di Ornella Rota
PADOVA. Attilio Taverna ovvero come ti vanifico il luogo comune. Si dice che raramente un pittore sia anche un intellettuale, probabilmente è vero però lui dimostra proprio il contrario. L’artista introverso meditabondo e solitario? Quando mai: questo è una forza della natura (e della cultura). Macché sogni, echi e palpiti; il suo approccio è inesorabile, fatto di geometria, matematica, storia, fisica, filosofia, epistemologia.
Grande portale dell’estetica contemporanea è l’astrazione geometrico-matematica-platonica, derivata essenzialmente da Mondrian. Anche tu hai scelto questo filone: perché?
Vi ho trovato una più alta densità dell’enigma della verità, qualunque cosa essa sia. Il reale risponde soltanto alla forma fisico-matematica; culture etnie tradizioni rimangono estranee. La bomba atomica è un’equazione; Google, un algoritmo. Se, come dice Heidegger, l’arte è ” verità in atto ” e “il farsi storico della verità”, diventa evidente che dobbiamo interrogare esteticamente la “forma stessa” della fisica/matematica. Arte, filosofia e scienza sono tre figure della verità che stanno in perenne e vicendevole rapporto di complice assonanza e dissonanza
Volendo ripercorrere, a grandissime linee, l’evolversi della tua arte?
Dovremmo partire dalla “forma di geometria“ degli Egizi e poi dei Greci, passare dalla “metafisica della luce“ della spiritualità islamica (sufi) per arrivare agli interrogativi estetici che la fisica quantistica suggerisce sulla “geometria della natura formale della luce”
Un’impresa da far tremare i polsi, in un’intervista.
Sul frontespizio dell’ ”Accademia Platonica” di Atene, quasi 3000 anni fa, c’era scritto ’Non entri chi non conosce geometria’. Il mito di Geometria nasce fra le rive dello Jonio e la Valle del Nilo; Erodoto ad esempio narra di agrimensori inviati dal Faraone dopo una piena del Nilo per ricalcolare e ridistribuire confini e aree. Talete, Pitagora, tutti i grandi greci vanno in Egitto ad abbeverarsi; Aristotele scrive che la Mezzaluna fertile era culla delle matematiche.
La radice etimologica di Geometria è “misurazione della Terra“, che si pensava allora accogliesse la totalità tutti gli enti visibili, dei quali Geometria poteva misurare le infinite forme e collocazioni. Impostato tutto deduttivamente, il ragionare dei greci riesce a individuare anche le interne correlazioni e relazioni tra gli enti stessi. Da quel momento Geometria assurge a misura non più concreta bensì ideale e noetica, culmina nella dimostrazione per assurdo. E apre alla Logica.
Tanti secoli dopo, nell’Islam essendo la divinità per definizione l’irrappresentabile, filosofi e pensatori musulmani non possono che dedicarsi alla geometria e alla matematica: così, sul finire del primo millennio (quando noi europei facevamo i conti con il pallottoliere) ci sono scoperte come l’algoritmo, l’algebra, le basi geometriche della prospettiva lineare che nel 1420 saranno poi riscoperte a Firenze da Brunelleschi con l’aiuto di Luca Pacioli.
Nell’epoca moderna, le vie della scienza e dell’estetica sembrano talvolta parallele: Mondrian, Malevich, Max Bill e altri giganti, il “gruppo di Como“, la Bauhaus che finisce nei gironi dell’inferno nazista, le forme di “Geometria” riproposte nel dopoguerra a Parigi.
Negli anni ’70, Attilio Taverna approfondisce le ricerche visive collegate alla percezione. Sperimenta sconosciute forme di spazialità e ignoti parametri formali logico/temporali: è il primo (o tra i primissimi) a parlare di “trasparenza percettiva”. Nel 1974, Il dipartimento di psicologia dell’università di Padova identifica le leggi visive di tale concetto; la rivista Scientific American lo divulgherà poi a livello scientifico pubblicando una copertina e l’analisi concettuale dello scopritore, prof. Fabio Metelli.
Il passaggio dalla trasparenza percettiva agli interrogativi sulla natura formale della luce ?
Emergono convergenze formali oltremodo inattese tra quanto, sulla luce, conoscono scientificamente la fisica quantistica e metafisicamente la spiritualità islamica sufi. Negli anni ’20, W. Heisenberg e E. Schroedinger individuano rispettivamente due descrizioni matematiche equivalenti che riguardano la “natura formale della luce-energia“: una di forma quadratica e l’altra ondulatoria (vibrazionale). Esse non compaiono mai insieme: o c’è l’una o c’è l’altra. Soltanto l’arte riesce ad accomunarle. E ne risultano inedite ed inaudite concezioni di spazialità pluridimensionali, possibili orizzonti vertiginosi per scienza ed estetica.
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