di Marta Salini
Come già anticipato nella loro intervista, ho seguito i Blooming Iris fin dentro il Tube Studio di Roma in occasione della loro data zero, il 23 febbraio 2014.
La prima cosa piacevole è stata la grande accoglienza della band e degli organizzatori dell’evento (Music J Studio). Si sentiva nell’aria l’entusiasmo, la voglia di salire sul palco e suonare per un pubblico che di fatto ha riempito l’intero spazio del locale. La seconda cosa positiva si è concretizzata nella convintissima partecipazione di così tanti elementi, a tutti i livelli: dei musicisti come il batterista Alberto Paone dei “Libra” che posto dietro i suoi tamburi si è esibito con la band, dei fonici che hanno seguito tutto il concerto con una grandissima cura ed attenzione, di un pubblico così caloroso che ad un certo punto mi ha persino travolta e quindi della grande professionalità che quei quattro ragazzi hanno dimostrato a tutti quanti.
La terza cosa positiva, davvero rara per una band agli esordi, l’ho riscontrata nella capacità di tenere il palco, di ammaliarti musicalmente e riuscire addirittura a farsi chiedere un bis!
Il live inizia alle undici di sera con il brano d’apertura Same Old Blood che ti catapulta subito nell’universo Iris: synth protagonista, voce che cadenza dolcemente prima dell’esplosione su una chitarra un po’ funky che caratterizza piacevolmente la prosecuzione del pezzo. Il groove non si spegne ma viene tracciato anche nelle successive The Mirror Stage e Raw, tinte rock e raffinato pop.
A metà concerto ascolto il brano più riuscito della serata, Amondawa. La quarta traccia rimanda immediatamente ad un gruppo come i The XX , ma la particolarità della voce di Nicolò Capozza ci fa irrimediabilmente riconoscere la sfumatura della nebulosa. Questa band ha un cantante perfetto che danza su note calde così come su vertiginosi falsetti.
Il contorno è sempre ben supportato dalle chitarre di Andrea Orsini, che si impegna anche in precisi controcanti, e Daniele Razzicchia, che risulta molto malleabile anche per l’utilizzo e il controllo dei numerosi synths chiamati in causa per una buona riuscita dei pezzi.
Segue velocemente Spleen, una traccia emblematica dove si confrontano le due anime, quella amabile e quella rude, della band: batteria che dialoga in controtempo con una chitarra appena accennata, la voce solista che porta il discorso fino all’apertura su una dissonanza fornita dal rif distorto della chitarra che viene accompagnato da un falsetto vocale di chiusura. Il tutto con uno stacco che ti fa venire un colpo al cuore! Anche il bassista Gugliemo Sacco nel bridge di basso prima della coda finale ha il suo piccolo momento da solista e mi è piaciuto il fatto che abbia cantato tra sé per tutto il concerto, ogni singola canzone che stava suonando.
Arriviamo sul finale dove l’energica Solipsist si trascina nella più mite, a tratti “Apparatiana”, Woodlack. Si chiude sulla matura NIM mentre il bis ripropone Raw e il live si conclude con i ringraziamenti della band e un inchino modesto.
Il bis ripropone Raw e così il suggestivo live si conclude con i ringraziamenti della band e un inchino modesto.
La mia serata invece si conclude con un taccuino chiuso pieno di appunti ma la soddisfazione di aver ascoltato davvero un bel concerto.
La musica dei Blooming Iris potrebbe apparire semplice ma non lo è affatto: il lavoro tecnico, i mutamenti musicali che hanno affrontato, i testi in inglese, la costruzione armonica, i beat complessi, le vocalità suggestive ma con l’impasto pop, la rendono fruibile e accattivante per qualunque spettatore. Consigliatissimi!
Il luogo: https://www.facebook.com/tubestudioroma
Per ulteriori info riguardo i Blooming Iris: https://www.culturalismi.com/culturalismi/dalla-musica-al-pop-olare/it-s-time-to-go-on-i-blooming-iris-crescono-evolvono-e-si-raccontano.html
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