modo indefinito, invece per ora conta due testi: Aurelia, Aurélia di Kathryn Davis e Confessioni di uno scrittore in bilico di Rob Doyle, entrambi molto difficili da definire… Narrativa, sicuramente, ma quale? Forse autofiction? Non-fiction? Non lo sappiamo di preciso. Si tratta di termini un po’ larghi per definire alcuni generi. Noi però non abbiamo la certezza che quanto raccontato sia successo davvero né di cosa sia stato inventato: ciò che conta è quello che il lettore ci (ri)trova dentro.

Passato prossimo, invece, ospita quelle riscoperte del nostro vissuto che va dalla fine dell’Ottocento in avanti.

E poi ci sono appunto i b8ttoni. Innanzitutto volevamo che la nuova collana avesse al suo interno il segno 8. Poi però c’è di più: le chiamiamo “storie cucite addosso”, proprio come i bottoni, perché di fatto descrivono un contesto più familiare, più vicino a noi.

La nostra attività editoriale è partita da una letteratura comunque tradotta e perciò non rapportabile ad atmosfere ed ambientazioni italiane, bensì americane, inglesi, australiane oppure irlandesi e scozzesi, generalmente anglofone. Queste dei b8ttoni, invece sono storie italiane, quindi anche i personaggi, la scrittura e lo stile, sono tutti più familiari al nostro orecchio.

Abbiamo voluto chiamarle così perché il bottone dà l’idea di un qualcosa di molto casalingo: il bottone salta e poi la mamma o la nonna lo cuciono, però non sempre entra bene nell’asola…

C.: «All’interno del vostro sito, gli articoli della sezione “8 parole”, molto bella e curata, affrontano sia tematiche legate al passato, come ad esempio la letteratura a cavallo fra l’Ottocento ed il Novecento, sia all’attualità, come le applicazioni dell’intelligenza artificiale: che rapporto avete voi quattro editrici con il tempo, inteso in maniera più generica anche come rapporto con gli anni che passano?

A.B.: «Partendo dal tempo, considerate che nella scelta del nostro nome abbiamo voluto inserire, anche in questo caso, il segno 8 che è anche il simbolo dell’infinito, quindi un tempo che comunque c’è, ma è dilatato. All’interno di 8tto edizioni la nostra idea è proporre delle storie che siano per il lettore un viaggio, inteso anche semplicemente come mezzo per conoscersi meglio attraverso il tempo: tu sei in un modo, poi cresci, cambi, diventi più consapevole nelle letture rispetto ad alcuni temi e quindi il tuo leggere diventa anche un viaggio interiore.

C’è da dire poi che noi siamo tutte e quattro donne adulte, quindi questa profondità che cerchiamo nei titoli da proporre la abbiamo anche in noi perché abbiamo già un buon vissuto e quindi questa prospettiva un po’ più ampia della concezione del tempo ne risente».

C.: «L’articolo su Margaret Fishbach, la “copywriter donna più pagata al mondo negli anni ’30”, presente sul vostro sito istituzionale, rientra in questo discorso di tempo e letteratura? La storia di quella professionista ha ispirato una delle vostre autrici ossia Kathleen Rooney nel suo Lillian Boxfish si fa un giro».

A.B.: «In questo senso, per noi, è molto importate il discorso delle “riscoperte”, ossia riproporre le storie di personaggi non contemporanei. Il personaggio che avete citato voi, Lillian Boxfish, appunto, è costruito sulla falsa riga della donna più importante nell’America degli anni ‘30 nel mondo dei copywriter. Si tratta di un personaggio femminile che ha aperto una strada; questo rientra assolutamente nelle nostre tematiche».

C.: «La sua storia ci riporta alla mente l’uscita in diversi paesi di alcuni titoli di recente pubblicazione dedicati alle prime giornaliste: in Francia ad esempio c’è un rinnovato grande interesse verso quelle pioniere e, di conseguenza, un grande ritorno alle storie che le vedevano protagoniste ».

A.B.: «Si tratta di un filone che sicuramente non abbiamo riscoperto solo noi, ma che ci sta molte a cuore. Come avete notato ci preme stabilire dei punti saldi, dei pilastri, sull’argomento ed è quello che stiamo cercando di concretizzare. Ad esempio vorremmo portare nelle scuole il discorso delle autrici di fine Ottocento. Molte di loro sono anche state giornaliste. Abbiamo già presentato parte di questo progetto ad alcuni insegnanti delle scuole superiori…».

C.: «di Milano?»

