di Massimiliano Franchi
Per quanto mi riguarda, ci sono artisti che riescono a creare melodie che toccano certe corde dello spirito portando inesorabilmente alla commozione. I Placebo sono tra questi: la voce di Brian Molko non è di certo bellissima, nasale e un po’ stridula com’è, ma riesce a emozionarmi con il suo cantato struggente e lamentevole ed i testi colmi riflessioni su piccole gioie e dolori quotidiani.
Carico dunque di queste grandi aspettative sono corso curioso a sentirli live per la prima volta a Capannelle. Ad aprire le danze ci hanno pensato i bresciani Aucan, combo elettro-rock dai bassi penetranti e i riff ipnotici, risultati a metà tra lo stupefacente inizialmente e lo stucchevole alla lunga.
Ma basta che la band della serata metta piede sul palco e un tripudio di fans li accoglie a braccia aperte mentre attaccano con Kitty Litter e Battle for the sun, tratte dall’ultimo album di ormai tre anni fa. I Placebo eseguono una scaletta senza pause, senza discorsi (a parte gli ironici insulti nei confronti di chi passa i concerti a riprendere con smartphone e tablet invece di godersi il momento lì per lì), ma, tra biascicati ringraziamenti saltuari, pescano da tutto il loro repertorio, forti ormai dei loro sei album. Così di fianco a singoli famosi come Every me and every you, Special needs, For what it’s worth, Slave to the wage, Bright lights, Teenage Angst, Song to say goodbye e The bitter end, c’è spazio anche a chicche come Speak in tongues, Black-eyed e I Know. Gli storici fondatori Brian Molko (chitarra e voce) e Stefan Olsdal (basso e chitarra), insieme al batterista Steve Forrest (con loro dal 2008), vengono affiancati da altri musicisti durante il tour, a riempire il sound energico e di atmosfera della band con tastiere, violini e altre chitarre.
Il ritorno sul palco durante il bis comprende la cover di Running up that hill di Kate Bush, due classici come Post blue e Infra-red ed infine un nuovo brano, B3, presentato in anteprima durante questo tour.
C’è da dire che, nonostante un’esecuzione impeccabile, dal vivo i Placebo non impressionano, non emozionano, risultano freddi e distaccati, quasi noncuranti del loro pubblico (tra l’altro da tempo la band si rifiuta di suonare il loro pezzo più noto, nonché quello che li ha portati alla fama mondiale, Pure Morning).
Tutto ciò non fa loro proprio onore, né invoglia un appassionato a seguirli ancora dal vivo, se non si tratta appunto di un fan sfegatato. Ma d’altronde, come canta Brian stesso, “I know you like the song but not the singer”.
Leave a Reply
Your email address will not be published. Required fields are marked (required)