di Fabio Migneco
Pompato all’inverosimile da alcuni delle più importanti riviste specializzate, Nocturno su tutte, già venduto in mezzo mondo e con una massiccia presenza nel circuito dei Festival, approda nelle nostre sale Tulpa, terza regia e nuovo horror di Federico Zampaglione, sempre meno Tiromancino ormai (ma non abbandonerà mai la musica ha sempre dichiarato). In realtà un giallo all’italiana vecchio stile più che un horror. Era lecito aspettarsi un’uscita un po’ più robusta, ma è pur sempre una produzione indipendente e lo spazio è quello che è, quindi la si fa uscire a giugno, col caldo e poi la si lascia in una o due sale se va bene.
Il problema è un altro. E cioè che Tulpa, a differenza delle aspettative create e del battage pubblicitario comunque degno che aveva alle spalle, è un brutto film. Un passo indietro enorme rispetto a Shadow, quello sì ben costruito e di respiro davvero europeo per ritmo, ambientazione e trovate. Tulpa è sciatto, persino noioso, a tratti involontariamente ridicolo, con un imbarazzante doppiaggio posticcio a fasi alterne (girato in inglese ma non del tutto, Placido ha recitato in italiano, la Gerini in inglese, tranne nelle scene con Placido) che contribuisce a peggiorare l’insieme. Le tanto sbandierate sequenze truculente e quelle osé che dovevano costituire la forza del film si risolvono in un paio di omicidi assolutamente di routine, senza veri guizzi, e in qualche bacio saffico, una scena di sesso a tre per niente bollente, uno pseudo bondage iniziale e nulla più. Se nemmeno il sempre notevole derrière della Gerini riesce a catturare l’attenzione è evidente che c’è qualcosa che non va… La risoluzione dell’intreccio, che già di per sé è moscissimo, è quasi cretina talmente è inutile. E chi se ne frega se pure Joe Dante gli ha fatto i complimenti, si sarà rincoglionito. Non c’è una scena una che resti, il tutto è girato in maniera piatta, il sangue finto non abbonda mai e non è quasi mai credibile, insomma una delusione cocente su tutti i fronti. Se voleva imitare Argento c’è riuscito. Peccato abbia imitato quello più senile e inutile . Hai voglia a tirare in ballo Fulci e compagnia cantante, non c’è proprio paragone.
Non importa nemmeno che ci siano degli errori tecnici, delle mancanze, che le scene in ufficio siano banali e quelle al club frutto di fantasie puerili e abbastanza implausibili, perché tutto passerebbe in secondo piano se la storia fosse avvincente, se ci fosse qualcosa da salvare. Certo, fosse uscito negli anni ’70 non avrebbe sfigurato. Ma perché si facevano centinaia di film l’anno, moltissimi di questo genere e moltissimi erano delle cagate (e sarebbe ora che qualcuno lo dicesse, al di là del fatto che erano anche e soprattutto quelle pellicole che mandavano avanti un’industria allora degna di questo nome). Ecco Tulpa tra quelle cagate non avrebbe assolutamente sfigurato, anzi. Quindi se questo era l’intento, il bersaglio è stato centrato. Da lodare un minimo di coraggio nelle scelte e nell’onestà di fondo (ma di solito Zampaglione almeno nelle interviste rovina pure quella con una certa poco sopportabile spocchia), apprezzabile anche il ritorno in altre vesti di Nuot Arquint, il migliore in campo, ma resta un film indifendibile al di là di tutto. Poco importa dei premi e dei riconoscimenti, e nemmeno del fatto che Zampaglione sia tra i pochi a provare a fare questo tipo di cinema. Se questo è il risultato lasciasse perdere. Tornasse piuttosto sui passi di Shadow, per dimostrare che non è stato un caso. Nonostante Tulpa siamo fiduciosi e ci crediamo. E l’annuncio di varie offerte dall’estero fa ben sperare. Chissà, magari un domani rivaluteremo questa pellicola, alla luce di quelle future, come un passo necessario per un approdo a ben altri lidi. Ma per ora…
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