A.B.: «Anche di Roma, grazie a lavoro di Maria Vittoria Vittori, curatrice del nostro libro Gli agonizzanti di Regina di Luanto, presentato oggi qui a Villa Lais. Lei è giornalista e critica letteraria, ma è anche una ex-professoressa. Racconta sempre il suo approccio con le scuole medie: “Io la mia prima volta a scuola ho aperto il libro e ho detto, ma le donne dove sono?”.  Da qui nasce la sua grande sensibilità sull’argomento perché è davvero un peccato che molte autrici non si conoscano e che altre vengono solamente citate e magari anche per i motivi e nei modi sbagliati: sempre le solite due righe, sempre le solite due parole. Maria Vittoria ha iniziato a proporre questa iniziativa e noi, come editrici, abbiamo fatto lo stesso affinché anche queste donne rientrassero nel canone. Le autrici che abbiamo incluso nella raccolta Humoursex, sempre curata da Maria Vittoria, sono state tutte giornaliste. A tal proposito esisteva una pubblicazione periodica di fine Ottocento che si chiamava “La donna” e che raccoglieva esclusivamente firme femminili come ad esempio la nostra Regina di Luanto. Ci sono tanti aspetti interessanti e che andrebbero almeno conosciuti senza per questo voler sovvertire o cambiare tutto quanto: si tratta però di riempire un vuoto. Queste autrici sono state importanti e se partendo dalla scuola non comunichiamo agli studenti che in quegli ambiti ci sono state anche figure femminili di rilievo, poi non si può pretendere che oggi le ragazze abbiano piena coscienza di sé.

Ecco, un’altra pubblicazione sulla falsa riga della riscoperta del femminile del passato, l’ultimo nostro titolo del 2024, è l‘epistolario tra Lucia Rodocanachi, la musa degli “Amici poeti degli anni Trenta”, e Guglielmo Bianchi, il pittore che ha “curato” tutte le nostre copertine delle riscoperte italiane, nel senso che abbiamo scelto di utilizzare i suoi dipinti.

La loro storia di amicizia è molto interessante. Lei era una traduttrice che lavorava insieme a personaggi come Montale e Vittorini, però la procedura funzionava così, loro le dicevano: “Facciamo il lavoro insieme, tu fai la traduzione letterale, poi me la dai, io la sistemo col mio genio, poi la firmo io”. Lei faceva la…».

C.: «Ghost-translator?».

A.B.: «Praticamente sì. Lucia Rodocanachi aveva una villa ad Arenzano dove viveva con il marito pittore. In casa sua fioriva questo circolo di intellettuali: artisti, poeti, letterati tra cui appunto Montale, Carlo Bo, poi Camillo Sbarbaro. Lei però non ha mai pubblicato niente, la sua opera d’arte sono queste lettere che sono bellissime. Ne abbiamo curato una selezione accompagnandola con dei saggi critici sia sul discorso della traduzione che sull’andamento molto interessante dell’editoria in quel periodo, anni ’20 – ’30, quando c’era già il fascismo e quindi le traduzioni permettevano un pochino più di respiro rispetto a quello che non si poteva fare.

Quindi oltre alla riscoperta, che ci preme tanto ma che è anche molto “di moda” in questo periodo, vorremmo anche affrontare un discorso più strutturale su tutto un mondo che spesso appena si vede.

C.: «Oltre a voi di 8tto, ci puoi dire qualche altro nome di autore dei saggi critici relativi a queste lettere?».

A.B.: «C’è Virna Brigatti, professoressa della Statale di Milano, studiosa della scrittura di Elio Vittorini, e poi abbiamo Anna Ferrando che si occupa proprio del mondo editoriale, in particolar modo nell’ambito di quegli anni lì (e che tra l’altro ha scritto anche un bellissimo testo sulla nascita della Adelphi)».

C.: «Tornando invece alla scelta del mondo letterario anglofono, ci siamo interrogati più volte su questa linea. L’avete decisa per i vostri trascorsi editoriali? È motivata dalla possibilità delle vostre traduzioni “interne”? Questione di gusto?

A.B.: «Avete indovinato un po’ tutti gli aspetti: noi veniamo tutte per estrazione dalla narrativa straniera e ci siamo sempre dedicate a questo.

C.: «Harper & Collins e Harlequin Mondadori. Sono questi i vostri trascorsi, giusto?».

A.B.: «Sì, esatto. Anche se io mi sono occupata anche un po’ di narrativa italiana, siamo nate tutte come editor per la straniera ed è quello il mondo che conosciamo meglio. Cristina soprattutto, che è la nostra traduttrice, ha proprio un amore per la lingua inglese, soprattutto britannica. Ci è sembrato dunque abbastanza naturale andare in quella direzione, anche semplicemente per l’idea di rimanere con i piedi per terra e partire dalle cose che conosciamo di più. In seconda battuta riteniamo anche che la letteratura britannica anglofona sia un po’ meno conosciuta di quella americana, soprattutto negli ultimi tempi. Invece si ritrovano delle cose molto interessanti e anche molto sperimentali, volendo, in quell’ambito. Esistono tante piccole realtà che veramente osano tanto, forse perché le possibilità sono differenti ed il mercato lo permette, ma rimane il fatto che ci sono davvero delle belle case editrici».

C.: «Forse, rispetto agli Stati Uniti, c’è un senso europeo un po’ più disposto ad accettare la sperimentazione non necessariamente all’interno dei circoli accademici. Un tipo di apertura che abbiamo notato sia in Anna Vaught, l’autrice del vostro Bang Bang Mussolini e ne Il camaleonte di Samuel Fisher, sempre di 8tto edizioni».

A.B.: «Esatto, poi considerate il fatto che adesso negli Stati Uniti il lavoro editoriale è faticoso. C’è una polarizzazione molto forte verso libri che sono stati messi al bando, titoli che non si possono più pubblicare… Il versante inglese invece, al di là della Brexit, che ha complicato la vita di noi editori anche per una questione proprio di costi, è un bacino in cui ci si trova meglio e ci si capisce meglio. Paradossalmente è quell’ambito della cultura europea in cui bene o male ti ritrovi, sebbene ora loro ne siano un po’ fuori.

