di Fabio Migneco
I ragazzacci di Padova hanno colpito ancora e per la terza volta hanno offerto – letteralmente – all’Italia tutta un Festival (sempre più non solo) letterario con i cosiddetti, che per tre giorni, anzi anche qualcosa in più come vedremo, ha fatto respirare a pieni polmoni sanissime boccate di Cultura con la C Maiuscola in un paese sempre più asfittico e in debito di ossigeno, in questo come in molti altri campi. Dio li benedica questi ragazzi, dai tre moschettieri Brunoro-Righetto-Strukul, gran cerimonieri su e giù dal palco, a tutti quelli che dietro le quinte si sono fatti un mazzo senza sosta per tutta la durata dell’evento (non cito nessuno per non dimenticarne qualcuno, ma fatevi un giro sulla pagina Facebook o sul sito ufficiale, i preziosissimi collaboratori sono tutti lì).
Perché quando qualcuno gli chiederà “si ok ma tu cosa hai fatto per cambiare le cose?” loro potranno rispondere dati alla mano, quanto di bello hanno prodotto con, per e grazie a questo Festival. Che quest’anno più che mai ha portato a compimento il manifesto di una cultura non solo di genere, liquida e all’insegna della contaminazione più sfrenata, espandendosi con eventi collaterali anche oltre la canonica tre giorni.
Una delle novità è stata la rassegna cinematografica targata Sugar, con una mini-retrospettiva tarantiniana, e due più squisitamente letterarie, con proiezioni de Il grande Gatsby e Noi siamo infinito e, evento nell’evento, gli adattamenti filmici dei romanzi di due dei big protagonisti della kermesse, Nicolai Lilin e Tim Willocks, con i rispettivi Educazione Siberiana e Bad City Blues (film introvabile questo, proiettato molto probabilmente per la prima volta in Italia, dove è rimasto inedito finora, mostrato nella versione originale inglese).
Il Festival quest’anno ha piacevolmente invaso più aree del centro culturale S. Gaetano, conquistandone il teatro, che ha consentito così una maggiore capienza di spettatori per gli incontri clou, nonché una migliore acustica e resa. Tra la sala Sugarpulp e la sala foyer si sono susseguiti dibattiti e presentazioni di nuove collane digitali, tavole rotonde sul nero a nordest, lo steampunk, Star Wars e Star Trek, fantascienza e horror, con la presentazione del nuovo magazine da poco in edicola Horror Time. Partenza morbida il venerdì 4 ottobre, con un unico evento, ma subito di prestigio, Roberto Recchioni irrompe al Festival da Roma come un cowboy, con tanto di stivali a tono, per presentare Orfani, la nuova serie Bonelli ideata con Emiliano Mammuccari, la prima interamente a colori della leggendaria casa editrice, una scommessa anche produttiva che ci auguriamo conquisti quei giovani lettori che negli anni il fumetto popolare italiano ha un po’ perso per strada. Per tutti e tre i giorni copie del numero zero della testata erano distribuiti gratuitamente sui tavoli all’uscita della sala teatro, dove lo stesso Recchioni al termine del suo incontro ha firmato le copie ai lettori presenti.
Si è entrati nel vivo sabato 5, a pieno titolo il giorno più riuscito, soprattutto in termini di presenze – il pomeriggio ogni evento era strapieno – prima con una tavola rotonda su alcune delle più vendute e rappresentative saghe del noir nostrano, con Simone Sarasso, Pierluigi Porazzi e Matteo Strukul a confronto, poi con un duetto Gianni Biondillo – Matteo Righetto sui temi legati all’importanza del territorio nel romanzo noir e sulle rispettive opere. In pomeriggio l’incontro più seguito e apprezzato, quello su autori e scrittura tra libri e cinema, moderato da Silvia Gorgi, con l’infaticabile Marco Piva alla traduzione simultanea e tre pesi massimi come Carlotto, Lilin e Willocks, ormai vero e proprio nume tutelare del Festival accolto da autentiche ovazioni durante la sua simpatica introduzione-confessione in italiano quando ha detto che se lo vedevamo un po’ stanco era per la troppa grappa e per aver letto Caduta Libera di Lilin tutta la notte fino all’alba.
