di Massimiliano Franchi
Il 12 Novembre 2012 è un giorno che moltissimi aspettavano, curiosi ma impauriti, figli degli anni ’90, in attesa del ritorno di una delle band più rappresentative di quel periodo, anzi tra le primissime a segnare il percorso di quello che poi diventerà una sorta di stile di vita mondiale, il cosiddetto grunge. Sto parlando dei Soundgarden e del loro nuovo album King Animal, uscito dopo ben 16 anni di separazione, dopo i vari progetti solisti del cantante Chris Cornell, alcuni di livello, altri discutibili, e dopo la collaborazione, ormai radicata, del batterista Matt Cameron con gli amici di sempre Pearl Jam.
L’album, prodotto da Adam Kasper, autore, tra gli altri, di due capolavori rock come Songs for the deaf dei Queens of the Stone Age e One by One dei Foo Fighters, si presenta con in copertina la scultura nominata The Last Equinox dell’artista Josh Graham (che per 12 anni ha accompagnato i Neurosis durante i live come visual artist), ovvero un cumulo di teschi di animali cornuti con sullo sfondo un paesaggio montano innevato.
La prima traccia Been Away Too Long ha ritmi tirati e distorsioni a manetta, proprio a voler esprimere una sorta di scusa per “esser stati via per troppo tempo”, mentre Non-State Actor è dominata dai riff del chitarrista Kim Thayll, accompagnato dai ritmi contorti di Cameron, finalmente di nuovo in piena libertà creativa dietro le pelli. By Crooked Step è un incedere martellante, mentre A Thousand Days Before è una pausa più calma ma comunque dal gusto acido. Se Blood on the Valley Floor è una lenta marcia distruttiva, Bones of Birds è una sorta di power-ballad malinconica da cui poi nasce Taree, dagli arpeggi infiniti e un piccolo ma intenso assolo nel mezzo. Si riparte in quarta con Attrition e la sua attitudine punk, per poi lasciarsi andare alle chitarre acustiche con Black Saturday e Halfway There, entrambe accompagnate da acide distorsioni elettriche. Worse Dream è un crescendo sempre più rabbioso, mentre Eyelid’s Mouth, interamente scritta da Cameron, è introdotta dal basso di Ben Shepherd che poi si mescola alla chitarra elettrica e la finale Rowing è dominata da un coro a due voci suggestivo e ipnotico che poi sfocia in uno sfogo grintoso nel ritornello.
L’album si presenta compatto, con una precisa idea di fondo, ovvero quella di ripresentarsi al pubblico non da dove li avevano lasciati, ma con un sound più maturo, figlio ovviamente dei precedenti anni di carriera, ma meno sperimentale e sicuramente più diretto. Dominano su tutti la chitarra di Thayll, sempre tagliente, e i ritmi mai banali di Cameron, che non sembra invecchiato un anno, accompagnato dal diligente e sufficiente lavoro di Shepherd; nota a sé la voce di Cornell, che si trova a suo agio nei momenti più calmi e intimi, mentre risulta strozzata e forzata quando il sound si fa più grintoso. Insomma è un lavoro che non risulta patetico come spesso nelle reunion accade, ma non è nemmeno una ventata di aria fresca e originale: è una sufficiente prova di ritorno di quella che un tempo fu tra le più innovative rock band di sempre.
Per maggiori info sulla band – http://soundgardenworld.com/
Videoclip di Been Away Too Long – https://www.youtube.com/watch?v=NeBjhpw_Ee0
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