Pure con gli autori irlandesi ci troviamo molto bene, anche quello è un terreno piuttosto fertile».

C.: «Pensante di aprirvi anche ad altri tipi di letterature? Francesi ad esempio

A.B.: «Abbiamo in progetto una cosa che non so se andrà in porto, quindi al momento non mi azzardo a dirla, però con calma ci stiamo pensando. Come sempre, noi facciamo solo quello che sappiamo di saper fare, quindi in maniera oculata stiamo procedendo anche su quel lato».

C.: «Sicuramente siete molto brave a ponderare le azioni da portare a termine, è un peccato però non vedere ancora altre realtà narrative nel vostro catalogo: voi avete davvero un bel modo di approcciare la letteratura vedendo i titoli che fate, il modo in cui presentate le copertine, la presenza della “posologia”…. Ecco, quello stesso occhio applicato a livello letterario anche ad altre nazioni, potrebbe fare realmente la differenza.

A livello di traduzioni in italiano, abbiamo notato che negli ultimi cinque anni c’è una grandissima apertura, ad esempio, verso la letteratura nipponica, soprattutto quella femminile».

A.B.: «Verissimo. È che noi abbiamo un po’ il limite che facciamo sempre tutto noi. Ad esempio, se tu devi leggere un testo in un’altra lingua, ti devi molto fidare anzi… devi proprio affidarti».

C.: «Non avete punti di riferimento linguistici al di là di voi “interne”?».

A.B.: «Qualcuno sì, però appunto non siamo noi. Quindi alla fine è quasi un atto di fede.

Ad esempio abbiamo letto tante cose tedesche, perché Cristina il tedesco lo conosce e quindi se lei mi dice questo testo è un 8tto, ma quest’altro non è un 8tto, io mi fido perché so benissimo che lei ha la stessa mia idea di letteratura. Ecco, non abbiamo ancora superato questo scoglio di affidarsi completamente a qualcun’altro».

C.: «Cristina è la referente linguistica ufficiale, invece la scelta di inserire la “posologia” dietro ognuno dei vostri libri, sulla quarta di copertina, da chi viene o da dove viene? È un richiamo alla Piccola Farmacia Letteraria di Firenze, che da anni propone la letteratura come metodo curativo, oppure è un’idea vostra nata in maniera del tutto indipendente?».

A.B.: «È un’idea che è venuta a noi, anche se non ricordo esattamente quali percorsi mentali ci abbiano condotto a questa trovata. Volevamo fare qualcosa di diverso dal solito, che ci distinguesse un po’. Abbiamo elaborato diverse proposte ed alla fine abbiamo scelto questa modalità. Va detto che io ho anche il marito medico, ecco forse questo ha contribuito all’idea del “bugiardino” alla fine di ogni nostro titolo. Comunque non era l’unica modalità presa in esame; avevamo anche ipotizzato altre forme, sempre per parlare del libro non solo con la classica sinossi, ma questa è l’opzione che ha messo tutte d’accordo. Fra l’altro è una delle cose che ci riesce meglio. Magari per la quarta di copertina impieghiamo sempre un bel po’. La leggiamo, la rileggiamo… Invece il bugiardino ci viene così, di getto.

Anche questo rientra nel discorso dei titoli di 8tto: sono libri che, quando poi vengono scelti, ognuna di noi conosce molto bene. Ecco perché non ci riusciamo ad affidarci ad un esterno, siamo ancora molto artigiane come editrici. Poi magari quando sei più grande, devi per forza delegare, ma finché sei di questa dimensione, preferiamo fare tutto noi».

C.: «Rimanendo sui vostri libri a cui tutte e quattro date così tanta cura ed attenzione, che ci dici di questo “distopico”? Ne avevamo già fatto cenno nel nostro ultimo incontro al Pisa Book Festival. Ultimamente va molto di moda, ma in realtà è un genere nato parecchio tempo fa. Voi avete per esempio “Duplex” in catalogo. È stata una vostra idea a prescindere oppure avete cavalcato il momento?

A.B.: «Duplex è stato proprio un innamoramento. Ci siamo davvero appassionate a questa autrice, Kathryn Davis, e il suo testo è piaciuto tantissimo a tutte»

C.: «Di solito siete sempre unanimi su tutte le scelte dei testi da pubblicare?»

A.B. «Non tutte amiamo ogni singolo testo allo stesso modo, però Duplex ha davvero messo tutte d’accordo. Io ho sempre detto che è un libro che ci meritiamo, sia noi che i lettori, perché è un’opera stranissima che, benché presenti sequenze piuttosto forti, non parla di traumi ed emana allo stesso tempo una lievità ed una leggerezza, proprio come se fosse… un sogno realistico. Come quando ti svegli e dici “È tutto vero o l’ho sognato?”. Io poi della stessa autrice ho letto Aurelia, Aurelia che mi era piaciuto molto ed in cui ho ritrovato la stessa sensibilità. Così abbiamo deciso di prenderne i diritti e pubblicarli entrambi.