Un incontro davvero interessante su sceneggiatura, produzione, cinema, tv, storytelling, con Carlotto preciso e puntualissimo nel raccontare le proprie esperienze nel settore. E sempre Carlotto è stato protagonista dell’incontro successivo, con annessa anteprima del terzo libro della sua nuovissima saga Le Vendicatrici, gran finale con un Nicolai Lilin a cuore aperto (anche se non capisci mai dove finisce la persona e inizia il personaggio) che ha raccontato alla platea com’è arrivato alla scrittura e al successo che ne è seguito.
Giornata finale domenica 6 ottobre, con un inizio in rosa shocking con sfumature (ops!) insieme a Irene Cao e alla sua trilogia di successo a sfondo erotico. Poi è stata la volta del fumetto insieme a Silvia Ziche, Giuliano Piccininno e Alessandro Gottardo, che hanno dato vita, oltre che a divertenti siparietti tra loro, a un bel dibattito col pubblico parlando delle loro esperienze in casa Disney, Bonelli ecc. e sulla questione del fumetto per ragazzi, interrogandosi se fosse ancora una dicitura corretta e sensata o meno. Luca Crovi, già moderatore della gran parte degli incontri è stato mattatore contro tutti, schierando ancora una volta Willocks e Carlotto, ma anche Tullio Avoledo, per chi non lo conosceva ancora una delle sorprese del festival, in un incontro a trecentosessanta gradi che ha svelato una volta di più tutta la sua bravura di cultore del genere.
Incontro acceso e sentito quello sul femminicidio, con la criminologa Roberta Bruzzone, le scrittrici Marilù Oliva e Francesca Bertuzzi (protagonista anche in un incontro su come si scrive un bestseller) e Matteo Strukul che si è occupato del tema nel suo recente Regina Nera.
Ultimo incontro con Tullio Avoledo, eccellente oratore, che ha raccontato al pubblico come è stato coinvolto nell’universo narrativo di Metro 2033 finendo con lo scrivere il primo romanzo italiano del filone per i tipi della Multiplayer.
Alle battute finali il trio Brunoro-Righetto-Strukul ha
consegnato lo SugarPrize (dopo quelli delle scorse edizioni a Lansdale e Willocks) nelle mani di Massimo Carlotto, con stima e gratitudine per un grandissimo scrittore, tra l’altro nato nei loro stessi luoghi e che per primo ha creduto e promosso il movimento e il festival quando ancora non era affermato come ora. Subito dopo hanno chiamato a raccolta tutto lo staff e gli ospiti rimasti per una bella foto di gruppo finale che raccogliesse il senso dell’intero Festival e degli sforzi profusi per metterlo ancora una volta in piedi.
E il senso è anche questa comunanza, questa fratellanza, tra i curatori, gli scrittori, i collaboratori, gli spettatori, la sensazione di far parte tutti insieme di un qualcosa di bello e importante, grazie al quale stanno nascendo amicizie e collaborazioni che senza dubbio daranno, anzi stanno già dando, importanti frutti. E a proposito, se non trovate in giro i libri degli autori che abbiamo citato e che quelli di Sugarpulp hanno contribuito a far conoscere e soprattutto a umanizzare con convegni, sessioni firma copie, dibattiti, semplici chiacchierate, foto, cene, rivolgetevi a Mauro Falciani, della libreria Stilelibero, perché se ne intende e il suo entusiasmo e la sua cura sono contagiosi, ma anche perché quel senso di appartenenza e fratellanza lo conosce bene e lo persegue con caparbietà.
Se vi state chiedendo perché ve ne parlo a festival finito e a bocce ormai più che ferme è semplicissimo. Per invogliarvi a prendere parte all’edizione del prossimo anno (magari anche al concorso di racconti come quello indetto quest’anno per esempio) e perché auguro a questo festival più edizioni dei film di Bond e Fantozzi (so che il buon Brunoro approverebbe), Jason, Freddy Krueger e Michael Myers messi insieme!
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