Sempre sulla linea del distopico avevamo pubblicato anche La neve non ha odore di Samuel Fisher, ambientato in una Inghilterra dove, a causa di uno spostamento dell’asse terrestre, nevica da più di un anno; ci sono gli orsi polari e la gente per sopravvivere deve migrare verso il sud. Anche qui ci troviamo di fronte ad un futuro alternativo, pur se non così strano…».

C.: «Questa linea alternativa pare venga premiata anche dai lettori: le conferme su Duplex sono arrivate anche a livello di vendite, giusto?».

A.B.: «Sì, sta andando bene, complice anche la bella presentazione con Ludovica Lugli, giornalista molto in gamba de “Il Post”, che abbiamo fatto ad aprile alla libreria la Scatola Lilla di Milano ed alle belle parole spese da Vincenzo Latronico sui suoi canali».

C.: «La nostra percezione, basata sui riscontri social e la visibilità nelle librerie, è che i titoli di maggior diffusione siano Humoursex e Duplex».

A.B.: «Sì, ma non dimentichiamo il nostro longseller che a distanza di tempo ancora ci dà soddisfazione: Talk, il primo titolo da noi pubblicato. È un libro che intriga sempre e continua a vendere».

C.: «Quello è un libro coraggioso, quasi un azzardo editoriale che in pochi avrebbero fatto, soprattutto come titolo con cui far partire l’inizio di una casa editrice».

A.B: «Lo abbiamo definito un “reality novel”: come recita il nostro motto: “Leggere fuori dagli schemi in cerca di libertà”, dovevamo uscire deviando. Pubblicare come facevano già tutti gli altri per noi avrebbe significato perdere in partenza. È un libro tutto fatto di dialoghi che questa Linda Rosenkrantz, nell’estate del 1965, ha registrato nel corso delle vacanze con i suoi due amici e che poi ha riportato su carta, senza filtri. Tre ragazzi, tre artisti e una storia fruibilissima nata dai loro discorsi. È un libro che si è venduto e continua a vendersi. Chiaramente non è un testo per tutti, non avendo una trama, un crescendo, un climax… però abbiamo voluto osare. Lo vediamo anche in fiera dalle reazioni del pubblico. C’è chi lo sfoglia con curiosità e chi legge la sinossi e lo ripone subito».

C.: «A proposito di fiere, avete notato se ci sono differenze nella diffusione dei titoli più venduti? Il libro più venduto in fiera è anche quello più venduto nelle librerie e sulle piattaforme?».

A.B. «Beh, non so se c’è corrispondenza diretta, anche perché dipende molto dal tipo di fiere dove andiamo.  Ad esempio a Pisa, città universitaria dal pubblico piuttosto giovane, va tanto Lo zio cadavere di Ian Macpherson che sembra allinearsi molto bene con l’umorismo toscano. Nelle fiere più grandi ed istituzionali, come Torino, vendono meglio titoli meno alternativi come Lillian Boxfish. Humoursex invece sta andando bene ovunque, forse perché il tono dei racconti è umoristico e lo stile è davvero molto fresco pur essendo componimenti di fine Ottocento».

C.: «Quello, però, è il vostro metodo, anzi è proprio un vostro merito: riuscite a proporre storie di nicchia ed anche datate, dando loro una “svecchiata” sia al livello di grafica che di prestazione introduttiva».

A.B.: «Effettivamente ci ha sorpreso, non ce l’aspettavamo. Poi ci sono altri libri che noi amiamo tantissimo ma che non funzionano».

C.: «I “figlioli” che vi hanno fatto soffrire di più in tal senso?».

A.B.: «Due libri ci hanno fatto soffrire di più in assoluto; uno è Il Maggiore e Cher Ami, un libro bellissimo, BELLISSIMO, di Kathleen Rooney, la stessa autrice del nostro best seller Lillian Boxfish: stesso stile, storia avvincente, ambientata durante la prima guerra mondiale, ma non la stessa fortuna. L’altro è una raccolta di racconti, Fino ad agosto di Josephine Rowe che ha proprio una bella voce e che già dall’incipit trasporta il lettore fra le luminescenze del mare».

C.: «Sulla Prima Guerra Mondiale, in Italia in generale c’è un grandissimo divario di sensibilità. In occasione del centenario sono usciti dei libri, ci sono state delle mostre, ma quasi sempre nel Norditalia; in altre nazioni, come Francia, Germania e Inghilterra ancora si ricorda e si festeggia la fine del primo conflitto mondiale. Quindi, probabilmente il problema di quel primo figliolo poco amato dai lettori, che ci hai citato per primo, si annida in questa mancata attenzione e sensibilità italiana».

A.B.: «Forse è una ragione possibile, ma è un vero peccato perché Il Maggiore e Cher Ami è una storia bellissima, raccontata benissimo ma ha poco successo fra il pubblico. Abbiamo provato anche a proporlo nelle fiere, ma i risultati non sono stati quelli attesi»

C.: «Abbiamo notato che ultimamente si tende spesso a cercare quello di cui si è sicuri, soprattutto con la lettura. Adesso poi che c’è poco tempo da poter dedicare ai libri le persone difficilmente escono fuori dalle loro certezze. Persino quando si imbattono in un autore di successo che li ha convinti, se l’argomento del suo nuovo titolo non è simile a quello del primo libro letto, allora non lo prendono in considerazione.

Quanto all’altro figliolo che vi ha fatto soffrire, Fino ad agosto, forse ha più fortuna nell’ambito delle fiere e delle rassegne estive, come Una Marina di Libri. A proposito, come vi siete trovate a Palermo l’anno scorso?».

A.B. «A noi Palermo piace tantissimo e Una Marina di libri è una fiera molto accogliente, c’è proprio bella gente: editori, standisti, anche le persone che non lavorano prettamente in fiera, si sta davvero bene. Anche come costi è una rassegna abbordabilissima. L’aereo è la voce che incide di più, per il resto abbiamo magazzini fidati, o spediamo noi direttamente. In questo caso, quando si tratta delle spedizioni dirette, ci mettiamo anche i nostri gadget che poi sistemiamo per bene».

C.: «A proposito dei gadget, 8tto ha una grandissima attenzione per la parte grafica, pensate di proseguire anche su quel versante? T-shirt, tazze, borse di tela? Qualcosa in tal senso l’abbiamo già presso i vostri stand, pensate di implementare?».

A.B. «Ci piacciono queste cose e dobbiamo capire come far quadrare meglio tutto, soprattutto per borse e magliette. Ad esempio le T-shirt che abbiamo realizzato per promuovere Lillian  Boxfish si fa un giro, con la frase “Ci scusi, signora, ma sta mettendo in mostra il cervello”, inizialmente erano state pensate solo per noi quattro editrici, poi a Torino hanno avuto successo e le abbiamo regalate. Ecco, è un discorso che ci piacerebbe portare avanti, ma va concepito anche in relazione ai costi. Se vuoi ipotizzare una serie di gadget seri, devi ragionare in termini di più modelli, più taglie, insomma va pensata molto bene. Poi per quanto riguarda altri tipi gadget vi dico che per i b8ttoni faremo gli stickers delle immagini di copertina, perché abbiamo scelto delle cover fatte praticamente di sola grafica che si prestano bene a questo tipo di lavoro».

C.: «b8ttoni è la vostra collana italiana, nata da poco, possiamo chiedervi in che modo avete scelto le due autrici con cui l’avete inaugurata?

A.B.: «Barbara Guazzini la abbiamo scelta monitorando alcune riviste di settore. Avevamo individuato dei nomi che ci erano piaciuti e alla fine abbiamo contattato lei. Irene Bonino invece ci è stata proposta da un agente letterario».

C.: «Inusuale per voi. Se ricordiamo bene, ricorrete di rado agli agenti letterari».

A.B.: «Dipende, a volte sì.  Noi di solito partiamo dal libro che ci ha incuriosito, poi però capita di confrontarci con agenzie che gestiscono case editrici che a noi piacciono, anche perché alcuni editori non hanno il contatto diretto e quindi devi passare necessariamente per l’agente. Poi ci sono delle volte in cui arrivi a quel libro attraverso i percorsi più strani… Tutto questo vale tanto per gli autori stranieri quanto per gli italiani».

C.: «La scelta di un autore è uno dei tratti più interessanti delle case editrici indipendenti. Noi di Culturalismi ci occupiamo principalmente di questo: piccola e media editoria. Nella nostra esperienza abbiamo individuato delle caratteristiche comuni che puntualmente ritroviamo. Molti di questi editori si appoggiano internamente ad un’attività di servizi editoriali: impaginazione, traduzione e grafica, per esempio. Spesso questa funzione compare dichiaratamente sul sito istituzionale, in altri casi addirittura, la denominazione o meglio la ragione sociale figura con una dicitura che possa includere ancor meglio questa attività parallela. Voi avete qualcosa del genere al latere?».

A.B.: «No, nel nostro caso 8tto è solamente una casa editrice che si regge grazie agli sforzi economici di tutte le nostre famiglie. Abbiamo pensato ed ipotizzato di creare qualche attività di servizi a cui appoggiarci, ma in questo momento ci stiamo dedicando totalmente all’aspetto manageriale ed al lancio di nuove collane e nuovi titoli. Molti editori fanno anche altro, magari un ulteriore lavoro totalmente differente ed è comprensibile. Il discorso del mantenimento della struttura ed i relativi costi, anche nell’ambito delle fiere, è imprescindibile. Poi esistono anche delle realtà locali, regionali, che sono sensibili che ti vengono incontro e ti aiutano: in Lombardia non è così, soprattutto a Milano. Anche i famosi bandi di sostegno alla microeditoria sulla carta dovrebbero aiutarti, ma poi nella realtà dei fatti i requisiti richiesti non sono assolutamente da microeditoria.

Si tratta di tutta una filiera in cui tu, come editore, i soldi li devi dar subito, ma le entrate che arriveranno (qualunque sia l’entità) le vedrai dopo, molto dopo».

C.: «In questo senso le pubblicazioni in digitale, più immediate nell’acquisto, non vi aiutano?».

A.B.: «Abbiamo la versione in ebook di tutti i nostri titoli, ma non risolvono, o meglio funzionano solo per alcuni libri… Diciamo che i nostri best seller cartacei trovano una corrispondenza diretta anche nella versione digitale quindi è un discorso che vale ad esempio per Lillian Boxfish o anche per La rivincita del maschio di Amalia Guglielminetti. Creare un libro digitale non costa tanto, di conseguenza riuscire ad offrire al lettore anche quel tipo di lettura per noi è un di più e quindi lo facciamo, ma non è risolutivo».

C.: «Quindi le vendite maggiori provengono dal circuito classico delle librerie fidelizzate?».

A.B.: «Direi di sì, principalmente da loro, poi dalle piattaforme e alla fine dal sito istituzionale di 8tto».

C.: «Molti editori ci dicono la stessa cosa: le vendite dirette dal sito occupano spesso una posizione non di rilievo nel totale delle vendite. Noi lo troviamo sempre molto strano, tu ti sei data una spiegazione?».

A.B.: «Probabilmente i lettori si fidano di più: quando si tratta di inserire il numero di una carta di credito su un sito, preferiscono una piattaforma super controllata come ad esempio Amazon, rispetto a tutte le altre soluzioni. Altro motivo è la velocità di consegna (che spesso è garantita) e poi il costo della spedizione. Noi, proprio per questo, abbiamo deciso di “calmierare” il prezzo delle spedizioni che abbiamo fissato a 3 euro».

C.: «Rimaniamo sulle spedizioni dirette: voi avete avuto la bella idea degli abbonamenti. Alla voce 8tto tutto l’anno sul vostro sito, è possibile infatti scegliere fra tre diversi opzioni di abbonamento annuale alle vostre pubblicazioni con sconti decisamente importanti: una proposta inusuale, soprattutto nel panorama italiano, da dove è venuta?».

A.B. «In questo sono molto esperti nel mondo anglosassone, probabilmente l’idea è venuta da lì. Devo dire che da loro funziona molto bene, così come funziona il concetto di crowdfunding che in Italia, invece, ottiene risultati migliori in ambiti diversi da quello editoriale. I primi anni delle spedizioni per gli abbonati, quando c’era solo un tipo di iscrizione, eravamo molto brave; io facevo addirittura i gadget da inviare al lettore. Da quando abbiamo tripartito l’offerta, abbiamo anche un po’ perso questa abitudine degli omaggi che porta comunque via del tempo se si vuol fare davvero bene un qualcosa di pensato e realizzato per il singolo lettore. Abbiamo il nostro zoccolo duro che si abbona ogni anno, ma speriamo che con questa tripartizione in 4 di 8, B8ttoni e All-in il bacino aumenti. Per essere concorrenziali rispetto alle piattaforme, cerchiamo di essere molto efficienti. Mi occupo io in prima persona di gestire le spedizioni, incarto tutto con la massima cura e con la carta velina, presto molta attenzione all’imballaggio e cerco sempre di fare in modo che al massimo in due giorni i titoli di 8tto arrivino a destinazione in tutta Italia. Cerchiamo di fare tante cose intorno ai nostri libri, dalle spedizioni ad attività più creative. Molto non riusciamo a farlo per mancanza di tempo, ma di idee ne abbiamo sempre tante».

C.: «La rubrica 8tto parole che avete sul sito ci piace molto. Anche lì avete sviluppato una bella idea che si avvicina più al concetto di rivista interna o di blog. Di volta in volta partendo da una parola, date vita ad un piccolo excursus che può essere storico, sociale, letterario o d’attualità».

A.B. «Anche in quel caso, ci piacerebbe essere più costanti, dovremmo occuparcene più spesso, ma non riusciamo a realizzare tutti gli articoli che vorremmo. Ci sono aggiornamenti necessari come le newsletter che ci costringono a spendere molto tempo, rubato ad altre potenziali attività, per mantenere viva l’attualità letteraria».

C.: «Rimanendo sull’attualità, rivolgiamo anche a te un quesito che ultimamente sottoponiamo a tutti agli editori intervistati e riguarda l’Intelligenza Artificiale. Ci sembra palese che l’I. A. andrà ad impattare fortemente sul campo artistico, in particolar modo su quelle letterario; inizialmente sembrava un’idea quasi divertente provare a far scrivere un racconto ad un computer particolarmente evoluto, dando per scontato che il risultato avrebbe determinato più sorrisi che preoccupazioni. Quando poi abbiamo letto che in Giappone un concorso letterario è stato vinto da un misterioso candidato che altri non era se non una Intelligenza Artificiale, abbiamo cominciato ad interessarcene in maniera differente. Scavando un po’ di più, abbiamo scoperto che questo abilità di replicare capacità umane si è resa evidente anche in letteratura, riuscendo a dar vita a testi per nulla incerti, scritti anche alla maniera di grandi autori del passato. Nella vostra rubrica 8ttoparole il tema dell’I.A. è già stato trattato, anche se marginalmente: ricordiamo che nel vostro articolo si sosteneva che non era ancora il momento di preoccuparsi, ma che al contempo bisognava mantenere alta l’attenzione. Cosa ne pensi al riguardo, vuoi aggiungere qualcosa?

A.B.: «Il discorso dell’Intelligenza Artificiale impatta tantissimo sul nostro lavoro a più livelli, anche banalmente sul discorso delle traduzioni; sono tante le figure che rischiano di sparire o comunque di vedere ridimensionato il proprio lavoro, anche in termini di retribuzione e non penso che siamo preparati ai mondi che si apriranno nei prossimi anni. C’è anche tutta una questione di diritti d’autore da considerare: questa Intelligenza viene nutrita di esempi di scritture frutto del lavoro di autori e che sono delle proprietà intellettuali, poi assimilate e sfruttate. Pensate anche al caso di Scarlett Johansson che in alcuni video si è sentita “doppiare” da una macchina con una voce che replicava esattamente la sua. Ecco questi sviluppi relativi anche a voci ed immagini mi preoccupano davvero, non solo limitatamente al mio lavoro. Pensate a quanta fatica facciamo, anche quando scrolliamo semplicemente il cellulare, per capire se i contenuti sono reali o meno. Se mi doveste domandare da qui a tre anni cosa accadrà in editoria con l’avvento di questa nuova tecnologia, io non vi saprei rispondere, ma vi posso dire che in alcuni ambienti dove i libri sono davvero tutti uguali, dove vengono pubblicati in serie, lì probabilmente nel giro di qualche anno i traduttori spariranno. Se penso, ad esempio, al caso della nostra Guglielminetti che si serve davvero di un’ampia ricchezza lessicale persino per descrivere una semplice maglietta e poi faccio il confronto con la standardizzazione linguistica verso cui ci stiamo dirigendo, è chiaro che avverto una certa preoccupazione.

C.: «Passiamo alla seconda domanda sull’attualità recente. Roberto Saviano e Zerocalcare sono stati protagonisti di due rispettivi casi di esclusione ed autoesclusione nell’ambito di fiere dal grandissimo impatto, quali la fiera di Francoforte, il più importante appuntamento editoriale a livello mondiale, e l’altrettanto prestigiosa Lucca Comics. Nel primo caso il mancato nome di Saviano nella lista degli scrittori da accompagnare alla Buchmesse (affidati al commissario straordinario designato dal governo) ha provocato una serie di autoesclusioni eccellenti fra i colleghi di penna. Alla fine poi l’autore di “Gomorra” è comunque andato a Francoforte perché direttamente invitato dal presidente della fiera, Jürgen Boos, aggirando così la scelta italiana. Il fumettista romano invece ha deciso di non partecipare a Lucca Comics a causa del patrocinio concesso all’ambasciata di Israele. Zerocalcare ha espresso il suo stato di grande difficoltà in quell’occasione, ma chi lo segue, sa anche quanto certi temi pesino nell’ambito delle sue scelte.

A.B.: «Per quanto riguarda Saviano credo che tutta la questione, inclusa l’esclusione dalla lista e le conseguenti autoesclusioni da parte di altri scrittori invitati a Francoforte, poteva essere gestita in modo certamente migliore.

Il caso di Zerocalcare è molto diverso perché lì c’è da fare un discorso di sensibilità. Si è trattato di una sua scelta personale. Se tu sei fatto in un certo modo (e tutti sanno come sei fatto) e non ti senti di partecipare ad una situazione che non ti appartiene, allora hai fatto bene.

C.: «Torniamo ad un contesto letterario molto più intimo. Parlando del pubblico di 8tto, qual è il vostro lettore ideale?».

A.B.: «Sicuramente è un lettore forte, perché già per trovarci deve essere motivato. Deve essere qualcuno che viene alle fiere e che sia solito servirsi presso le librerie indipendenti. Per carità siamo presenti sulle piattaforme e siamo ben distribuite da Direct Book su scala nazionale, ma se ci trovano pure tra gli scaffali dei circuiti autonomi, ci fa certamente piacere. Deve essere sicuramente un lettore anche curioso, che si metta in gioco magari uscendo anche un po’ dai suoi schemi abituali. Ad esempio “io non amo i racconti brevi, normalmente non li leggo, ma così come voi me li avete presentati e confezionati mi avete incuriosito, voglio provare”, ecco questo è l’atteggiamento che amerei fra i nostri lettori. Noi comunque trattiamo anche dei temi classici però sempre in una maniera piuttosto particolare».

C.: «Se invece ti domandassimo dei lettori in prospettiva? Dove vorresti arrivare? Chi vorresti raggiungere?».

A.B.: «Quando siamo partite, pensavamo che i nostri libri sarebbero stati acquistati da quella fascia di pubblico compresa fra i trenta ed i quarant’anni. Invece poi abbiamo scoperto che abbiamo un buon numero di lettori giovani e giovanissimi e che inoltre vantiamo un seguito fra quelli più grandi di quarant’anni. Il trentenne classico è venuto meno. Ecco, vorremmo recuperare quella fascia. Quello che comunque ho notato è che nell’ultimo anno siamo diventate più trasversali anche se ci piacerebbe che ci comprassero un po’ gli uomini. È pur vero, però, che storicamente la narrativa è più letta dalle donne, quantomeno se ci dobbiamo basare sui numeri. Anche nelle fiere abbiamo sempre la stessa percezione. Forse anche il fatto che passando fra gli stand la gente veda al bancone quattro donne, tutte della medesima età, probabilmente induce ad ipotizzare che 8tto edizioni si rivolga principalmente ad un pubblico femminile. Eppure noi abbiamo molti libri che andrebbero bene per un gusto maschile. Ad esempio “Confessioni di uno scrittore in bilico” di Rob Doyle sarebbe perfetto (e non perché l’ha scritto un uomo). Il pubblico maschile che si avvicina nel corso delle varie rassegne a cui partecipiamo è spesso costituito da professionisti del settore grafico: abbiamo copertine molto curate e quindi capita che l’esperto o il tecnico di turno ci venga a porre domande sullo stile o sulla realizzazione delle nostre cover, ma lì si tratta più di materia di studio che di curiosità per i titoli. Abbiamo perfino preso in considerazione un esperimento: una volta vorremmo partecipare ad una fiera chiedendo a quattro uomini di sostituirci. Siamo curiose di capire se il cambio allo stand comporterebbe delle vendite più eterogenee».

C.: «Volendo insistere su questo rapporto fra le fiere ed il vostro catalogo, che tipo di impegno vi sentite di prendere con i lettori nel vostro prossimo futuro?».

A.B.: «La prima promessa è quella di esserci nei prossimi anni perché comunque non è scontato, visto l’attuale contesto culturale non così incoraggiante. Abbiamo visto tante librerie chiudere, tanti editori spegnersi e tanti (ri)finanziamenti mancati in questi anni. L’altra promessa è ampliare il catalogo non tanto a livello numerico, ma differenziando le proposte: più contemporanei (a cui siamo aperte) ed una nuova linea di saggistica letteraria sviluppata a nostro modo, quindi molto leggibile, fruibile ed accessibile. Poi abbiamo tante altre idee, una fra tutte non limitarci ai soli autori anglofoni. In sostanza vogliamo aumentare la nostra offerta ma con criterio, seguendo dei percorsi di continuità fedeli alla nostra linea. Una crescita costante ma al nostro ritmo credo sia la formula migliore. Ci sono dei colleghi, nati prima di noi, che hanno realizzato un buon percorso graduale senza perdere mai la percezione dei passi che erano in grado di fare, altri invece hanno puntato magari su un solo autore che ha dato loro grandissima visibilità determinando una rapida svolta, poi però quella mossa si è rivelata pericolosa perché, non impegnandosi nel supportare l’intero catalogo, hanno deluso le aspettative di alcuni lettori».

C.: «Se parliamo di crescita, in alcuni casi editoriali un ruolo importante è stato ricoperto dalla stampa di settore, seppur in una percentuale variabile. A questo proposito come sono i vostri rapporti con la stampa?»

A.B.: «È un ambito difficile. Credo sia stato il settore in cui abbiamo faticato di più. Di noi quattro Manola e Benedetta sono sicuramente le più inclini ai rapporti con la stampa (includendo anche il discorso dei social), ma occorreva comunque qualcuno che si occupasse unicamente di quello. Adesso, abbiamo finalmente trovato una persona molto in gamba che segue questa attività e, per la collana dei b8ttoni abbiamo anche Otago, un’agenzia stampa che lavora solo su quella linea. Poi ci sono stati dei casi in cui senza che facessimo qualcosa, ci siamo ritrovate sulla carta stampata come è accaduto ad esempio per Humoursex, che è stato recensito da Nadia Terranova su Tuttolibri e ancora Duplex su cui ha scritto Latronico nelle pagine di Repubblica».

C.: «Anche le presentazioni contribuiscono allo sviluppo di un titolo e conseguentemente del suo editore.  Com’è Milano come piazza?».

A.B.: «Per gli indipendenti Milano non è una buona piazza. La gente, di solito, si sposta solamente per eventi con il grande nome, con conseguente sold out, ma per il piccolo nome, come per l’esordiente non è così. Spostandosi di poco, già in provincia ad esempio, la situazione cambia in meglio. Pavia ad esempio è molto attiva a livello di incontri e presentazioni pur avendo di fatto solo una libreria che si spende in questo senso. Ecco così che, al netto delle dimensioni e del pubblico potenziale, la provincia diviene un punto di riferimento in questo senso. Ci sono delle realtà indipendenti e dinamiche anche a Milano, come per esempio la libreria la Scatola Lilla: la sua titolare è una persona molto brava e capace ed ha anche buoni rapporti con la radio, ma in ogni caso portare la gente a quel tipo di piccoli eventi è sempre piuttosto faticoso. C’è sempre qualche grande evento a polarizzare l’attenzione del pubblico, non solo la Settimana della Moda ed il Salone del Mobile. Il risultato è che tutti gli altri appuntamenti di diversa portata ne risentono».

C.: «Ad ogni modo ogni anno voi siete sempre più attive, sia virtualmente sui social, che in presenza su un numero di fiere che è in continua crescita su tutta Italia, dagli appuntamenti più grandi ed istituzionali alle rassegne minori, incluse quelle “di quartiere”. Oggi qui, a Villa Lais legge, ne abbiamo avuto una ulteriore conferma. Il vostro catalogo è variegato e non mancano di certo le pubblicazioni coraggiose. Grazie del tuo tempo Alessandra. Ci vediamo alla prossima fiera e comunque ci sentiamo per la lettura del prossimo titolo di 8tto».

A.B. «Grazie a voi e soprattutto grazie per tutto quello che fate per l’editoria indipendente. A presto».

Foto di Francesco Bordi © tutti i diritti riservati

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